Biancaneve
di Jacob e Wilhelm Grimm
Illustrato da Benjamin Lacombe
L'Ippocampo, marzo 2022
Traduzione di Silvia Bret
pp. 54
€ 18 (cartaceo)
Potessi avere una bambina dalla pelle bianca come la neve, dalle labbra rosse come il sangue e dai capelli neri come l'ebano! (p. 9)
L’immaginazione, il tratto ben riconoscibile di Benjamin Lacombe e una delle fiabe più celebri dei fratelli Grimm, Biancaneve: un connubio ideale, che dimostra ancora una volta – se ce ne fosse bisogno – il talento di questo giovane illustratore francese, le cui opere negli anni sono state esposte in importanti gallerie di tutto il mondo. L’Ippocampo riporta in libreria questo volume nella nuova traduzione di Silvia Bre, che si colloca perfettamente tra i numerosi testi dell’autore francese in catalogo per questa casa editrice, da sempre attenta a realizzare oggetti editoriali di pregio, in cui testi e immagini si intrecciano alla perfezione.
Lacombe, come sanno bene i suoi lettori, non è nuovo al mondo della fiaba e dei classici, cui si è dedicato numerose volte parallelamente alle eccellenti incursioni nella cultura nipponica: ciò che più di ogni cosa colpisce di ogni suo lavoro è l’assoluta dedizione con cui si immerge in una storia, le ricerche approfondite, quasi filologiche, le letture, lo studio, le prove, tanto del testo quanto dell’autore e del mondo entro cui quelle stesse storie sono calate. Un’immersione totale, per poter restituire al lettore un universo creativo in equilibrio fra aderenza all’idea originale e creatività delle sue illustrazioni. Anche in Biancaneve il testo originale è il fulcro intorno a cui Lacombe ha fatto dipanare i suoi disegni, creato il proprio mondo; non la favola disneiana ma un testo più complesso, stratificato, qui ridotto all’essenziale ma ugualmente potente, grazie anche alla forza delle illustrazioni.
Illustrazioni, quindi, che evocano le atmosfere di una fiaba dai contorni oscuri: prediligono i toni cupi, quelli stessi in cui il colore – rosso – più acceso e la luce possono meglio risaltare sulla pagina, in un contrasto ancor più forte ed efficace; illustrazioni alternate a tavole fatte di soli grigi e bianchi, con il tratto a matita ben riconoscibile. Se i ritratti sono da sempre la cifra più caratteristica di Lacombe, non mancano anche in questo caso gli elementi che più li rendono riconoscibili, ispirati da quei modelli che lo hanno formato in gioventù, i manga e i cartoni Disney: sono volti molto ben delineati – sia quando si tratta di esseri umani che di animali – dagli occhi e le teste grandi, che pur nella rottura delle proporzioni mostrano una straordinaria armonia. Volti, quindi, resi particolarmente espressivi proprio dagli occhi, dentro cui leggere il personaggio: il dolore della regina che prega le venga data una figlia, la bellissima bambina malinconica, il terrore di quando si trova minacciata dalla matrigna-strega, perduta nel bosco, la bellezza immutabile nella morte, la confusione del risveglio.
Qui, nell’espressività dei personaggi, nelle atmosfere oscure, nella narrazione che fonde immagini e parole, rivive una storia come si diceva ben più stratificata e densa di spunti di quanto forse ricordavamo dalla versione disneiana, di cui Lacombe coglie molti degli aspetti più interessanti, a partire dal discorso sulla vecchiaia, il conflitto generazionale, le difficoltà del diventare adulti, la dualità della bellezza e il suo inevitabile sfiorire.
Specchio, mio specchio, mandami un segno, chi è la più bella del regno?Madama la regina la più bella non sei tu. Biancaneve è bella mille volte ancor di più. (p. 12)
Ogni cosa è contenuta nella favole dei Grimm e la fantasia di Lacombe la riporta con forza sulla pagina, mostrandoci infine parte del processo creativo, con un’interessante album di schizzi preparatori e versioni diverse delle tavole poi selezionate.
Un volume di pregio ancora una volta, la conferma di quanto certe storie siano più adatte a una lettura adulta, consapevole e, me lo si conceda, di come talvolta siano proprio testi in apparenza semplici a rivelarsi capaci di spingerci verso riflessioni profonde. Proprio Biancaneve, con il mito-maledizione della bellezza e della gioventù, mi pare una favola particolarmente adatta a raccontare il mondo di oggi e una delle sue più pericolose ossessioni.
Per molto, molto tempo Biancaneve rimase là, nella sua bara di cristallo, senza mai cambiare. Il tempo continuava a passare, e lei era sempre bianca come la neve, rossa come il sangue, con i capelli neri come l'ebano lucidato. (p. 43)
E in quella malinconia del volto di Biancaneve leggo la consapevolezza di un dono destinato a perire, di una diversità che l’ha messa in pericolo. Forse è proprio ora che dovremmo rileggere certe storie.
Debora Lambruschini
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