Buonanotte, signor Tom
di Michelle Magorian
Fazi, novembre 2021
Traduzione di Arianna Pelagalli
pp. 489
€ 17 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
Il secondo conflitto mondiale sullo sfondo, un vedovo dai modi burberi, un bambino sfollato, un piccolo paese; l’abuso, la malattia mentale, il trauma, la solitudine e la perdita; l’arte, il potere salvifico dell’amicizia, gli affetti e la fiducia. Le atmosfere dickensiane, il contrasto città – campagna, la trama avvincente. Buonanotte signor Tom, tra i cinquanta libri più amati di sempre dal pubblico inglese, è un romanzo denso, ricco di spunti e tematiche con cui il lettore è chiamato a confrontarsi. Tradotto per la prima volta in Italia a quarant'anni dalla prima edizione, è un romanzo che si rivolge tanto al pubblico adulto quanto ai ragazzi, facendone in questo senso una sorta di classico senza tempo ed età, ideale per trattare determinate tematiche e sorretto da una trama forse non particolarmente sorprendente ma capace di catturare il lettore. A dare voce ai personaggi creati nel 1981 dalla scrittrice australiana Michelle Magorian è la traduttrice Arianna Pelagalli che si muove abilmente tra le diverse voci e punti di vista che compongono la storia restituendo al lettore una narrazione attenta e coinvolgente.
Si diceva delle atmosfere dickensiane e l’assonanza con lo scrittore si ritrova nel dramma del piccolo protagonista, nella sua storia di dolore e sofferenza, pur consapevoli che qui si fermano le similitudini; la complessità psicologica dei personaggi dickensiani, l’attenta analisi del contesto sociale, la resa del particolare dualismo bambini – adulti e il magistrale uso che l’autore fa della parola, sono qualcosa di altro e differente dal romanzo di Magorian che pur resta una storia interessante, non priva di slanci e valore, ma è cosa altra ed è bene a mio avviso tenerlo a mente fin da principio.
Liberato dal peso di un paragone tanto schiacciante, Buonanotte signor Tom è un romanzo come si diceva che ben si presta alla discussione e riflessione su talune tematiche complesse e che forse risultano a tratti un po’ soffocate dalla miriade di eventi e ulteriori spunti disseminati nel corso della lettura, tutti importanti: ecco, pur nella semplicità – in termini di costruzione narrativa e resa stilistica – questo romanzo richiede un tempo di lettura dilatato, per fare in modo che ognuna di queste riflessioni possa trovare il giusto spazio e non vada perduta. Adatto come si accennava tanto a un pubblico adulto quanto ai ragazzi, è a mio parere proprio fra questi ultimi che potrebbe trovare maggior ragione e lo spunto ideale per aprire una conversazione su argomenti delicati, svicolati dalla contemporaneità ma sempre attuali: il conflitto, l’abuso e la violenza, il trauma, la perdita, la costruzione della propria identità, l’amicizia, il senso ultimo di famiglia. Una storia originata in un contesto storico - l'epoca della Tatcher - in cui fiorivano narrazioni di questo genere, che tuttavia Magorian interpreta da una prospettiva originale, altra, rinunciando all'esaltazione di quei valori particolarmente in voga nel periodo per costruire qualcosa in questo senso più moderno e attuale.
Al cuore della vicenda ci sono due personaggi lontanissimi per età e background ma che si scoprono via via legati da più di un elemento in comune e che, l’uno nell’altro, possono trovare salvezza: Willie Beech – ma la costruzione della propria identità passerà anche attraverso il nome a cui rispondere – , uno dei numerosi bambini sfollati di Londra che durante la seconda Guerra Mondiale trovano rifugio nelle campagne inglesi accolti da qualche famiglia del luogo, è un bambino silenzioso e impaurito, che nasconde i lividi disseminati sul fragile corpo e che è convinto di meritarsi quali punizione alla propria cattiveria.
Lui era un bambino cattivo. Mamma sosteneva che lei era molto più buona delle altre madri. Tutto sommato non ci andava giù così pesante quando lo picchiava. Willie fu percorso da un brivido. Il pensiero che presto o tardi anche il signor Oakley si sarebbe reso conto di quanto era cattivo lo riempiva di terrore. Sembrava molto più forte della mamma. (p. 14)
Ad accoglierlo nella propria casa e nella propria vita, il signor Tom Oakley, un uomo di mezza età, rimasto vedovo molti anni prima, brusco nei modi, ma dotato di una spiccata sensibilità che lo rende immediatamente consapevole del carico di dolore che quel ragazzino porta dentro di sé. Lui stesso, seppur in forma diversa, conosce il dolore e la solitudine che deriva dalla perdita.
Tom, come aveva detto Zach, era uno che stava sulle sue. Le riunioni e gli eventi del paese non facevano per lui. Dopo la morte di Rachel non aveva più partecipato a nessuna delle attività di Little Weirworld. Il lutto lo aveva fatto allontanare dalla gente, e quando si era ripreso aveva perso la capacità di socializzare. (p. 84)
Intorno a loro si muovono altri personaggi e un paese alla vigilia dello scoppio del conflitto vero e proprio, ognuno con i propri drammi e aspirazioni. Ci sono altri bambini sfollati come Willie, ci sono i reduci traumatizzati nel corpo e nell’animo, c’è un gruppo sempre più coeso di ragazzini che lentamente diventano parte del quotidiano di Willie e lo aiutano a superare il trauma delle violenze, anche quando l’orrore si ripresenterà da lui, questa volta ancora più devastante, anche quando la guerra diventerà qualcosa di assolutamente concreto e brutale, non più solo eco lontana.
Non è difficile immaginare le evoluzioni della trama, ma alla fine ci si rende conto che non è questo il punto, che la storia di Magorian non deve brillare per la capacità di sorprendere il lettore con svolte impreviste: quello che resta al cuore di questo romanzo è il desiderio di raccontare qualcosa di enorme e complesso – le diverse facce della violenza, il trauma, la costruzione di una famiglia – nel modo più semplice e immediato possibile per un romanzo che parli a un pubblico eterogeneo; spostando l’attenzione su un periodo storico ben determinato – e da qui ovviamente intrecciando ulteriori spunti – Magorian racconta al lettore di oggi, sia adulto che ragazzo, di quanto profonde siano le ferite che non si vedono e di ciò che è necessario per salvarsi. Manca talvolta un po’ di spessore a taluni personaggi e vicende e delle numerose storie correlate ve ne sono alcune che avrebbero meritato maggior attenzione – penso per esempio all’ostinazione di Carrie e la sua determinazione a studiare ed essere indipendente, o al desiderio di George e il suo amore per la campagna.
Ci sono elementi che lasciano qualche perplessità, è certo, ma se osservato dalla giusta angolazione Buonanotte signor Tom si rivela un testo interessante, capace di dialogare con lettori diversi e spingerci a confrontarci nella maniera più immediata con argomenti complessi. Sta a noi fare attenzione anche a tutto il resto, alle minuscole storie intrecciate a quella di Willie e Tom, e la loro stessa vicenda osservata per intero.
Non aveva più quel suo cipiglio perenne. Le rughe intorno agli occhi si erano distese. Dietro la scorza burbera c’era un uomo gentile, e se non fosse stato per l’arrivo di quel ragazzino apparentemente insulso nessuno lo avrebbe mai scoperto […]. (p. 143)
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