di Giuliano Sangiorgi
Einaudi, 11 maggio 2021
€ 17,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
È la primavera del 1984 e il cuore di Luca batte forte nel buio di uno sgabuzzino, chiuso lì dentro per una penitenza decisa tra ragazzi. Accanto a lui, Maria Giulia, giovane ragazza la cui indole ribelle sfiora la sfrontatezza, inquieta in cerca di un’identità che in famiglia non trova piena espressione. Nell’oscurità gli occhi si abituano alla mancanza di luce, cominciano a distinguere le forme, le ombre, e i contorni si fanno pian piano più nitidi. Ed è un attimo: un bacio, il primo per entrambi, che cambierà le loro sorti per sempre, legandoli l’uno all’altra, indissolubilmente.
Il vociare dei ragazzi, curiosi ed inesperti, si fa sfondo leggero: a Luca non importa, ora a lui interessano solo gli occhi di Maria Giulia, a cui resta ancorato, come ad una promessa di salvezza.
«Tutti si accorsero del loro bacio.
Ce l’avevano stampato negli occhi.
Non si riusciva più a capire dove cominciasse l’uno e finisse l’altra.
Uscirono dalla porta che sembravano avvolti da una luce sola, la stessa per entrambi.» (p. 15)
Il tempo di un lento è l’ultimo, intenso, romanzo di Giuliano Sangiorgi, noto al grande pubblico per essere il cantante del gruppo Negramaro, ormai uno dei più importanti sulla scena italiana. Ne è passato di tempo, infatti, da Mentre tutto scorre e oggi il gruppo salentino può vantare moltissimi premi e altrettante collaborazioni degne di nota, con il merito di aver tracciato un solco nella musica contemporanea. Una delle caratteristiche che viene sottolineata da sempre – oltre alla bravura della band – è la particolarità della voce di Giuliano, davvero unica, ed è interessante poter fare un parallelismo poiché anche la sua scrittura si presenta decisamente singolare, con delle caratteristiche che la rendono ugualmente unica.
Ma partiamo dall’inizio: da quella penitenza del maggio del 1984 nulla, nella vita di Luca, sarà più come prima. Maria Giulia prende posto nel suo cuore, vi ci abita, e, presi dall’ardore giovanile di un amore non ancora rovinato dai rimorsi e dall’età, decidono di scappare, per vivere pienamente il loro sentimento. Il treno su cui salgono, tuttavia, è destinato ad una sorte ben diversa da quella che si aspettano i due, segnando uno spartiacque nella vita dei protagonisti.
Il libro è diviso in tre parti, in cui si intrecciano, come un amuleto di cui l’autore non può fare a meno, le parole di due canzoni, particolarmente significative e che aggiungono un senso ulteriore al testo: la prima è la celeberrima Amore che vieni, amore che vai di Fabrizio De’ André, l’altra, legata a doppio filo con la prima e con la storia, è Amore che torni, dei Negramaro, appunto. Un fil rouge che segna un trait d’union tra le varie parti del romanzo e permette loro di restare legate, senza una deleteria dispersione delle stesse. Tra una sezione e l’altra c’è un salto temporale, che permette l’avanzamento del romanzo e a tal proposito è interessante notare la costruzione narrativa, decisamente notevole: la prima parte, infatti, si chiude con un colpo di scena e la seconda sezione, inizialmente, sembra totalmente estranea, e per un attimo, se non fosse che sappiamo che ci troviamo di fronte ad un romanzo, si ha quasi l’impressione di star leggendo una raccolta di racconti. Dico “quasi”, perché è questione di poco e in un momento ecco lì l’appiglio che ci fa capire cosa sta succedendo. È questa una trovata ingegnosa e molto ben riuscita, poiché in quelle pagine si resta incollati al libro, desiderosi di sciogliere il mistero.
Senza svelarvi troppo del romanzo, che vogliamo lasciare alla vostra lettura, è possibile riflettere sulla scelta di rappresentare il protagonista diversi anni dopo da quella fuga d’amore: Luca, ormai cresciuto, insegue un altro sogno, quello della musica, iniziato per amore di Maria Giulia. Ci vengono raccontate le difficoltà che deve affrontare e i sacrifici, enormi, che il ragazzo compie, per costruirsi una strada propria, un futuro nel mondo musicale. Sia nel ritratto di Luca bambino che in quello di Luca adulto è possibile osservare una decisa abilità da parte dell’autore nel rappresentare i personaggi dal punto di vista psicologico, offrendoci un ritratto molto ben studiato. Tuttavia, proprio in virtù di questa capacità, sarebbe stato bello approfondire le dinamiche interiori del protagonista, indugiando un po’ di più sulla sua scelta di non tornare indietro e se davvero mai non si sia chiesto nulla riguardo i propri genitori oppure se una qualche volta egli non abbia mai avuto un – anche solo fugace – rimpianto, oppure, al contrario, una nostalgia potente e lacerante che l’abbia tenuto sveglio la notte. Una volta chiuso il libro, infatti, resta questo interrogativo, che forse l’autore ha voluto lasciare in sospeso appositamente: perché Luca compie quel gesto e decide di rompere ogni rapporto? Una spiegazione viene data alla fine, tuttavia, proprio in virtù della bravura dell’autore nel rendere i toni dell’animo umano, sarebbe stato bello indugiare qualche minuto in più sull’evolversi dei suoi sentimenti.
Proprio quest’abilità rende le pagine dedicate al padre di Luca davvero molto toccanti, al limite della commozione. Il ritratto del genitore perso intorno ad una speranza mai davvero persa fa il giro e arriva a toccare le corde della chitarra e del cuore del figlio.
Il libro parte da un episodio realmente accaduto, ovvero la strage del Rapido 904, avvenuta il 23 dicembre 1984 e a partire da lì l’autore riesce a costruire in maniera decisamente efficace un romanzo di formazione, di crescita, che ha come tema principale l’avventura di diventare grandi, con tutte le avversità e gli ostacoli che questo comporta.
«Si diventa grandi anche così.
Cambia persino il sapore delle cose più belle, per le quali da piccolo, avresti combattuto fino all’ultima biglia.
Arriva il momento in cui decidi di rinunciare a Babbo Natale, per una faccia da duro nuova di zecca.
Arriva il tempo in cui decidi di rinunciare a Babbo Natale, per una faccia da duro nuova di zecca.
Arriva il tempo in cui i giocattoli non profumano più di pomeriggi infiniti e merendine, ma si impregnano del cattivo odore di una cantina.» (p. 46)
L'autore sa cogliere la dolcezza del primo amore, la paura e la voglia di diventare adulti, l’emozione trattenuta e imbarazzata di un abbraccio, in un lento che diventa qualcosa di più di un ballo e diviene un vero e proprio accesso all’età adolescenziale.
«Si avvolsero in un abbraccio, perfettamente in tempo per poter ballare l’ultimo ritornello lento e dolce. le mani di Luca sui fianchi di Maria Giulia e quelle di Maria Giulia al collo di Luca. Mica lo sapevano che si faceva così: si erano incastrati per istinto, e le bocche aperte dei compagni facevano ben capire che era proprio il modo giusto.» (p. 25)
Una storia, insomma, che sta in piedi da sola ed è ben scritta. Proprio riguardo a quest’ultimo punto, dicevamo, precedentemente, che la scrittura è particolare: infatti, leggendo il testo, si nota la decisa tendenza a produrre frasi brevi, icastiche, che spesso si rifanno a immagini concrete. In molto punti, l’autore va spesso a capo, quasi come se alcuni brani fossero una lunga canzone d’amore. In questo modo, Sangiorgi dimostra - senza dubbio alcuno - che la sua scrittura, già lodata in campo musicale e la cui unicità è riconosciuta ormai a livelli eccelsi, riesce a trovare piena espressione anche in un romanzo. L’autore sa dosare le parole, è abile a colmare i vuoti delle pagine e sa gestire le pause, sa raccontare bene un’emozione. Una nuova, potente, prova d’autore.
Valentina Zinnà
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