illustrazioni e testi di Ivan Canu
Centauria, 2021
pp. 128
€ 16,90 (cartaceo)
A volerla giudicare dal titolo e dal sottotitolo, e dunque dalla doppia evocazione patriottica ed esiodea, God save the Queen. Le opere e i giorni di Elisabetta II Windsor potrebbe sembrare una biografia tra le più impettite e dotte sulla sovrana per antonomasia del XX e XXI secolo. Poi basta fare caso all’identità dell’autore – un Ivan Canu in stato di grazia – per capire subito che i riferimenti all’inno nazionale britannico e all’antico poema greco non sono altro che la trasposizione in parole di ciò che questo illustratore, progettista e artefice di libri esprime ormai da diversi anni: un perfetto bilanciamento tra denotazione e connotazione, forme dirette e indirette, citazioni e rielaborazioni (senza dimenticare, last but not least, un più che sapiente dosaggio di umorismo e ironia). Così anche stavolta, per questo lavoro di cui firma la colonna testuale oltre a quella visiva, è sufficiente saggiare le premesse offerte dalla copertina per intuire che perfino alla narrazione di cotanta rispettabile regalità non verranno fatti particolari sconti d’immagine, e che il racconto dei migliori e dei peggiori anni dell’incredibile vita di Sua Maestà – 95 di anagrafe, 70 di regno – sarà condotto con rigorosissima e coloratissima verve.
Uscita alla fine del 2021 per Centauria, casa editrice che di Canu ha già in catalogo una triade di lavori di successo realizzati con Paolo Mieli e Francesco Cundari (La storia del Comunismo in 50 ritratti, L’Italia di Mussolini in 50 ritratti e Storia della Liberazione in 50 ritratti), anche quest’ultima pubblicazione propone un discorso squisitamente biografico. Ma mentre nei casi precedenti la scena era equamente occupata e condivisa da decine di personaggi, in questa occasione la personalità in esame è una e una soltanto. E d’altra parte non potrebbe essere che così, poiché ogni altra figura, anche la più prossima a Sua Altezza – sì, anche la frizzantissima sorella Margaret, anche il sempre amato consorte Filippo, anche la problematica prole, anche una certa Lady Diana, anche la new generation rappresentata dal vivace nipotame – deve sempre accontentarsi, al suo cospetto, di un più modesto ruolo di comparsa. Nei dieci capitoli in cui è organizzato il volume, difatti, Elisabetta risulta sempre la protagonista indiscussa, esaltata con molto brio fin dai rispettivi titoli delle varie sezioni, in cui l’autore adotta la stessa strategia allusiva e ammiccante del principale (e, come si scopre leggendo, anche di quelli prescelti per paragrafi, sottoparagrafi e contenuti “extra”). Basta scorrerli in velocità, dando un’occhiata all’Indice in stile punk da cui spunta la mezza sagoma di uno degli adorati cani corgi della regina, per capire che l’approccio sarà “scodinzolante” solo nel senso più giocoso del termine: Una povera bimba milionaria, Quando soffia il vento, I think I wanna marry you, Il mio, naturalmente, Heartbreak Hotel, Swinging crown, Anarchy in the jubilee, Ogni famiglia è infelice a modo suo, Regina dei mille anni, Queen as folk.
Ivan Canu procede con ordine, in senso cronologico, intervallando il susseguirsi dei decenni e degli eventi principali di cui la sovrana fu protagonista o testimone con specchietti e doppie pagine dedicate ad approfondimenti, curiosità e divagazioni: focus, questi, evidentemente assai sfiziosi, in cui le pause nel flusso discorsivo sono ricche, per esempio, di informazioni sul Royal Wedding (dall’abito ai preziosi, dai doni al menu ufficiale), sulle dimore reali (perché oltre a Buckingham Palace c’è ben di più, e la residenza londinese non è nemmeno tra le preferite della regina), su “riti, miti, gioie e gioielli della Corona britannica”, su viaggi e passioni animaliste (equestri e canine), sui rapporti con i quattordici primi ministri alternatisi nei decenni a capo del governo (da Winston Churchill a Boris Johnson). Non mancano, come è lecito aspettarsi, né la descrizione di quello che può definirsi “un giorno di ordinaria regalità” (con tanto di tabella oraria) né la disamina dell’iconico guardaroba di Elisabetta, che tra cappelli, abiti, scarpe, borse e accessori prevede un’organizzazione e un’archiviazione degne di un museo del costume. Ed è forse proprio in questi inserti, solo apparentemente di contorno rispetto al piatto forte della narrazione biografica tout court, che si coglie al meglio la cifra distintiva del lavoro: che è senza dubbio esito di studio rigoroso e documentazione puntuale, ma che intende consegnare tutto ciò al lettore con una formula accattivante ma non ammiccante, divertente senza essere buffa, e con un gusto del dettaglio addizionale e originale, privo di pedanterie fini a se stesse.
Lo stesso è valido, come sempre nel caso di Ivan Canu, anche per le illustrazioni e le soluzioni grafiche adottate, che nella consueta e felicissima declinazione di “realismo e remix”, celebrano la protagonista del libro in qualità di icona di se stessa in dialogo con altre icone o con altre immagini e atmosfere divenute tali. L’autore, che apre un ventaglio di riferimenti internazionali in cui spiccano gli omaggi anglosassoni – dalla pittura ufficiale di secoli addietro ai contemporanei Gilbert & George – propone la regina con tanti twist differenti a seconda degli scatti d’età, di “carriera” e, per così dire, di mood: una strategia davvero indovinata per un’altezza reale la cui immagine è da decenni il feticcio del merchandising più assortito, e che qui, invece che divenire uno di quei ninnoli e souvenir 3D all’equivoco crocevia tra il trash e il kitsch, si fa immagine tra le immagini, simbolo tra i simboli. Sempre riconoscibile eppure camaleontica, la regina di Ivan Canu conferma così la sua cifra distintiva più peculiare anche nella traduzione in immagini, vale a dire la capacità più unica che rara di restare sempre fedele a se stessa e nel contempo di adattarsi a un secolo di grandi e veloci cambiamenti come fu il Novecento (per non parlare del ventennio da poco scoccato).
Assoluta e relativa, immutabile e mimetica, è come se Elisabetta fosse capace di pronunciare un orgoglioso It’s me! in ogni foggia, veste e caricatura, passando con nonchalance da un videogame a un cartoon, da una carta da gioco (seme di cuori, ovviamente) a una paper doll in déshabillé, da una decorazione natalizia appesa all’albero e degna del più aggiornato presepe partenopeo a un disegno che ne mima il celebre saluto quasi fosse un marchingegno di memoria leonardesca. Eccola, e sempre equamente convincente, che dialoga con la dimensione fantastica del cinema nei panni di una Shirley Temple in tenuta da marinaretto, di una Mary Poppins trasportata dal vento (immancabile l’ombrello trasparente “ad alta visibilità e riconoscibilità”) o in quelli della sua omonima in Frankenstein Junior, mentre sulla chioma striata si staglia il rappel à l’ordre dei doveri dinastici (The Windsor demands a mate!); ma, all’occorrenza, eccola di nuovo alle prese con la realtà bellica e postbellica del suo tempo, pronta a indossare la divisa, tenere una chiave opportunamente inglese in una mano e mostrare indice e medio dell’altra in segno di vittoria sulla copertina di LIFE; ed eccola ancora mentre si sintonizza con il sound che le è di volta in volta contemporaneo, mentre sagoma e profilo si rifanno agli stili resi celebri dagli album epocali firmati, tra gli altri, da Beatles e Sex Pistols. Fino a consacrarsi, ormai in chiusura di libro, in un ritratto esplicitamente lichtensteiniano – e dunque più pop che mai – in cui l’inquadratura stringe fino al primissimo piano, confonde il retino tipico del pittore con i pori della pelle della sovrana (sì, li ha) e lascia lei e noi a interrogarci sulla domanda nel balloon, ambigua e sibillina eppure perfetta come didascalia sempiterna dell’effige di questa donna (quasi un truismo alla Barbara Kruger sui generis): Are you supposed to be looking as if you’re enjoying yourself? Lo sguardo vitreo e fuori campo suggerisce molte risposte, ma difficilmente ne avremo una da chi ha eletto a suo motto la massima disraeliana del “never complain, never explain”.
Libro di indubbio successo, di cui si è già detto e scritto molto (e molto bene), God save the Queen è dunque un vademecum perfetto per orientarsi nell’esistenza dolcemente (ma anche amaramente) complicata della regina Elisabetta II. Non la biografia definitiva su Sua Maestà, evidentemente, ma un ottimo libro “in più”, con un suo quid autoriale che lo distingue e lo fa apprezzare tra i tanti in circolazione e in cui piace riconoscere anche una prosa brillante, transitiva e tutt’altro che evenemenziale; l’abbondanza delle fonti, in ogni caso, è celebrata dallo stesso Canu, che indica tutte le principali (in italiano e non) tra libri, documentari, serie televisive, film e animazione. Chiunque abbia una passione per le vicende della casa reale britannica – l’unica, insieme con la monegasca, a destare ancora un qualche interesse fuor di patria – lo sfoglierà con piacere e divertimento, apprezzandone soprattutto il consueto gusto dell’illustratore per il mix & match di riferimenti tanto colti quanto popolari. Chi invece ha le idee piuttosto confuse sull’argomento potrà sfruttare queste pagine alla stregua di un efficacissimo Bignami: tempo qualche ora e nessuno dei principali eventi di questa vita lunghissima e ricchissima di alti e bassi sarà più un segreto in lingua straniera, per giunta “esotizzato” dalla recente Brexit. Complice la cifra tonda del Giubileo di Platino, proprio il 2022 è davvero l’anno giusto per dedicare un po’ di attenzione alla Queen più inossidabile e infrangibile di tutti i tempi: forse non vi scriverà una lettera di ringraziamento come è capitato allo stesso Canu, che ne ha ricevuto i complimenti ufficiali per il lavoro svolto, ma senza dubbio la cara Lilibet sarà idealmente lì con voi e con il vostro tè delle cinque a compiacersi di questa lettura in suo onore.
Cecilia Mariani