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"Demoni urbani": quando i mostri sono tra noi e ci mostrano il loro vero volto e la nostra fragilità

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Demoni urbani



Demoni Urbani
I mostri sono tra noi
di Giuseppe Paternò Raddusa
Sperling & Kupfer, novembre 2021

pp. 224
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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Chi ha avuto la fortuna di ascoltare il podcast condotto da Francesco Migliaccio, non può lasciarsi sfuggire questi racconti, che ne sono il naturale proseguimento, dal titolo, appunto, Demoni Urbani, i mostri sono tra noi. 


Si tratta di un’antologia di storie (quasi tutte inedite agli ascoltatori del podcast), che racconta dei più efferati omicidi italiani, e in cui l’elemento che li accomuna è il fatto che i carnefici si nascondono accanto alle loro vittime, che siano amici, coniugi, genitori o figli, e in ogni caso una stretta cerchia di persone con cui si intrecciano relazioni di affetto e di fiducia, e che come dei demoni si impossessano delle loro ignare vittime fino a ucciderle.


C’è un ricco inventario di mogli assassine, dalla glamour Lady Gucci alla mantide Luisella Pullara; c’è il branco di minorenni che pianifica la morte di un’ignara coetanea o il marito anonimo che diventa pluriomicida per vendicarsi della moglie che lo ha lasciato, delitti di fresca memoria e di antica data, consumati tra le strade del Nord-est o all’ombra di aranceti bruciati dall'inesorabile sole del Sud, che non svela e non compatisce.


Lo stile dell’opera è accattivante, veloce e preciso, sgomenta e cattura con l'analisi acuta del dettaglio, con l’arguta ricerca del termine più aulico e la descrizione incatenata ad un vocabolario ricco e propenso ai  neologismi, come “skillatissime”, da skill, termine inglese che indica competenza acquisita (coniato in tal senso nel 1986), per estensione quindi "capacissime", o ancora il verso della più alta tradizione letteraria che si intreccia al refrain della canzonetta da show televisivo, ci sono gli altissimi e i bassi, i preziosismi e il gergo dei millennials, in un gustoso melting pòt che strizza l'occhio allo slang urbano, come del resto i crimini narrati passano dal registro alto della tragedia greca all'orrida parafrasi dello squallore urbano e del provincialismo da serie tv americana.

Il tentativo di ammazzarsi è un flop, occorre volgersi ad altro: Sonya non riesce a farsi fuori reperendo finalmente libertà. E la libertà, allora, deve trovarla sfruttandoli. Loro, gli altri. Finalmente riesce a capire quale utilità possano avere le altre persone, fino a quel momento skillatissime giusto nel farla sentire inadeguata, o una cogliona integrale, o entrambe le cose. (Nella mente di Sonya, p. 91)

Le vicende spaziano per latitudini e annate, dai lontani anni Trenta agli anni più recenti, e se i nomi ci sono noti per le cronache che li collegano ai più atroci fatti di sangue che più o meno tutti abbiamo sentito o seguito dalle pagine dei giornali o dalle telecronache più appassionate, i retroscena dal sapore narrativo ci restano profondamente impressi nella mente, vuoi perché il lettore resta sorpreso e quasi invitato e poi definitivamente catturato dalla maestria del tessuto narrativo, vuoi perché nelle vittime ci riconosciamo in maniera paurosa. 


Perché i mostri sono vicinissimi a noi, si potrebbe quasi pensare che in certe circostanze avremmo pensato come le stesse prede; animate dall'idea che non poteva certo succedere a noi, e solo per una fortuita circostanza non siamo davvero noi i protagonisti di questa antologia dal sapore hard-boiled e dai risvolti drammatici e reali. 


Il punto di vista dei carnefici è raccontato senza troppi moralismi e svelandone spesso le motivazioni aberranti o le più patetiche fisime, le visioni soggioganti di un egocentrismo becero e dannoso, che portano a vedersi vittime del sistema, incastrati dalla vita, o semplicemente scarti umani, travestiti da persecutori:

Che poi a rimetterci la pelle per via di un amorazzo da poche lire sia stata la povera Maria, per Mario Romano non è un problema. Così come non è un problema aver lasciato i suoi figli senza la madre e con un padre galletto al gabbio. (p. 141, Questo amore è una spider a gas)

C'è finalmente una prospettiva ribaltata in queste narrazioni, che ci piace moltissimo, il fatto che per una volta, non ci si interroghi su ciò che ha fatto la vittima per meritarsi una fine orribile, come lo sport nazionale di molta parte dei media mainstream ci ha portati ormai a fare, quasi inconsapevolmente, manipolando i punti di vista, soprattutto nei casi di femminicidio. Al contrario, sotto la lente del microscopio ci sono i carnefici, gli assassini, le assassine, i demoni, che hanno spesso del ridicolo nelle loro convinzioni e si indirizzano verso esiti tragici e orribili, quasi posseduti dalla volontà di esistere, annientando l'altro.


Di contro, morire di troppa ingenuità o di fiducia nel prossimo o nella vita è possibile, questo ci insegnano anche le storie di Demoni urbani, e dovremmo fermarci un attimo a riflettere, quante analogie con le persone che conosciamo o che incontriamo hanno, nella vita di ognuno di noi, le persone capaci di rivelarsi mostri.


Samantha Viva