Bandiere nella polvere
di William Faulkner
traduzione di Carlo Prosperi
La Nave di Teseo, 2021
pp. 516
€ 22,00 (cartaceo)
Torna in una nuova traduzione e in versione integrale il terzo romanzo di William Faulkner, ma il primo che si ambienta nella mitica Yoknapatawpha County. Dopo La paga del soldato e Zanzare, passate praticamente inosservate presso critica e pubblica, anche il terzo romanzo Bandiere nella polvere ha una gestazione molto complicata: rifiutato da ben 11 case editrice, venne alla fine tagliato e intitolato Sartoris; con questo nome fu pubblicato il 31 gennaio 1929.
Il testo così ridotto (o "mutilato", come suggerisce la nota dell'editore Mario Andreose, cfr. p. 514) rimase in circolazione fino al 1973, anno in cui la casa editrice Random House riuscì, insieme alla figlia dello scrittore, a ricostruire un'attendibile versione del testo originale, grazie a testi olografi e dattiloscritti.
Il testo pubblicato da La nave di Teseo riprende proprio questa versione originaria e la traduzione di Carlo Prosperi segue le descrizioni che lo stesso Faulkner dà nelle pagine del romanzo; l'effetto creato ricorda il suono del blues e del country, la sonorità delle pagine rimanda al cuore della poetica di Faulkner, fatto di Sud, in quello che lui stesso chiama "il mio piccolo francobollo di terra natia", di personaggi epici e memorabili. Bandiere nella polvere è quindi una sorta di Genesi della poetica di Faulkner. Di certo, come romanzo aurorale presenta le acerbità che caratterizzano gli esordi, ma porta in nuce tutti gli elementi che renderanno il suo autore uno dei pilastri della letteratura americana.
Veniamo alla trama: Bandiere nella polvere è la storia della famiglia Sartoris, il cui capostipite è John, che dopo avere combattuto i nordisti ha costruito la ferrovia che collega la contea al resto degli Stati Uniti. Ma il patriarca non c'è più, rimangono gli eredi della casata, che hanno attraversato la Prima Guerra Mondiale e non indenni. Ritorna dalla Grande Guerra solamente Bayard Jr., mentre il gemello John muore, lasciandogli non solo un senso di vuoto ma anche di colpa.
I due nomi maschili (John e Bayard) ripercorrono la storia della famiglia, presentandosi come un archetipo, al pari di quanto accadrà con gli Aureliano e i José Buendia dei Cent'anni di solitudine. Bayard è un nome "maledetto", che per questo motivo non verrà dato all'ultimo erede della casata; Bayard jr è uno dei protagonisti del romanzo, quello il cui vortice di annientamento e di spericolatezza conquista la giovane e ingenua Narcissa e anche noi lettori. Ma il personaggio più amabile, a mio avviso, è la vecchia zia, Miss Jenny, il genio tutelare della casa, colei che viene descritta con tratti vividi, anche grazie a dialoghi brillanti e deliziosi:
È un vero peccato che la gente non abbia il buon senso o il coraggio di diramare gli inviti e poi chiudere casa e sparire. Il divertimento delle feste sta tutto nel mettersi in ghingheri e uscire (p. 45).
Miss Jenny sa le cose, le intuisce ancor prima che accadono, annusa l'atmosfera di tragedia che pervade la casa dei Sartoris. Miss Jenny che
aveva un'ottima padronanza della lingua in qualsiasi momento, ma una volta che le sue ire erano state suscitate era in grado di innalzarsi senza sforzo fino a vette oratorie (p.53).
Accanto a lei, superstite del mondo antico, quel mondo che viene spazzato dalla velocità dell'automobile del giovane Bayard, vi è Bayard senior, la «sordità gli tornava comoda, più comoda che reale, forse». I personaggi vengono presentati con pennellate rapide, a volte, con compiaciuta lentezza altre. Tuttavia, ogni quadro è profondamente espressivo, ogni personaggio assume via via uno spessore che intriga. La psicologia del giovane Bayard è quella che maggiormente è messa a fuoco, attraverso il rapporto costante con il suo alter ego smarrito, il gemello morto in guerra:
Stava pensando al fratello morto; lo spirito dei loro violenti giorni complementari era posato ovunque nella stanza come una patina di polvere, e cancellava quell'altra presenza, gli arrestava il respiro, si avvicinò allora alla finestra e sollevò di schianto la ghigliottina e si sporse, ingoiando aria a pieni polmoni come un uomo che sia stato sommerso e non si capaciti ancora di aver di nuovo raggiunto la superficie (p. 64).
La polvere evocata dal titolo è presente ovunque, è il senso di sconfitta e passaggio inesorabile del tempo, la casa sembra sempre in procinto di tornare nella polvere, assopendosi nel ricordo di chi non c'è più o di chi è semplicemente scomparso. È un grande romanzo sull'assenza, di valori, di certezze, di persone amate, nel quale la vita dell'uomo Del Sud, dell'uomo sconfitto dalla Storia, è tragicamente paragonata a quella del mulo
Emarginato e reietto, non ha né amico né moglie, né amante né fidanzata; celibe, non porta cicatrici, non possiede colonna né grotta nel deserto, non è assalito da tentazioni né flagellato da sogni né blandito da visioni; fede, speranza e carità non gli appartengono. Misantropo, fatica sei giorni senza ricompensa per un essere che odia, incatenato a un altro che disprezza, e passa il settimo a scalciare i propri simili o esserne scalciato (p. 366).
Romanzo disperante ma affascinante, contiene davvero l'universo di Faulkner, la sovrabbondanza della sua prosa, quella che Fernanda Pivano definiva la sua "fluvialità espressiva". E in questa fluvialità è decisamente bello immergersi, in un'esperienza di lettura che può definirsi "totalizzante".
Deborah Donato