«Si odiano, litigano, ma la sera poi tornano a cenare insieme e sfoggiano vestiti e gioielli, facendo a gara a chi ne ha di più. Le donne sono l'una contro l'altra. E i maschi? Uno dice di essere amico dell'altro e poi gli scopa la moglie. Certi fanno la vita dei ricchi e invece campano di debiti. Questo non è un condominio, ma un manicomio» (p. 142)
L'ispettore Mario Fagioli, detto il Gladiatore, ha messo via il suo passato da combattente e passa la maggior parte del tempo tra le scartoffie, in attesa della pensione, a cui mancano due anni. Poi, nel giorno della vigilia di Natale, gli viene assegnato un caso apparentemente banale da risolvere: in un palazzo pretenzioso dei Parioli, è stato ritrovato il cadavere di Michele Noci, l'amministratore. La dinamica dell'incidente pare fin troppo chiara: l'uomo deve essere scivolato dalle scale e aver battuto la testa malamente contro un gradino, dove lo ha trovato il custode e portinaio dello stabile. Eppure, qualcosa suggerisce all'ispettore che questa "morte accidentale" cozzi con l'interesse morboso di gran parte delle signore del palazzo, che si affacciano alla balaustra delle scale e reagiscono animatamente alla morte di Noci. Curiosità o qualcosa di diverso?
Già uno sguardo più attento al cadavere lascia perplessi Fagioli e il medico legale; poi l'autopsia moltiplica le domande e l'unica cosa certa è che «il morto non è morto per caso» (p. 87). Ecco perché, nonostante le Feste natalizie ormai in corso, a Fagioli non resta che indagare, andando a trovare le «vecchine» del palazzo. In quel condominio degli anni Settanta, scopre così asti antichi, maldicenze sugli inquilini, ritratti divergenti dei vicini di casa e tante incoerenze. Quel che è certo è che gli interrogatori, travestiti da semplici chiacchierate davanti a un caffè e a qualche dolcetto, lasciano trasparire i vizi e i segreti di una borghesia ormai impolverata, che vuole a ogni costo tenere alto il suo buon nome. Ciò che accade entro le mura domestiche o addirittura nelle camere da letto e dovrebbe essere riservato, invece, è spesso di dominio pubblico, perché si sente tutto o si vedono strani movimenti di chi arriva e chi esce dagli appartamenti. Insomma, Fagioli, nel passare di casa in casa, trova persone fuori dal coro, altre perfettamente integrate nelle contraddizioni della società a cui appartengono. E l'ispettore deve così farsi spazio tra i racconti contrastanti, cogliere i fondi di verità nascosti in tante maldicenze e guardarsi bene dal tentativo dei condomini di convincerlo a parteggiare per loro e a scagliarsi contro l'amante storica dell'amministratore. D'altra parte, «indagare è un processo logico, ma raramente è la ragione a dare il primo impulso, semmai a farlo è più l'intuizione» (p. 76).
Strano modo per passare le Feste!, penserete. D'altra parte, Mario Fagioli è solo a casa e, anzi, tutto là gli ricorda la madre, morta da una decina di giorni. La sua vita sentimentale, a dispetto di quanto avrebbe voluto la genitrice, è piatta, almeno finché non bussa alla sua porta "la verdurara" Lidia, una delle "prendenti" che sua madre aveva pensato per lui. Fagioli non sa se sia più invitante la ragazza o la cena fumante che porta con sé; fatto sta che quella ragazza, così agghindata e ben diversa dall'immagine trasandata che offre al mercato, è desiderabile e lo allontana dal fantasma di una donna del suo passato, Angela, che ancora lo perseguita in sogno. Lidia è lì ed è un po' lo stereotipo ideale per il maschio medio: passionale a letto, cuoca perfetta, tanto discreta da sparire silenziosamente alla mattina e non farsi sentire con insistenza. Dal quadro che fa Fagioli, le donne non escono benissimo, diciamocelo, e qualche piccolo fastidio può arrivare dalle staffilate indirizzate verso il mondo maschile e quello femminile nel romanzo, ma l'indagine ha senz'altro la meglio.
L'indagine, appunto, segue la prassi di interrogare tutti gli indiziati e i testimoni, in cerca di indizi e di prove. Ed è proprio in questo che Torregrossa sfodera grandi abilità e ci offre una variante del famoso "giallo della camera chiusa", allargandolo a un palazzo intero. Parte dal presupposto che un condominio è un microcosmo in qualche modo chiuso:
«Ispettore, per essere un poliziotto lei è proprio un ingenuo. Il condominio è una specie di paese, molti di noi abitano qui da almeno quarant'anni: si sa tutto di tutti» (p. 107)
Gloria M. Ghioni