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"L'eredità dei padri" di Rebecca Wait: la storia di un'isola e di una colpa antica

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L'eredità dei padri
di Rebecca Wait
Edizioni e/o, 2021

Traduzione di Claudia Lionetti

pp. 265
€ 18 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook) 


Che cosa diavolo poteva mai indurre un uomo ad alzarsi da tavola, una sera, e massacrare la propria famiglia? Ci sono domande, e questo Tom lo sapeva bene, che non hanno una risposta, e alla fine poi non sono nemmeno domande, semmai uno sfinimento che ti porti ovunque talmente ti è penetrato nelle ossa. A volte al mattino si svegliava e si sentiva come se fosse di cemento e non riusciva a muoversi. (p. 111)

L'eredità dei padri soffia spesso come un vento sferzante su un'isola sperduta.
Si abbatte su tutto ciò che trova e sembra non lasciare spazio né pace, intenta com'è a fare rumore e a sollevare e scagliare lontano le cose vicine. Questo sembra dirci Rebecca Wait con il suo romanzo.
Siamo a Litta, un'isoletta delle Ebridi dove il paesaggio è sempre avvolto nella foschia, le onde arrivano violente ad abbattersi sulle scogliere e le persone sono abituate a chiamarsi per nome e a conoscere tutte le storie che le riguardano, dalle più antiche alle più vicine.
Un'unica scuola, una strada principale che percorre tutto il perimetro dell'isola e un gruppo di famiglie che non hanno mai avuto segreti, almeno fino a quando una sera John Baird, uno dei "figli di Litta" nato e cresciuto lì, massacra la moglie e i figli sparando loro e poi togliendosi la vita. 
L'unico sopravvissuto è il maggiore, Tom, che vivrà a Litta gli anni successivi per poi lasciare l'isola e cercare di costruire una propria vita altrove, oltre il mare e oltre l'orrore. 
Anni dopo, adulto, Tom ritorna a casa per ragioni misteriose e gli isolani sono chiamati a interrogarsi ancora su un evento che è rimasto come un rebus per ognuno di loro: perché John ha compiuto un gesto del genere? Come hanno fatto tutti a non accorgersi di quello che stava per succedere? Era un senso di morte che aspettava di sfociare o un momentaneo raptus di violenza?
Sono domande aperte, a cui i personaggi, e con loro il lettore, non trovano facilmente risposta.
L'eredità dei padri è un romanzo che conduce un'analisi doppia dell'effetto che un evento tragico come un massacro familiare ha sul singolo e su una piccola comunità. Il libro si snoda da un lato attraverso i ricordi e i traumi di Tom e di Malcom - fratello di John che riaccoglie il nipote - e poi attraverso gli sguardi esterni degli abitanti dell'isola che erano soliti incontrare i Baird al pub, davanti a scuola o ne incrociavano lo sguardo durante le passeggiate. 
Man mano che si sviluppa familiarità con il loro dolore, dei flashback ci portano in particolare dentro la vita di Katrina, la moglie di John che quella sera ha perso la vita insieme a due dei suoi figli.
Conosciamo dall'interno delle dinamiche familiari violente e risaliamo il corso del fiume per arrivare alla fonte, a ciò che può averle generate. Il "può" è doveroso, perché ogni vita si può leggere solo per interpretazioni possibili.
Rebecca Wait condensa dentro il concetto di "eredità" del titolo quel complesso sistema di forze, alcune oscure, altre manifeste, che si celano nei rapporti genitori-figli e che danno esito ai più vari sviluppi nelle esistenze delle persone: la scelta di sposare qualcuno, di fare dei figli, di crescerli secondo certe inclinazioni. La scelta di essere una persona o un'altra tra le mille eventuali che potremmo diventare.
Nella storia dei Baird si aprono in particolare spazi di disanima di relazioni parentali che hanno influenzato altre relazioni parentali, in un circolo continuo e in un costante sistema di rimandi incrociati. Si tratta di un materiale umano, più che letterario, nel quale tutti siamo immersi. A volte serve solo particolare coraggio per guardarlo allo specchio. 
Il romanzo ha un ritmo narrativo che in vari momenti risulta lento, aspetto che va sottolineato soprattutto per i lettori che in storie come questa ricercano un andamento più agile.
La sensazione è che Wait volesse quasi rendere materica l'idea di un'isola immobile, staticamente avvolta nell'umidità della foschia, in cui tutto si ripete come in un rito da anni e anni. Per questo la scrittura si avvicina più all'idea di un paradossale stato di ferma burrasca.  
L'incedere faticoso in questa nebbia è quello di chi osserva da fuori una storia di violenza e soprattutto l'avanzare sofferto di Tom che, come i tanti che nella realtà vivono immersi in storie altrettanto strazianti, cerca ancora un perché impossibile, oltre i sensi di colpa e oltre la vaghezza di ricordi che si sovrappongono attorcigliati intorno a un unico orrendo evento che li distorce tutti. 


Claudia Consoli