La fisica degli
abbracci
di Anna Vivarelli
uovonero, 2021
pp. 153
€ 14,00
Candidato tra i finalisti nella categoria Young Adult al Premio
Orbil 2022, assegnato da un gruppo di librerie indipendenti, questo breve
romanzo di Anna Vivarelli colpisce per la commistione
di ironia e delicatezza con cui affronta il tema della plusdotazione e della solitudine di chi ne fa esperienza.
Pubblicato dalle edizioni Uovonero con un carattere
ad alta leggibilità che lo rende più facilmente fruibile a tutti i lettori,
il testo narra la storia di Guglielmo Malvasi, detto Will, genio precoce e
infelice, che arrivato a quattordici anni, sette mesi e sette giorni decide di inscenare la propria morte. Supportato
dal premio Nobel Anatram Vikram, che ha creato una rete di sostegno per persone
come lui, dal quoziente intellettivo elevatissimo ma scarse attitudini sociali
e poca familiarità con le incombenze della vita quotidiana, Will cerca di
sfuggire alle maglie di un sistema di cui non sopporta più le pressioni e a una
famiglia anaffettiva che è “un manuale di
eccessi, egoismi e avidità” (p. 7). Dopo un po’ di tempo trascorso nella
comunità per menti geniali di Subha, la sua inquietudine ha nuovamente il
sopravvento:
Non aveva più voglia di convivere con cervelli come il suo, persone per niente rassicuranti. Invece di sentirsi più normale, si era specchiato nelle ossessioni degli altri, e questo gli aveva causato numerose crisi d’ansia. (p. 34)
Nel suo tentativo di iniziare una nuova vita, libera dai condizionamenti e
dalle aspettative altrui, il suo tener conto di tutte le variabili, associato
alla capacità di fare proiezioni circa il futuro, non lo tutela però dall’intervento del caso.
È così che il suo cammino incrocia quello di Dora, badante rumena
cinquantenne, grande appassionata di cucina etnica e di romanzi rosa, alle
prese con una anziana prepotente e la difficoltà a pagare le bollette. Dora ha
poco, ma è generosa e pragmatica. Accogliere Will, con tutte le sue
piccole manie e la sua incapacità di esternare sentimenti o di cogliere le
metafore nei discorsi altrui, è per lei
del tutto naturale. Per niente
intimidita dalla sua ritrosia o dalla sua intelligenza matematica, Dora lo vede per quello che è, un ragazzino
che avrebbe bisogno di storie e di maggior contatto umano. Eppure per lei, che
per Will è un po’ amica, un po’ madre e un po’ nessuna delle due cose, è
impossibile cogliere davvero cosa si nasconde nella mente del ragazzo prodigio:
Bisognava esserci nati, con quei cervelli che bruciavano le tappe a ritmi vertiginosi, lasciando indietro emozioni, infanzia, adolescenza e qualsiasi altro passaggio inutile per l’accesso ad accademie, università, istituti, dipartimenti. Quelle menti erano fenomeni rari nati perlopiù in famiglie normali, di cui inizialmente apparivano come fiori preziosi, ma che presto diventavano strane escrescenze. Dopo un po’ i punti di contatto si assottigliavano e i ragazzi si staccavano come corpi estranei. (p. 53)
Anna Vivarelli, con pochi tratti e
nessuna retorica, è abile nel descrivere l’isolamento, il senso di spaesamento e inadeguatezza di un ragazzo,
e di tanti come lui, spesso affetti da disturbi dello spettro autistico,
prigionieri di “quell’incantevole
alterità che se c’eri dentro non era incantevole per niente” (p. 54), poco
compresi da vicini e famigliari, in effetti quasi completamente soli. Quella narrata
dall’autrice avrebbe potuto essere soltanto una storia di amicizia, di incontri
salvifici e di percorsi di riscoperta di sé. Sarebbe stata, in quel caso,
semplicistica e forse melensa. È invece con una prosa asciutta, fitta di dialoghi battenti, che Vivarelli ci
mostra le difficoltà di questo percorso.
Perché per qualcuno non basta incontrare una persona speciale e accogliente per
sentirsi a casa. E a volte sono necessari il tempo, la pazienza, le esperienze
e le occasioni propizie, per potersi incontrare davvero.
Carolina Pernigo