A tentarmi, poi, ci si sono messe interpretazioni simboliche che ho provato a dare alla vicenda (ma non so se siano miei voli pindarici): dietro la violenza smodata degli uomini, la muta e rassegnata accettazione delle donne, l'astio dubbioso dei figli possiamo vedere una rappresentazione di quanto accade in molte case, dove la violenza domestica è quotidiana? Benché questa sia solo un'ipotesi, va anche detto che dietro Consolazione ci si mettono vicende umane che si intrecciano e poi si sospendono creando attesa nel lettore. Alla vicenda di Teresa, la futura sarachìa di Roccasa, si alternano capitoli dedicati a sua madre Nives, altri alla nonna Dolores e altri ancora alla sarachìa precedente, Ada, colei che ha assistito con i suoi occhi a ciò che è successo quando un terribile terremoto, il Brivido, ha fatto crollare la montagna e ha permesso a una creatura che vi era imprigionata di liberarsi. Il mostro è davvero presente o è un mostro che si è svegliato dentro gli uomini di Roccasa? E perché le sarachìe si recano segretamente, di notte, vicino a un enorme albero? Che cosa si cela sotto le sue grandi radici?
Il velo di nebbia in cui Michele Orti Manara lascia avvolto il suo lettore è a un certo punto squarciato da una rivelazione inquietante, ma bisogna aspettare oltre metà del romanzo per saperlo con certezza. Prima ci sono indizi, rituali pagani segreti e notturni che si alternano alle preoccupazioni del nuovo sacerdote del paese. Intanto scorrono scene domestiche che colgono ora la vita quotidiana ora le brutture e le angherie da parte dei mariti; le ferite - solo quelle inferte dagli uomini di casa - guariscono inspiegabilmente prima delle altre.
Come in Morsi di Peano, anche in Consolazione troviamo una dimensione onirica che è sospesa sul vuoto dell'incertezza e dell'inquietudine; il paese è isolato, e questo basta a strappare la narrazione realistica per cucirne una fantastica, che fa leva sull'antichissimo archetipo della maledizione per suscitare curiosità. Viceversa, lo stile svelto e perlopiù paratattico, segnato da frequenti dialoghi, è quello dei nostri tempi, in cui pare fondamentale riprodurre una scrittura quasi cinematografica per tenere ammaliato il lettore.
GMGhioni