di Grete De Francesco
traduzione e cura di Marco Di Serio
Neri Pozza, 2021
pp. 320
€ 22,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Il mago Cipolla è il popolaresco e improvvisato illusionista di Mario e il mago, novella e denuncia del fascismo scritta da Thomas Mann nel 1930, che infiammò la fantasia e la curiosità di Grete Weissenstein De Francesco - singolare studiosa austro-ungarica di origine ebraica, prima donna a essersi laureata in Scienze Politiche alla Deutschen Hochschule für Politik di Berlino e collaboratrice del Frankfurter Zeitung.
Trasferitasi in Italia dopo il matrimonio con l’ingegnere Giulio De Francesco, l’intellettuale respirò il clima di orrore imposto dal regime fascista. Cipolla, il prestigiatore imbroglione di Mann e immagine allegorica di Benito Mussolini, suscitò allora l’interesse di De Francesco che si convinse a investigare sull'archetipo di “tutti i Cipolla possibili” nella storia, tanto da scrivere Il potere del ciarlatano, pubblicato nel 1937 presso l’editore svizzero Benno Schwabe
«Raccolsi e misi insieme del materiale, e rileggendo tutto il manoscritto ebbi un sussulto. Senza immaginarlo, né tantomeno volerlo, ne era venuta fuori una sorta di parabola; non l’autore, ma la forza dirompente del materiale sollevava duramente, a voce alta e con sferzante franchezza, accuse che riecheggiavano da secoli. E improvvisamente i miei occhi hanno cominciato a vedere: qui avevo tra le mani quell'archetipo che già mi aveva scosso nel profondo con la realtà magica dell’immagine allegorica di Mario e il mago» (pp. 18, 19).
Così, magia, illusione e artifici della persuasione crearono tra le dita inquisitive di De Francesco il primo esemplare di Cipolla, modello dell’inganno e dell’incanto della parola e del corpo: il ciarlatano. Laddove, le sole mani non erano più parte fondante del giuoco di prestigio, anche l'arte del verbo e dell'esotismo, figlio legittimo di una vita errante, perfezionarono il potere del saltimbanco, che non prometteva miracoli, bensì migliorie significative relative a ricchezze, bellezza e salute.
Tanti sono i protagonisti dell’arte della ciarlataneria, dall'alchimista e uomo dei miracoli Marcantonio Bragadin, in realtà Antonio Mamugnà, passando per “il ciarlatano dei ciarlatani" conte Alessandro Cagliostro, pseudonimo di Giuseppe Balsamo, oltre l’astuto e poliedrico conte di Saint-Germain, fino al più terribile tra i terribili, il dottor John Taylor, che con l’arte dell’inganno rese ciechi più di diecimila pazienti solo in Inghilterra.
Unguenti, medicinali portentosi, elisir, sperimentazioni alchemiche, giochi meccanici e illusioni ottiche furono le armi del saltimbanco. Ampolle e boccette corroboranti della finzione danzavano tra le pieghe degli abiti tutti lustri e fronzoli che adornavano i gesti veloci e illusoriamente rassicuranti del ciarlatano che si “elevava” su una panca o addirittura su una sediola sfilacciata a guisa di palcoscenico.
«La cattura dell’attenzione è il principale imperativo di ogni propaganda» (p. 102), e la «messa in scena ha lo scopo di attirare, portando le argomentazioni il più lontano possibile dalle reali intenzioni del ciarlatano» (p. 105).
Grete De Francesco ha lasciato in eredità una facoltosa indagine e un imponente apparato documentario sulla figura del ciarlatano, catalogando imbonitori piccoli e grandi, uomini illustrissimi e insondabili, falsificatori delle opinioni e della natura, che hanno disorientato finanche le decisioni di regine e re tra i più autorevoli e rispettabili della storia. Inoltre, in continuo dialogo con il testo vi sono illustrazioni, stampe e incisioni inedite che sono primi inter pares, scrive il curatore e traduttore Marco Di Serio, parte imprescindibile del copioso e inclassificabile lavoro di ricerca della studiosa.
La lettura incuriosita e a tratti divertita de Il potere del ciarlatano diviene illuminata quando ci si rende conto che De Francesco, seppur volendo rimanere ai margini del suo archetipo poiché «io dovevo rimanere in silenzio lasciando parlare l’argomento. Ho evitato il riferimento al presente, ho evitato qualsiasi parallelo “arguto”, mi sono messa in disparte per dare tutto lo spazio a una denuncia dirompente» (p. 19), involontariamente scatena un'inevitabile comparazione con la storia passata e presente, senza il benché minimo commento personale o riferimento palese, portando il lettore a una riflessione profonda.
Senza dubbio, durante gli anni del fascismo italiano e degli altri regimi autarchici era davvero impossibile non azzardare un parallelismo tra il ciarlatano e la malìa del potere, capaci di trascinare imponenti masse alle “migliorie” più impensabili.
E oggi? Cosa vedrebbero De Francesco e Thomas Mann? E cosa vediamo noi lettori e uditori dopo una scoperta così prodigiosa? E pensare che molti programmi televisivi da strapazzo si nutrono di ciarlatani da quartiere, da grandi piazze o tribune, provando a difendere le masse smarrite con un montaggio fatto ad arte. Per non parlare delle sfavillanti stelle delle piattaforme del giudizio, prima su tutte Google, dove si vince addirittura un badge se si riescono a rassicurare i più disorientati. Poi se si arriva pure a identificare il nuovo talento del momento nel limite di 75 battute per una recensione, allora si può affermare, quasi con vanto, di aver preso le distanze dal possibile inganno. Ma la verità è che l'era degli imbonitori e dei creduloni non è mai finita, e nemmeno l'era del passaparola hi-tech ci ha reso immuni.
Proprio in questi termini Grete De Francesco si convinse di aver tirato fuori dal cilindro l'archetipo di tutti i maghi Cipolla: il ciarlatano appartiene all'universo umano.
Pertanto, quei Cagliostro, John Taylor, e Bragadin, seppur sforniti di panche, sediole e buffoni, continuano a perpetrare, oggi e nei presenti che verranno, l’inconsistenza delle loro promesse con prestigioso fascino, giuocando con la speranza e la fiducia degli ingenui, dei deboli e dei sofferenti.
Per i più scettici, significativa è la definizione di Ambroce Bierce nel suo Dizionario del Diavolo (1907):
Ciarlatano (s.m.). Assassino sprovvisto di licenza di uccidere.
Olga Brandonisio
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