di Elizabeth Jane Howard
Fazi Editore, novembre 2021
Traduzione di Manuela Francescon
pp. 406
€ 20,00 (cartaceo)
€ 12,90 (ebook)
La vita non poteva essere tutta lì, ma se c'era dell'altro, lui sarebbe stato in grado di prenderselo? (p. 22)
Gavin Lamb fa il parrucchiere nella Londra di fine anni Settanta. Ha trentun anni, vive con i genitori, ha un capo che, fedele al suo ruolo, è arrogante e poco attento alle necessità dei suoi dipendenti, conta un solo vero amico, Harry, e non ha mai avuto una relazione sentimentale degna di tal nome: il massimo a cui si è mai spinto e immaginare di innamorarsi di ragazze perfette che abitano solo nel confine tra il sonno e la veglia.
Poco amante delle feste, è per far piacere a Harry che accetta di presenziare alla serata di una certa Joan, ricca ed eccentrica signora dell'alta borghesia che organizza eventi per combattere la solitudine data dalla lontananza del marito. Non c'è posto migliore per Gavin dove trovare le spinte necessarie – incarnate dalla giovane Minerva, piccola lady dai molti problemi, e dall'intrigante Joan – perché la sua vita subisca un'accelerazione senza controllo. O meglio, senza controllo per lui: quello con cui Gavin ha a che fare, dopo un trentennio di semplice sopravvivenza, è il normale ritmo di vita dove nessuno è mai pienamente felice della propria situazione e dove i cambiamenti non portano per forza a una catarsi o a un lieto fine.
Getting it right, titolo originale di La ragazza giusta da poco edito da Fazi, fu il romanzo di riconnessione con i suoi lettori di Elizabeth Jane Howard. Nel 1981, anno di stesura del romanzo uscito poi nel 1982, l'autrice stava portando avanti il combattuto e squallido divorzio con Kingsley e non aveva un posto fisso dove vivere. Come si legge nelle sue biografie, il 1981 fu l'unico anno in cui la scrittrice non tenne la sua solita agenda e diario annuale, come se preferisse dimenticare l'epilogo di una relazione che le diede tanto in termini personali. Per quanto fosse arrivato in classifica al terzo posto nei libri del Sunday Times, ricevette pareri critici discordi in cui si evidenziarono una, talvolta, mancanza di progressione negli eventi, troppe contorsioni mentali ed eccessivo spazio alle chiacchiere da salone di parrucchiere.
Di certo, con un'autrice come Elizabeth Jane Howard per la quale la propria vita era il carburante principale della narrativa (basta ripensare all'intimissimo Perdersi e trovate qui la recensione), non si può leggere e comprendere il romanzo La ragazza giusta senza tener conto del periodo che stava vivendo. È vero, ci sono lunghe digressioni nel salone da parrucchiere tanto che il vero incidente scatenante della vicenda arriva dopo circa cento pagine, un proporzione importante rispetto alla durata del romanzo; si alternano divertenti e vivaci quadri della società tanto da rendere il testo una commedia di costume e scene di una crudezza violenta come l'episodio di bulimia di Minerva del quale non viene risparmiato nemmeno un dettaglio; e si vorrebbe che Gavin, finalmente, prendesse in mano la propria vita senza le continue riflessioni che lo attanagliano anche per la più piccola delle decisioni. Ma è proprio in questi dettagli che rendono forse l'opera meno definita dal punto di vista della struttura narrativa che la verosimiglianza con la vita di tutti i giorni si fa spazio in maniera prepotente.
La ragazza giusta è un romanzo corale: non nel senso del punto di vista narrativo dato che seguiamo solo Gavin nelle sue vicende, ma è corale nella composizione dei quadri di vita che ci troviamo tra le pagine. Partendo dalla cerchia più stretta di Gavin incontriamo i genitori: la madre è una donna che dalla vita non ha avuto altro che due figli e una casa da tenere maniacalmente in ordine e che qualunque critica – anche solo non finire il cibo nel piatto – viene vista come affronto insostenibile. Gavin e il padre, imprenditore e decoratore d'interni, fanno del loro meglio per proteggerla dal mondo. Harry ha una relazione con Winthrop, inquieto modello che non si fa scrupoli nel tradire, ed è disposto a tollerare ogni tipo di abuso nella relazione pur di portarla avanti. Tra i colleghi di Gavin spiccano Iris, con un marito invalido del quale prendersi cura, Peter, fresco di matrimonio ossessionato dai soldi e dai "piani quinquennali" per riuscire a permettersi ogni cosa e Jenny, giovanissima apprendista con già un figlio piccolo avuto fuori dal matrimonio.
Nella vita reale l'infelicità doveva avere a che fare con la sensazione di essere intrappolati in una situazione in cui non si riesce a vivere e da cui non si riesce a scappare. (p. 87)
Questa riflessione riassume piuttosto bene la condizione di tutti i personaggi e tra i quali emergono le due figure femminili principali che, per quanto sembrino rappresentare i due estremi di una scala, sono la raffigurazione della stessa sensazione: la perdita dell'innocenza.
Joan, colta, carismatica, ricca e affascinante, irrompe in scena con squillanti capelli arancioni, occhiali con gli strass e requisisce subito Gavin per fargli fare un gioco sui rispettivi segreti. «Ho fatto solo sesso a pagamento» rivela lei, «Ho trentun anni e non sono mai andato a letto con nessuno» si libera lui gettando le basi per una relazione di mente e fisica. Minerva – detta Minnie, il nomignolo che Kingsley aveva per l'autrice all'inizio della relazione – si presenta come una lady sporca e macilenta e viene da un ambiente ricco dove nessuno le ha mai prestato la dovuta attenzione se non per farla seguire da qualche strizzacervelli; si è rifugiata nella bulimia e nel tentare in maniera disperata di attaccarsi a chiunque le mostri quel pizzico di gentilezza. Entrambe le donne si presentano come diverse sfaccettature di una Holly Golightly, fuori dalle righe e carismatiche a loro modo, e sono l'espressione di un mondo dove l'innocenza o viene infranta dalle delusioni della vita – nel caso di Joan che è alter ego di Jane – o viene rovinata già in partenza quando nemmeno l'infanzia ti garantisce quanto serve per affrontare il resto dei tuoi giorni.
Non ci sono episodi di salvezza e catarsi: anche gli innegabili progressi di Gavin e dei personaggi intorno a lui – fine di relazioni, scoperta di aver sempre sottovalutato chi ci sta a fianco, prendersi delle responsabilità per entrare nella vita adulta – non portano ai quadri idealizzati che Gavin sogna. Le donne non sono perfette e intoccabili, ma normali e tangibili.
A dirla tutta, non gli veniva in mente nessuno che fosse altrettanto privo di caratteristiche particolari. (p. 397)
Gavin si stupisce quasi descrivendo così Jenny, lui così nutrito di arte e musica da autodidatta.
La ragazza giusta non è un romanzo perfetto, nato in un periodo così difficile e appena prima della grande opera dei Cazalet, ma è un romanzo che nei suoi difetti diventa perfettamente mimetico e sottolinea come, in ogni situazione, ci saranno sempre dei contro che andranno a puntellare la nostra Scala della Paura: ma non per questo bisogna smettere di vivere, di creare e di sbagliare.
Giulia Pretta
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