Quel che faccio con lei è forse quel che faccio in queste pagine? mettere a confronto non solo me e lei, ma la mia vita e la nostra? Io che ho vissuto così a lungo da sola, che ho prodotto e riprodotto la solitudine senza amarla, adesso ho acceso un fuoco nel mio camino. Lascio ardere la maternità mancata o approssimata e il mio modo di amare, ansioso, cauto e invasivo. (p. 233)
Che strano taccuino è La penultima illusione! A tratti, come un memoir capriccioso ripercorre le esperienze private e pubbliche di Ginevra Bompiani, riarrangiandole secondo un ordine cronologico che cede il passo a frequenti intemperanze. Altrove è un diario, che segna in presa diretta l'esperienza di tutore di una giovane immigrata somala, N., che vive con la protagonista e io narrante del libro.
Da un lato, appaiono le sfide del passato, fin dalla più tenera infanzia: ci sono i primi ricordi, rarefatti e forse inaffidabili secondo gli scherzi della memoria; le scuole, secondo un percorso non lineare e anche piuttosto accidentato; l'ingresso in casa editrice, per tradizione familiare, nonché il prendere le distanze per andarsene a Parigi, studiare psicologia e cominciare una vita autonoma. L'insegnamento universitario, poi, non merita così tante pagine ed è una realtà da cui Ginevra Bompiani si allontana, quando la riforma limita la libertà degli insegnanti («Come sempre, quando cadeva la possibilità di inventare, cadeva il mio interesse», p. 237). Tra andate e ritorni, è di nuovo l'editoria ad avere il sopravvento, catalizzando l'attenzione ma anche la dedizione totale di Ginevra Bompiani:
[...] per me l'editoria appartiene sempre all'universo amoroso. [...] Così, quando ebbi una casa editrice mia, "nottetempo", per me fu naturale considerarla un territorio amoroso: l'amore per i libri, l'amore per gli autori, l'amore per la mia squadra e l'amore per gli editori, che anziché rivali, consideravo amici (come non mi è mai riuscito con i colleghi dell'Università, lasciata due anni prima: forse solo i rivali possono diventare amici, i "colleghi" restano paralleli), cercando con ogni mezzo di creare con loro alleanze invece di concorrenze (e infatti, nessuno di loro mi fece sgambetti, nessun autore mi tradì). (p. 90)
Quelli dedicati a 'nottetempo' sono i frammenti più caldi e partecipati, in cui si avverte tutto il trasporto per il mondo editoriale. Memorabili gli episodi relativi prima alla scoperta e poi al legame con Milena Agus, scrittrice di punta della casa editrice, ma anche persona splendida, che viene qui colta in tutta la sua bontà e umanità.
Viaggi, grandi personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, amori travolti dal tempo e incontri fuggevoli fin dal principio segnano il racconto di un passato straordinario, in cui Ginevra Bompiani può ricevere commenti su una sua recensione da Giorgio Manganelli o rivedere il caro Umberto Eco, amico di famiglia. Sono tanti i filosofi e i pensatori che cercano di portare Ginevra alla politica, ma lei, pur proclamandosi di sinistra, non aderirà mai profondamente a un partito. La famiglia, a partire dal grande padre Valentino Bompiani, è un po' sullo sfondo: appare e scompare, ma non è certamente coprotagonista di quest'opera. I libri sono il filo rosso che collega gran parte delle esperienze di Ginevra; conducono alla decisione di portare le biblioteche nel deserto per promuovere la cultura in paesi africani disagiati.
A questa dimensione intellettuale, fatta di pensiero, idee e ideologie, si contrappone il piano del presente, che è più pragmatico e schiacciato dalla realtà. La convivenza con N. non è semplice, perché la ragazza arriva da una realtà completamente diversa, ha cultura e tradizioni da scoprire poco alla volta, e il tentativo di "impaesamento" non sempre riesce. Lo scambio di idee si fa spesso scontro; talvolta la comunicazione è difficile, e non solo per problemi linguistici, ma anche per gli stili di vita diversi, perché N. ha un'idea di fatica diversa: nel suo Paese, era capace di svegliarsi alle cinque per badare agli animali o per zappare, mentre riesce a passare poco tempo sui libri. Farle da insegnante è per Ginevra una sfida costante, che richiede molta pazienza. Eppure l'io narrante non desiste, si dedica anzi alla ragazza con una preoccupazione materna, cercando di adattarsi ai suoi bisogni senza imporre i propri, nel rispetto però dei reciproci spazi:
N. si sente sola. Vorrebbe che invitassi in campagna una sua amica. Le spiego che non è permesso dai nuovi decreti. E io, non conto come compagnia?Tu al mattino lavori...Così la mattina dopo non ho lavorato, cioè non ho continuato questo viaggio fra molte vite, e stamani approfitto del suo sonno, anche se penso che non sia bene che dorma tutta la mattina. Ma oggi è domenica e io ho voglia di scrivere. Scrivere mi tiene in vita. (p. 66)
A funestare il percorso già non semplice di conoscenza e convivenza, c'è poi il Covid, che viene qui raccontato in pagine in presa diretta e non sarà difficile ritrovare lo sgomento che abbiamo vissuto tutti durante il primo lockdown, unito a un grande senso di impotenza.
Che non sia tutto un mondo rosa e fiori quello di Ginevra Bompiani appare evidente fin dalle primissime pagine, perché è senza fronzoli il suo taccuino, segnato da una nettezza che in qualche frase può apparire cronachistica. Arrivano la sua personalità e la sua dimestichezza con le parole a unire il taccuino, che mescola passato e presente con una certa libertà, non priva tuttavia di richiami interni. Un esempio? Le riflessioni che l'autrice si concede di tanto in tanto, rimandando ad altri episodi narrati:
In un certo senso, N. è stata per me un'esperienza totale, come la casa editrice nottetempo: un'esperienza in cui mi sono usata tutta, con le mie ricchezze e le mie povertà. (p. 142)
Dunque, non cercate in La penultima illusione una storia di Valentino Bompiani, perché non la troverete, né è questo l'obiettivo dell'opera; non cercate nemmeno un romanzo tradizionale, unitario e lineare. Percorrete invece con curiosità questo taccuino degli anni Venti, che sa guardare al passato più recente con senso critico e a quello remoto con un pizzico di nostalgia, in pagine sempre vitali, di carattere e mai polverose.
GMGhioni
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