Renegades. Born in the USA
di Barack Obama e Bruce Springsteen
Garzanti, ottobre 2021
Traduzione di Giuliana Mancuso e Paolo Lucca
pp. 320
€ 30,00 (cartaceo)
€ 19,99 (ebook)
“Ho scelto di fare il presidente solo perché non potevo essere Bruce Springsteen”. Una celeberrima frase che pronunciò Barack Obama qualche anno fa, che risuona nella memoria di molti. Ed è proprio così che si può riassumere l’amicizia e la stima che lega l’ex Presidente degli Stati Uniti a uno dei più importanti e profondi cantori dell’America buona, solidale, spinta oltre i suoi limiti e le sue contraddizioni per avvicinarsi il più possibile al tanto agognato american dream. Un’amicizia le cui origini affondano nel 2008, durante la campagna elettorale di Obama in corsa come Presidente.
Questo libro è la trasposizione scritta di un podcast che ci ha fatto compagnia e ci ha scaldato nelle ore buie della pandemia, composto da otto episodi usciti su Spotify tra febbraio e marzo 2021. Una chiacchierata densa, un confronto intimo tra Barack e Bruce, che tocca tutti i temi che fanno degli Stati Uniti la grande nazione che conosciamo, cui guardiamo con ammirazione, nonostante le infinite contraddizioni che compongono il puzzle dei suoi sei secoli di storia.
Il libro, diviso in capitoli, tocca moltissimi temi, diversi tra loro e quanto mai attuali, dalla questione razziale ai valori americani, dagli anni delle fabbriche e dei tumulti sociali fino all’invasione del capitalismo, che inizia a penetrare nelle case e nelle coscienze, fino allora tranquille, delle famiglie piccolo borghesi americane all’inizio degli anni ’80. Verrebbe da pensare come fanno, due personaggi così diversi, a dialogare in maniera così simbiotica. Ebbene, questo perché in realtà sono solo apparentemente diversi. Entrambi sono cresciuti in ambienti umili, Barack sicuramente con il peso in più di doversi confrontare tutti i giorni con un razzismo che non risparmiava, e non risparmia nemmeno oggi, nessuno. Nato e cresciuto alle Hawaii, si trasferì prima a Giacarta, in Indonesia, poi tornò a Honolulu e infine si spostò a New York. Bruce, anche lui cresciuto in un ambiente molto umile nello stato del New Jersey, ai limiti della povertà, mai avrebbe immaginato di diventare una delle rockstar più famose di tutti i tempi, così probabilmente come Barack non avrebbe mai immaginato di trasferirsi per otto anni nei 5100 m2 della Casa Bianca a capo di una nazione sconfinata.
Ciò che emerge dal libro è la loro profonda umanità, e soprattutto l’amore incondizionato per il loro Paese, che porta entrambi ad avere una visione limpida e trasparente di ciò che è ed è stata l’America. Una nitidezza di sguardo mai offuscata dall’amore, anzi è forse proprio quell’amore che fa vedere loro la realtà dei fatti e che li spinge a voler percorrere, giorno dopo giorno, la strada corretta per avvicinarsi al loro ideale. Un ideale che sembra utopico, ma che tiene vivo il profondo sentimento che nutrono nei confronti del loro Paese. E non si tratta di mero patriottismo, ma di prendersi cura. Solo che mentre Springsteen si è sempre preso cura della sua terra e dei suoi abitanti scrivendo meravigliosi testi e guidando per migliaia di miglia in groppa a una Pink Cadillac, Obama l’ha fatto, impegnandosi giorno dopo giorno, durante i due mandati come Presidente.
Ciò che più commuove leggendo le loro chiacchierate, con gli scambi di memorie, gioie, dolori, aspirazioni e rabbie, è proprio l’umanità. Percepiamo che sono persone normali, come noi, che vengono, per il ruolo che ricoprono, idealizzate e viste come supereroi (da chi condivide i loro valori, chiaramente). Sono semplicemente degli esseri umani che hanno fatto della loro vita una dedica all’umanità. Sembra una cosa così scontata per un essere umano essere umano – scusate il gioco di parole – ma proprio non è così, non di questi tempi.
Un esempio per riassumere: Obama si trova a Charleston, al funerale delle vittime di un’ennesima strage, in cui un uomo aveva da poco ucciso alcuni dei partecipanti a un corso di studio biblico. Chiaramente gli avevano chiesto di tenere un discorso, ma confessò di aver finito le parole, non sapeva come confortare le vittime, si era trovato già troppe volte a dover fare un discorso per ricordare le vittime di una strage. Ed ecco che fece la cosa più umana, che mai ci aspetteremmo da un Presidente: intonò Amazing grace, e il coro gospel alle sue spalle si unì a lui. La forza dell’unione che trionfa sul male e infonde speranza.
Oltre alla politica e alla storia americana, Bruce e Barack raccontano delle loro amicizie, delle loro famiglie, dei loro figli e delle donne, Patti e Michelle, che li hanno sempre supportati, guidandoli nei momenti bui e rimanendo un punto di riferimento fondamentale per non perdere mai di vista il giusto cammino da percorrere. Un amore che salva.
Potrei scrivere altre cento pagine su questo libro, ma credo che la cosa migliore sia solamente consigliarvi, dal profondo del cuore, di leggerlo. Ammetto di essere un po’ di parte, ma ve lo consiglierei anche se non lo fossi. Ascolto Bruce Springsteen da tantissimi anni, sono cresciuta con le sue canzoni, a volte sorridendo alla vita, altre affranta da dolori che sono fiera di essere riuscita a superare, anche grazie al Boss. L’ho visto allo stadio di San Siro due volte (3 giugno 2013 e 3 luglio 2016) e custodisco gelosamente le sensazioni e la meraviglia che quei due concerti hanno scatenato in me.
Con Renegades. Born in the USA, tradotto magnificamente in italiano, scoprirete, o conoscerete meglio, due figure che raccontano se stesse e il Paese in cui hanno vissuto e vivono tuttora, facendoci conoscere angoli nascosti delle loro vite pubbliche e private. Ad accompagnarci l’eco delle loro voci, fotografie storiche meravigliose, l’America che dobbiamo conoscere, e quella che vorremmo finalmente vedere per il futuro.
Lidia Tecchiati