di Matteo Bussola
Einaudi, novembre 2021
pp. 184
Vivere, in fondo, non è che una serie di storie che si chiudono e si aprono, un continuo stringere la presa e lasciar andare. Una catena infinita di incontri e addii. Ma tra una fine e un nuovo inizio esiste una stagione dai confini incerti, un guado in cui può capitare di smarrirsi: è il tempo dell'attesa.
«Più uno sta meglio, più difficile gli riesce sospettare quanto gli altri stiano male»: scriveva più o meno così Cicerone, migliaia di anni fa, eppure questo pensiero non è di certo datato. Mi è tornato alla mente leggendo il nuovo libro di Matteo Bussola, Il tempo di tornare a casa, un omaggio splendido e limpido all'empatia. Tutto avviene in una stazione ferroviaria come tante altre: qui non ci sono solo persone di passaggio per prendere un treno e spostarsi altrove; ci sono persone che sostano, ed è proprio l'attesa che permette di osservarle e di penetrare nelle loro storie. Potrebbe sembrare una raccolta di racconti, ma uno strettissimo filo rosso unisce le varie storie e sembra anzi abbracciarle: ognuno è lì con il proprio bagaglio, e non mi riferisco alle valigie ammonticchiate, ma alla propria storia di desideri, sofferenze, gioie, paure; e proprio in nome di questo bagaglio è bene avere verso di lei o di lui un po' di comprensione.
Nelle diverse vicende, Bussola ci fa adottare il punto di vista del personaggio stesso (preferendo una focalizzazione interna variabile): scopriamo così non solo perché una persona si trova in stazione, ma anche che cosa l'ha portata lì e dove è diretta. C'è chi torna da un rave party, dove è fuggito all'insaputa dei genitori e si è innamorato, o così pensa; intanto, suo padre lo aspetta sperimentando una vasta gamma di sentimenti contrastanti, che rivelano tutta la sua apprensione, ma anche la delusione, un certo spaesamento e l'eventuale sollievo per il ritorno del figlio. Che dire poi di una ragazza che ogni giorno aspetta con ansia il ritorno del proprio ex ragazzo dall'università, anche solo per vederlo qualche secondo, stando nascosta?! Se una donna triste, con le borse della spesa ai piedi, attira l'attenzione di tutti, forse perché è l'unica che sembra non aspettare treni, un uomo con il cappellino giallo e uno zaino infantile suscita le critiche in tutti, almeno finché non apre bocca e rivela la sua estrema gentilezza. Per chi frequenta la stazione ogni giorno, come un controllore, è facile innamorarsi di una collega molto più giovane, ma non è così semplice rivelarsi, ed è per questo che prende in prestito le parole degli scrittori, sperando di potergliele dedicare, prima o poi. Tuttavia, se quelle parole su un foglietto cadono in uno scompartimento e vengono ritrovate da una giovane passeggera, in cerca di qualche emozione, tutto si può complicare. E così via, ma non voglio assolutamente togliervi il piacere di scoprire da vicino la delicatezza e la verosimiglianza di Il tempo di tornare a casa: vivrete accanto ai personaggi le loro emozioni, e sono tante, tantissime, e spesso vi sarà impossibile non provare a sperare per lui o per lei.
Un gioco di rifrazioni e rispecchiamenti rende Il tempo di tornare a casa estremamente simpatetico: è impossibile leggerlo tenendosi a distanza dal contenuto, perché nella freschezza narrativa e stilistica di Bussola sta la genialità, ovvero la capacità di apparire estremamente accessibile e quindi ci avvicina senza alcuna resistenza. Poi, avviene la magia: in quella stazione ci ritroviamo anche noi, ci domandiamo che cosa diremmo alla coppia di anziani che sta partendo con delle valigie troppo pesanti e soprattutto con la triste malinconia di chi sa che quello sarà il loro ultimo viaggio. Oppure ci chiediamo con apprensione se davvero un personaggio si suiciderà, come ha preventivato da tempo. O ancora, aspettiamo con quel desiderio misto ad ansia l'arrivo di una donna speciale per un uomo piuttosto anziano e la scoperta finale ci farà sorridere di tenerezza. Insomma... Il tempo di tornare a casa è un libro a cui dico grazie, perché in un momento di grande stress personale mi ha regalato qualche ora di totale rapimento, facendomi ricordare che le attese non sono tempi morti, ma possono essere momenti per rappacificarsi con chi siamo, con chi siamo stati e con chi vorremo essere. Ed è sostanzialmente per questo che ho già inserito tutti gli altri libri di Matteo Bussola in wishlist e me li regalerò quando avrò bisogno di una piccola attenzione verso di me.
GMGhioni