Cosa c'è di vero in un mito? Gli eventi si possono spiegare con la razionalità o con il sovrannaturale? "Pandora" di Susan Stokes-Chapman

Pandora Susan Stokes-Chapman
Pandora
di Susan Stokes-Chapman
Neri Pozza, gennaio 2022
 
Traduzione di Massimo Ortelio
 
pp. 352
€ 19,00 (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)
 
Ai tempi di suo padre, invece, gli affari andavano a gonfie vele. Dora era una bambina, allora, ma ricorda la bella gente che frequentava l'emporio, gli aristocratici che venivano a frotte in Lundgate Street in cerca di qualche oggetto che rammentasse loro le meraviglie del Grand Tour, i mercanti di successo che si contendevano i pezzi di valore per dare lustro ai loro negozi. E c'erano sempre collezionisti disposti a finanziare le campagne di scavo di Elijah e Helen Blake nel Mediterraneo. (p. 20)
I tempi però sono cambiati. I genitori di Pandora sono morti, travolti dal crollo di uno scavo archeologico in Grecia, la bottega è andata a suo zio Hezekiah che è diventato il suo tutore e non fa nulla per mantenere dignitosa l'attività: si limita a contraffare della chincaglieria imbrogliando i clienti meno attenti. Pandora sogna solo di diventare un'artista orafa e di poter abbandonare quello squallore e guadagnarsi la sua libertà anche se il tarlo di come lo zio possa permettersi certi lussi in fatto di vestiti e accessori le corroda un angolo della mente. 
Hezekiah riceve un giorno una cassa misteriosa recuperata dalle profondità del mare, un carico che i marinai che l'hanno recuperato urlano essere maledetto. Una bottega di antichità, un carico misterioso proveniente dal mare, un fortuito – ma sarà davvero così? – incontro con un giovane che vuole entrare nella Società degli Antiquari e cerca un soggetto di studio e l'improvviso nervosismo della gazza di Pandora, Hermes, sono i perfetti ingredienti per un mistery di fanta-archeologia. 
Sarà davvero così. O forse no.
«Mia madre» dice, «credeva che Pandora fosse esistita davvero. Non la donna del mito, naturalmente. Ricordo che diceva, come avete detto anche voi poco fa, Lady Hamilton, che alla base di ogni storia, di ogni favola, c'è sempre qualcosa di vero. Mia madre pensava che nell'antica Grecia potesse essere vissuta una donna che portava quel nome, una donna di grande bellezza, probabilmente un'aristocratica, e che il vaso fosse stato creato in suo onore. O che fosse una donna particolarmente depravata, visto che le venivano attribuite tutte le colpe del mondo. (p. 270)
L'archeologia, il mito classico, il recupero delle radici nazionali che tanta parte giocarono nell'epoca Romantica finiscono per intridersi, in campo narrativo, di mistero e sovrannaturale. Anche figure e prodotti ben recenti mitizzano la figura dell'archeologo, a metà tra il cercatore di tesori, lo scienziato e l'avventuriero e sempre pronto a muoversi con tranquillità sul filo dell'irrazionale. Se oggi il lavoro archeologico è un'attività controllata, precisa nel suo rigore scientifico e con molte più carte e dettagli tecnici da considerare di quanto non si pensi dall'esterno, era nell'Ottocento molto più disinvolta. Le campagne di Giovanni Battista Belzoni, per fare un esempio su tutti, non avevano una particolare attenzione per il contesto stratigrafico, il colore delle terre, ma erano finalizzate al riportare in patria begli oggetti; si ricercava il manufatto scenografico, possibilmente intero e integro per la raffinata clientela. 
La famiglia Blake protagonista di Pandora, romanzo d'esordio di Susan Stoken-Chapman, e la loro attività commerciale si inseriscono molto bene nel contesto. Antiquari che riempivano il loro emporio con scavi in giro per il Mediterraneo. 
Ci sono manufatti che da sempre accendono la fantasia di profani e professionisti: l'Arca dell'Allenza, il calice del Sacro Graal, Atlantide hanno anche alimentato la follia di movimenti politici nel corso dei secoli. Il nome di Pandora non può non associarsi a quello che, per una possibile svista di traduzione di Erasmo da Rotterdam, venne definito "scrigno" per poi diventare quello che conosciamo tutti come vaso contenente i mali del mondo con in fondo il debole afflato della speranza.
Quanto c'è di vero in un mito, quali sono le radici che danno linfa alle leggende? Sono queste le domande su cui si bilancia tutto il romanzo. Tutte le situazioni narrative di Pandora hanno una doppia lettura. Le ferite riportate dai marinai che hanno recuperato la cassa misteriosa possono essere dovute a una maledizione, certo, ma anche a banali infezioni che in un'epoca poco igienica come quella georgiana e in una città in larga parte sudicia come Londra non erano così infrequenti. Il fatto che buona parte degli invitati a un ricevimento si senta male può essere una fattura, ovvio, ma può anche essere dovuta alle scimmiette prese per fare colore e che si sono dissetate nella caraffa del punch. L'incontro tra Pandora ed Edward, il giovane dal passato tormentato che desidera diventare antiquario, è favorito dal suggerimento di un vecchio dai penetranti occhi azzurri. Forse non c'è nessun mistero ed è solo l'incidente scatenante della vicenda in cui la casualità è ammessa; o forse è un deus ex machina nell'originale senso del termine. 
Tutto il romanzo si gioca su questo sottile equilibrio, a volte sbilanciandosi con l'inserimento di alcuni brevi capitoli in cui il sovrannaturale sembra prendere il sopravvento, lasciando il lettore libero di propendere per quale delle spiegazioni meglio si adatta al suo sentire. Le ricerche di Pandora ed Edward proseguiranno poi sui binari richiesti da un mistery di questo genere: cosa sia il carico maledetto, la morte dei genitori di Pandora, le attività di Hezekiah. Dal punto di vista stilistico, interessante la difficile scelta di scrivere tutta la narrazione al presente, anziché al classico passato remoto, ma la riuscita è molto buona.
Quella sera a cena, Hezekiah sfoggia i nuovi gemelli, identici a quelli del signor Lawrence, a eccezione delle gemme, zaffiri invece che smeraldi. Ma Dora si appresta a tendere la sua trappola che richiede solo del gin e due persone inclini ad alzare il gomito. 
Suo zio non ha più menzionato la misteriosa cassa nascosta nello scantinato, e ultimamente pare quasi che voglia rabbonirla con goffi complimenti che servono solo a irritarla di più. (p. 85) 
Molti sono poi gli elementi inseriti nel romanzo in cui traspare forse uno sguardo più contemporaneo – come lo shock per le maniere violente di Hezekiah nei confronti delle donne, atteggiamento che non doveva essere così condannato a quel livello sociale e in quell'epoca – e in alcuni casi si ha la percezione di una semplificazione eccessiva nella risoluzione dei problemi – come l'intervento di Lady Latimer nei confronti di Pandora. Ci sono alcune imprecisioni metodologiche dal punto di vista dell'archeologia – dichiarate anche dall'autrice nella nota a fondo volume – dettate da necessità narrative e dal mantenere l'equilibrio tra il reale e il sovrannaturale, ma Pandora si rivela un romanzo intrigante, con un'ambientazione molto sensoriale soprattutto a livello olfattivo, con una protagonista verosimile e realistica e un'atmosfera che rimanda al mondo greco in ogni suo passo. Non perdete d'occhio Hermes, la gazza, perché sarà la chiave di tutto il mistero. O forse no: forse sarà solo una concatenazione di eventi razionali e spiegabili. A voi la scelta.

Giulia Pretta