autori vari
Neri Pozza, novembre 2021
Traduzione di Simona Fefè
pp. 240
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Epoca vittoriana e soprannaturale: un binomio che ha attraversato, con sfumature ed esiti differenti, l’Ottocento inglese, permeandone la cultura popolare, la letteratura, la scienza e le innovazioni tecnologiche e che affonda le radici nella tradizione gotica che l’ha preceduta. Che vi si voglia leggere una risposta alle incertezze e ai mutamenti del tempo, le rigide regole morali che lo governavano e l’austerità stessa della regina in lutto o il desiderio di oltrepassare il velo tra mondo reale e aldilà anche grazie alle invenzioni tecnologiche, è evidente come l’epoca vittoriana sia stata attraversata da un profondo interesse per lo spiritismo e, più in generale, per il mistero. La letteratura, naturalmente, trova in questa tendenza un terreno fertile, consolidando una tradizione ben radicata. Questo connubio fra mistero e letteratura – tanto del novel quanto della short story – è particolarmente affascinante e prolifico, con testi e autori diventati parte del canone occidentale: Dickens, Collins, Gaskell, Le Fanu, Wilde, May Sinclair, sono solo alcuni esempi di una produzione letteraria ricchissima e variegata.
Le storie di fantasmi, nello specifico, si legano presto alle atmosfere natalizie, in una corrispondenza presto diventata tradizione, dagli esiti molto diversi. Basti pensare al più celebre racconto natalizio della letteratura inglese – ma mi spingerei a dire occidentale tutta – il Canto di Natale dickensiano, racconto intriso di mistero, soprannaturale, atmosfere misteriose e inquietanti. Una produzione letteraria quindi molto vasta e articolata, che non smette di affascinare lettori e critici, tra classici e riscoperte recenti, per esempio come nel caso recente della citata May Sinclair e le sue Uncanny Stories pubblicate quest’anno per la prima volta in italiano da 8tto edizioni nella raccolta La scoperta dell’assoluto e altre storie del mistero.
In quest’ottica è interessante l’esperimento di Natale con i fantasmi, una raccolta di storie appena uscita per Neri Pozza: otto racconti del mistero scritti da altrettanti autori inglesi contemporanei che rievocano le atmosfere vittoriane di una tradizione consolidata dandovi nuovo vigore. Autori che del mistero e del macabro hanno fatto la propria cifra stilistica – tra gli altri troviamo racconti di Elizabeth McNeal, Imogen Hermes Gowar, Bridget Collin, pubblicate anche in Italia con successo – e che si muovono abilmente in questa dimensione. Ammetto di essermi avvicinata a questa raccolta con un certo scetticismo, temendo di trovarvi storie che scimmiottassero atmosfere e tendenze di un periodo letterario cui sono particolarmente legata e non tutti i racconti qui contenuti hanno superato le mie perplessità iniziali appunto, ma la maggior parte di questi sono davvero interessanti, una prova riuscita e tutt’altro che banale.
Storie e stili diversi – egregiamente resi dalla traduzione di Simona Fefè che ne ha saputo restituire la polifonia intrinseca – , racconti densi di spunti e stratificati, in cui le atmosfere vittoriane e primo novecentesche sono ben rievocate e all’interesse per il mistero e il soprannaturale si intrecciano numerose altre riflessioni, in dialogo con la contemporaneità.
L’aria era stranamente immobile – della stessa immobilità che aveva notato quando aveva visto la casa per la prima volta da dietro il cancello. Come se il mondo fosse in ascolto. Ebbe l’impressione che a svegliarlo fosse stato un certo suono, ormai svanito; o un movimento nella stanza, una persona che si fosse fermata a pochi centimetri dal letto. (“Uno studio in bianco e nero”, di Bridget Collins, p. 24)
Particolarmente interessante la rappresentazione del femminile: in quasi tutti i racconti le donne sono protagoniste, anche quando non personaggio e voce narrante di primo piano assoluto, ma capaci di determinare con le proprie scelte e carattere il corso delle cose, siano esse persone in carne e ossa o spiriti. Donne tormentate, alle prese con decisioni difficili, pericoli mortali, in diversi casi vittime della ferocia maschile. Ne è emblema Lucinda Lisle, moglie in fuga da un uomo violento, brutale, che spera invano di trovare soccorso e comprensione nel padre ma che capisce essere fatto di una pasta simile al marito da cui è fuggita, mentre, prigioniera insieme al figlio in un’oscura dimora di proprietà della sua famiglia, scopre antiche verità a lungo celate. Qui, tra quelle stanze buie e fredde, abitate da inquietanti presenze, riceve un avvertimento che potrebbe salvarla se solo trova il coraggio di avventurarsi per una strada impervia.
I fantasmi di questi racconti, infatti, non sempre si rivelano presenza malvagie e si adoperano per mostrare la verità celata dietro le apparenze di una storia che crediamo di conoscere, rivelandone invece le storture, i fraintendimenti. Ciò che inizialmente spaventa e viene erroneamente interpretato può essere dunque per le protagoniste di queste storie la sola possibilità di salvezza.
Una salvezza, tuttavia, che non sempre è possibile e la discesa nell’oscurità e nell’orrore diviene inarrestabile. Ecco, dunque, come le atmosfere evocate si caricano sempre più di angoscia: case soffocanti, isolate in una brughiera fredda che nasconde antiche superstizioni; morti violente e giovani vittime, mostri e mutamenti di forma, incubi, macabri tentativi di riportare la vita che si fanno ossessione e follia.
Dalle nostre brevi escursioni fino in fondo al vialetto mi feci un’idea più chiara di dove ci trovassimo: un luogo davvero fuori mano. La casa era situata sulla cresta della brughiera, circondata dalla desolazione su tre lati e spesso avvolta in una nuvola. A est si apriva una vallata che rivelava – a seconda del tempo – un paesaggio che andava dal fumaiolo di una miniera di piombo disposto più in alto, fino a un piccolo mulino nel bacino del fiume, circondato da un villaggio. (“L’inquilina di casa Thwaite”, di Imogen Hermes Gowar, p. 48)
Sono pagine davvero dense di spunti, attraversate quasi sempre da una tensione che non viene meno, capaci quindi di rinnovare una tradizione letteraria e riprendendone caricato di un peso maggiore tematiche e tendenze che ne attraversavano le pagine. E dimostrando, ancora una volta, quanto fertile e complessa sia stata la letteratura vittoriana, i suoi fantasmi dai contorni così ben definiti.
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