di Enzo Fileno Carabba
Ponte alle grazie, gennaio 2022
pp. 256
€ 16 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Quanto è assurda questa storia da 1 a 10? Probabilmente 11, ma quello che sconcerta maggiormente è che Giovanni Succi, protagonista di Il digiunatore, è esistito davvero, e l'autore, Enzo Fileno Carabba, ha lavorato a partire da diari, testimonianze e bibliografia su questo imprevedibile personaggio, vissuto a cavallo tra Otto- e Novecento. Come ci avverte nella nota finale, l'autore si è concesso qualche episodio inventato, ma l'escursione nel romanzesco non è niente rispetto all'esistenza “mirabolante” di questo personaggio non convenzionale.
Nato a Cesenatico nel 1850 da una famiglia benestante, Giovanni Succi pensa fin da subito di volersi distinguere facendo qualcosa di mai visto. Non sa ancora cosa, perché tutto lo attira e non c'è sfida con cui Giovanni non si cimenti. Se vede un saltimbanco, ecco che prova a imitarlo e a superarlo, anche se questo comporta sacrifici, fatica e una certa sofferenza. Ecco perché il protagonista se ne va in giro per il mondo, in cerca di una propria identità. Obiettivo? Diventare straordinario. Tra i suoi lunghi viaggi in Africa, tentando un'impresa commerciale qua e incappando in un disastro economico là, una brutta febbre malarica rischia di porre fine alla sua vita. È uno stregone a curarlo, consegnandogli un elisir dai poteri straordinari e impartendogli un digiuno lungo e tuttavia necessario.
Questo non sarà che il primo di una lunga serie di digiuni, che faranno la vera e propria fortuna di Giovanni Succi, che mette in piedi lo spettacolo per l'Italia, prima, ma poi per molti altri paesi, che lo ospitano e lo pagano per non mangiare. «Durante i digiuni mi nutro di me stesso e divento più forte», commenta Succi (p. 58), e va detto che è anche la cornice del suo personaggio ad attirare gli sguardi su di sé e l'attenzione dei giornali. Affabulatore stravagante, in grado di parlare un mix di lingue diverse o di farsi capire solo con gli sguardi, Succi sperimenta più volte il successo, offrendo il suo spettacolo per qualsiasi uomo:
«Era tornato il grand'uomo che offriva il suo corpo al mondo, si sacrificava per regalare agli uomini il segreto dell'immortalità. A tutti gli uomini, senza distinzioni di classe: si trattava infatti di immortalità socialista» (p. 71).
Con la sua eccentricità, Succi viene internato più volte in manicomio, una realtà a cui riesce ad adattarsi e a trovare persone con cui legarsi e da aiutare («In manicomio imparò a calmare le persone con il respiro», p. 81). E ogni volta, manco a dirlo, sarà dimesso, perché sano, per quanto dica di sentire le voci della nonna e dello stregone che gli suggeriscono spesso cosa fare. Insomma, non c'è esperienza che spaventi Succi o che lo faccia sentire meno “indistruttibile” di come si professa. D'altra parte, lui è in grado di compiere lunghi digiuni e di sollevare subito dopo una persona su una sedia, o di ingerire veleno, senza restare offeso. Il passo da “sbruffone” a “leggenda” è brevissimo, perché sono le storie che lui stesso racconta o che costruisce attorno a sé a fargli meritare una ancor maggiore attenzione da parte dei media dell'epoca e da parte di scienziati e medici. Forse, alla base, Succi ha sempre avuto un'«incrollabile fede in sé stesso: quella era la sua unica follia, la sua bella virtù» (p. 96), in grado di sostenerlo in momenti decisamente probanti.
L'iter di digiuno-successo-manicomio sembra passare più volte nella sua vita, ma non cambia una costante: «quando il digiunatore scopriva qualcosa di nuovo, ci si buttava con uno stupore infantile, senza neanche pensarci» (p. 188). Le sfide della sua vita si susseguono senza mai dargli pace, né d'altra parte lui sembra esserne provato, ed è così che incontra con grande nonchalance personaggi come Verdi, Charcot, Buffalo Bill, Salgari, Kafka,... Il suo attraversare la storia è tutt'altro che silenzioso e composto; le dissonanze sono un Leitmotiv che caratterizzerà sempre il suo calpestare il suolo con stupore, inventiva, imprevedibilità.
Insomma, la vita di Giovanni Succi è un affronto alla linearità, ed è un affronto alla linearità, per mimetismo, la prosa di Enzo Fileno Carabba. L'autore sceglie una paratassi spinta, talvolta caratterizzata da frasi sincopate che passano dalla narrazione al commento ironico di quanto sta avvenendo sulla scena, passando poi a uno straniamento divertito fino a un certo apologetico affetto per il personaggio. Sembra un esperimento degno del surrealismo, segnato da boutade, sfide esagerate, fallimenti iperbolici, amori e passioni e giochi erotici bizzarri,... Al centro del romanzo di Enzo Fileno Carabba, sempre e soltanto la soverchiante personalità del digiunatore. Esagerato e strabordante, egocentrico e spesso egoriferito, Giovanni Succi non si farà amare da tutti i lettori, ma sicuramente otterrà l'obiettivo che ha sempre avuto nella vita: far parlare di sé.
GMGhioni
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