Simone de Beauvoir. Libertà e necessità
a cura di Cristina Giachi e Maria Luisa Vallauri
Clichy, novembre 2021
pp. 120
€ 7,90 (cartaceo)
€ 3,99 (ebook)
Donne non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l’aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell’uomo; è l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna. (Il secondo sesso, p. 65)
Il mio incontro con Simone de Beauvoir avvenne, come per la maggior parte dei suoi lettori, quando ero adolescente: fu grazie ai consigli di un libraio che oggi non c’è più e di un gruppo di amiche più grandi che proprio in quel periodo in cui io mi interrogavo timidamente sulla questione femminile avevano dato avvio a un piccolo, coraggioso, progetto di una rivista femminista. E il primo incontro devo ammettere non fu una vera e propria folgorazione: troppo giovane e immatura io per comprenderla, ci sono voluti un paio di anni e altre letture per tornare poi a de Beauvoir con la giusta consapevolezza. Da lì poi non si torna più indietro.
Oggi il discorso sul femminile sta vivendo una stagione complessa, le questioni affrontate sono molte e urgenti, ma ha ancora senso al di là della ricerca storica-letteraria leggere de Beauvoir? La risposta è semplicemente sì.
Tale è la portata delle riflessioni e dello sguardo della scrittrice-filosofa, tanto profonde sono ancora le discriminazioni di genere e le disparità che, ahimè, in quelle pagine possiamo trovare spunti, teorie, prese di posizione che dialogano ancora perfettamente con la società contemporanea. Una delle cose che sempre mi sorprende di de Beauvoir oltre alla sua straordinaria attualità, è anche lo sguardo ampio sulle cose e la sua capacità di partire dal particolare e dalla sua vicenda personale per farsi generale, un elemento e una modalità di scrittura che mi affasciano su più fronti e che in questi termini riesce davvero a pochi, nonostante le tendenze letterarie degli ultimi anni e questa deriva autobiografica potrebbero suggerire diversamente. Ma è proprio qui che sta la differenza: i testi di de Beauvoir intrecciano in modo peculiare personale e generale, similmente a quanto fanno – con le dovute differenze di contenuti – Joan Didion o Annie Ernaux in un gioco metaletterario che riesce davvero a pochi.
Ma che cosa resta quindi delle sfide di de Beauvoir oggi? Perché continuare a leggerla alla luce delle urgenze femministe attuali?
È anche per rispondere a queste domande che Cristina Giachi e Maria Luisa Vallauri hanno ripreso un mai interrotto discorso su de Beauvoir, nei due saggi pubblicati da Clichy col titolo Libertà e necessità e che ci danno modo di riflettere su alcuni aspetti della società attuale tutt’altro che paritaria. Ne è nato quindi un libretto interessante, che possiamo leggere sia come un utile punto di partenza per avventurarsi nell’opera della scrittrice e collocarla nella contemporaneità – la seconda parte del volume contiene anche stralci accuratamente selezionati dall’opera di de Beauvoire e una sintesi bibliografica – sia concentrare lo sguardo su taluni aspetti che ritornano o che, forse, non sono mai stati effettivamente risolti.
E tenere bene a mente, come sottolinea la stessa Giachi, che le conquiste femminili sono cosa tutto considerato recente oltre al fatto, aggiungo io, che non tutte sono poi così consolidate, ma costantemente messe in discussione. La stessa questione femminile esiste ancora o non saremmo qui a parlarne e basta guardare al quotidiano per accorgersi di quanti casi di discriminazione più o meno gravi si ripetono ogni giorno. Non faccio nemmeno un esempio specifico, perché temo purtroppo all’indomani della pubblicazione di questo articolo sarà già “vecchio”, sostituito dall’ennesimo caso di molestie, violenza, discriminazione.
Dei tanti spunti possibili che nascono dalla rilettura di de Beauvoir e di questi saggi, ce ne sono alcuni che mi hanno colpito più di altri – specie in questo periodo storico ma soprattutto personale – e riguardano il tema della libertà, della scrittura, del lavoro: il primo affrontato da vari punti di vista da Grachi, gli altri su cui concentra l’attenzione soprattutto Vallauri, che si intrecciano a numerose altre chiavi di lettura e dialogano perfettamente tra loro.
Libertà è il fil rouge che lega ogni gesto, ogni parola scritta, ogni discorso di de Beauvoir e che assume nel tempo forme e significati nuovi tenendo bene a mente, sempre, il nucleo originale: la libertà delle donne dall’oppressione del patriarcato, da un punto di vista personale e generale.
Tutta la sua opera, infatti, è guidata da un progressivo strutturarsi di un vero pensiero della libertà, e punteggiata di processi di liberazione: il suo personale, dall’oppressione di un’educazione borghese; quello delle donne, attraverso il lavoro e l’indipendenza; quello dei popoli, soggiogati dai totalitarismi vecchi e nuovi. (“Leggere Simone de Beauvoir oggi. L’esistenza che parla”, Cristina Giachi, p. 38)
Ed è intorno a questo tema che la scrittrice costruisce la sua riflessione e le sue campagne, le scelte personali – quasi sempre molto discusse e criticate per un verso o per l’altro – attenta osservatrice della società a lei contemporanea e delle sue urgenze e contraddizioni. E qui troviamo un’altra ragione ancora per leggere ieri come oggi de Beauvoir, ossia la sua lucidità nell’osservare il mondo contemporaneo in cui si muove e restituirne una critica attenta, attraverso cui oggi interpretare quel passato con gli strumenti della distanza temporale e della progressione degli eventi certo, ma di cui la scrittrice è stata protagonista e osservatrice attenta.
Ecco, dell’essere scrittrice, di ciò che per lei significa e ha comportato, rappresenta un ulteriore punto di osservazione interessante e ben applicabile ancora una volta alla realtà contemporanea:
Il fatto è che sono una scrittrice: una donna scrittrice non è una donna di casa che scrive, ma qualcuno la cui intera esistenza è condizionata dallo scrivere. È una vita che ne vale un’altra: che ha i suoi motivi, il suo ordine, i suoi fini che si possono giudicare stravaganti solo se di essa non si capisce niente. (La forza delle cose, p. 89)
Leggo queste righe e nella testa sento distintamente le voci di Flannery O’Connor, di Margaret Atwood, di Shirley Jackson, che sulla questione hanno posizioni molto vicine a de Beauvoir e mi confermano come qualsiasi ruolo professionale una donna scelga non sarà mai facile, soprattutto in quest’ottica di vederne riconosciuta appunto la professionalità, specie quando il lavoro si compie entro lo spazio domestico. Poche righe che spalancano un mondo e su cui varrebbe la pena, in altra sede, continuare a riflettere e magari confrontarsi.
Il riconoscimento della professionalità si poggia su una base fondamentale ma ancora troppo spesso traballante: l’indipendenza economica. Il saggio di Vallauri pone al centro della riflessione proprio questo punto di vitale importanza, per ragioni svariate.
La via dell’emancipazione passa prima di tutto dall’indipendenza economica, e dunque dal lavoro […]. (“Il lavoro e le donne in Simone de Beauvoir”, di Maria Luisa Vallauri, p. 49)
Penso alla violenza contro le donne e alle mancate denunce che troppo spesso avvengono anche per la mancanza di una possibilità concreta di lasciare una casa che non è sicura e avere i mezzi necessari per sostentarsi. Ma penso anche tristemente alle troppe bambine e adolescenti che ancora vengono cresciute nell’idea di un percorso formativo e professionale che rappresenta solo una sorta di attesa della vita coniugale e della dipendenza economica. O, ancora, penso alle donne che l’indipendenza e l’emancipazione la cercano strenuamente ma poi si scontrano con una società che le ostacola su più fronti, come è risultato evidente anche in seguito all’emergenza sanitaria mondiale.
L’opera di de Beauvoir, specie se riletta oggi e con la dovuta maturità, e questi saggi densi di spunti e considerazioni, aprono squarci che non dobbiamo richiudere; un abisso in cui affondare per essere consapevoli della realtà che ci circonda e di quanto impervia sia ancora la strada dell’emancipazione femminile, di una questione ancora attuale, di urgenze e necessità nuove.
Io ho scelto le mie battaglie. A voi lettori e lettrici trovare le vostre.
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