Ed è per questo che le cose durano sempre più del dovuto, i lavori, i matrimoni, le tradizioni, portiamo avanti le nostre cose non perché ci crediamo ma perché altrimenti non ci rimarrebbe che ammazzarci. (p. 167)
Ecco allora che Mauro Maraschi, traduttore
e redattore editoriale con una notevole carriera alle spalle, col suo Ruggero
Gargano – uno del popolo, si potrebbe dire – ci confeziona un personaggio che
svolge proprio questo compito: condurci, senza essere macchiettistico, nella testa di un complottista di prima categoria; uno di quelli
che vedono nel capitalismo la causa di ogni male, nella medicina lo
strumento di potere principe per controllare il gregge, nell’alimentazione mediterranea
e onnivora la fonte del malessere fisico; uno di quelli con cui è
impossibile ragionare se non entrando nella loro ottica, perché rifiutano a
priori qualsiasi argomentazione razionale basata sul buon senso e sul metodo
scientifico occidentale, proprio in quanto mainstream e occidentale.
Il metodo narrativo seguito da Maraschi è
quello più adatto, ossia la confessione: con uno stratagemma semplice ma
efficace, la cui utilità si rivela solo nel finale, la voce
narrante si accosta al vero protagonista del romanzo, ossia Gargano, il quale
in un profluvio di parole confessa ogni cosa, dalle motivazioni che lo spingono fino ai reati commessi, passando per i propri ideali. Gargano si mette a nudo, e lo fa senza vergogna perché se una
cosa abbiamo imparato da questi tempi di pandemia – ma prima erano tempi di
scie chimiche e 5G, e prima ancora di invasioni aliene e origini rettiliane del
mondo, e terrapiattismi e così via – una cosa che abbiamo imparato, si diceva,
è che il complottista non prova vergogna, né delle proprie credenze né delle
proprie azioni. Appena può – appena ha modo – sente quasi il bisogno di
sciorinare il proprio credo, nella convinzione forse di trovare alleati, magari
adepti, per combattere la battaglia che infuria fra le nostre strade.
Senza banalizzare dei ragionamenti che,
invece, riescono a risultare stranamente condivisibili per molti aspetti, Maraschi mette
in scena una tragedia umana che sa di già visto nel senso buono del termine, in
quanto ciò che accade in Rogozov, e che viene narrato come fosse un
dossier tecnico con tanto di note e appendici documentali, è qualcosa che
accade intorno a noi nella quotidianità. È difficile, veramente difficile
parlare di luoghi comuni senza scadervi dentro, e mettere in bocca al proprio
protagonista/antieroe discorsi che non stanno né in cielo né in terra eppure,
a leggerli bene, hanno una loro logica inoppugnabile perché, riprendendo quanto
scritto all’inizio, a tutti, almeno una volta nella vita, è passato per la
testa che il capitalismo sia il male assoluto, che i potenti del pianeta – i famosi
“loro” che mai trovano un vero nome nei discorsi campati in aria – tramino un
piano per il dominio delle popolazioni. Lo abbiamo fatto tutti, magari nei
momenti di debolezza, perché queste sono argomentazioni confortevoli
in quanto in grado di spiegare il male in modo semplice e,
soprattutto, sono in grado di individuare con facilità un nemico che è comunque
irraggiungibile e al di là della nostra portata. Così come credere che Dio attraverso le preghiere possa risolvere le nostre afflizioni, allo stesso modo
individuare il nemico in qualche lobby invisibile ci consente di mettere da
parte il problema come qualcosa che sappiamo essere lì ma che non possiamo gestire. Ci assolve, in qualche modo, dall'agire.
Maraschi insomma con il suo romanzo
impossibile pone davanti ai nostri occhi quello che potremmo essere, quello che
abbiamo intorno ogni giorno prendendo la metro, ascoltando la radio o guardando
la tv. Ci sbatte in faccia, in definitiva, tutto il male che siamo.
David Valentini
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