Pasolini
di Davide
Toffolo
Rizzoli
Lizard, 2022
p. 140
€ 17.00
(cartaceo)
€ 7.99 (ebook)
Pasolini, graphic novel di Davide Toffolo recentemente
riedito da Rizzoli Lizard, è un’opera
stratificata e complessa. Non c’è in essa la linearità della biografia, né ricerca
di rigore nella disposizione cronologica degli eventi. Non ha alcun intento didascalico, rovescia anzi qualsiasi tentativo
di ricostruire un ritratto compiuto del personaggio che vuole omaggiare. Chi la
affronti senza avere almeno una minima conoscenza dell’intellettuale Pasolini
si troverà molto spaesato, e probabilmente non riuscirà neanche procedendo con
la lettura a venirne del tutto a capo.
Al centro della trama c’è l’incontro con un misterioso figurante,
“opera d’arte vivente” o semplice
mitomane, che si muove veste parla come
Pasolini, e dice di chiamarsi Pasolini, e racconta la vita di Pasolini come
se fosse la propria, con la stessa
urgenza, la stessa impronta filosofica.
In lui si incontrano l’impegno civile e il gusto assoluto per la
parola, l’espressione poetica ed esistenziale in senso lato. Emerge
chiaramente il disprezzo per una vita
piccolo borghese che tutto vorrebbe incasellare, catalogare, e a cui lui
apparterrebbe per nascita, ma non per sentire. Da qui il rapporto conflittuale
con le proprie origini e in particolare con la figura del padre, percepito sempre
come lontano e irriducibile, scintilla di un processo di differenziazione che
l’ha portato a intraprendere vie opposte a quelle desiderate dal genitore.
L’ostilità per questa
borghesia sempre più ipocrita e dominante, più volte ribadita, va di pari passo
con la feroce condanna del consumismo
che tutto appiattisce, che è riuscito in quell’opera di livellamento in cui il
fascismo ha finito per fallire e che invece si concretizza nell’alienazione del
presente. A pagarne il prezzo sono i
giovani, sempre più snaturati, ridotti a maschere mostruose di cui restano
prigionieri, incapaci di progredire, di emanciparsi e superare chi li ha
preceduti.
Il tentativo di Davide di fare ordine tra i pensieri del signor
Pasolini coincide con il nostro, ed è proprio il suo sforzo che ci aiuta a
mettere insieme i tasselli di un mosaico la cui trama figurativa si fa tanto
più nitida quanto più rivela la propria natura poliedrica, ibrida. La figura di
Pasolini evocata da Toffolo riesce a muoversi in equilibrio tra l’intensità drammatica e l’acume critico.
“Non produco soluzioni, metto a nudo la difficoltà, la complessità. La mia è una disperata vitalità” (p. 21)
Si avverte in lui il rifiuto di
conformarsi all’immagine, o alle etichette, imposte forzosamente
dall’esterno. Di questo è simbolo il coccodrillo parlante, che in un’Africa
suggestiva e atavica (tanto amata da Pasolini quanto le borgate del
sottoproletariato romano rappresentate in Ragazzi
di vita e Una vita violenta)
porta con sé un messaggio troppo nuovo,
che le tribù locali non possono comprendere, ed è pertanto destinato all’eliminazione. Solo a posteriori chi resta si chiede
perché ha ucciso il poeta, perché ha ucciso il profeta (“Era un poeta e
raccontava la vita sua e anche la nostra, ma era troppo diverso e la paura ci
ha armato la mano”, p. 129).
Il passaggio dello scrittore
dalla letteratura al cinema, su cui si focalizza a più riprese l’attenzione,
non è visto solo come un cambiamento di tecnica espressiva o di linguaggio, ma
come un modo per aderire di più alla
realtà, un ricongiungersi con una modalità rappresentativa che sia più
conforme a questo obiettivo di quanto potessero esserlo le parole. Forse per
questo il Pasolini di Toffolo insiste per essere ripreso mentre si racconta,
mentre mette in scena se stesso.
Impossibile da ingabbiare o
limitare, la complessità del personaggio rappresentato costringe l’autore a una
maggiore libertà nella gestione dello
spazio della pagina, che a volte deve essere letta verticalmente, altre in
orizzontale. Quello che propone Toffolo è un
itinerario attraverso i luoghi pasoliniani, e attraverso le sue opere più
importanti, i pensieri più significativi, espressi attraverso le parole del
Signor Pasolini, sia egli fantasma o impostore. Ne deriva un’opera
profondamente poetica, perché la realtà stessa lo è, con la sua dimensione di indecifrabilità. Con il progredire
delle pagine, aumenta anche la cifra di visionarietà,
mentre nella dimensione onirica avviene una sorta di metaformosi, che è anche
passaggio di consegne, tra il maestro e il suo epigono. Uno dei leitmotiv del
testo, tratto da Uccellacci e uccellini,
è infatti proprio il lascito del corvo:
I maestri sono fatti per essere mangiati in salsa piccante. Devono essere mangiati e superati, ma se il loro insegnamento ha un valore ci resterà dentro. (p. 118)
Toffolo, tanto ispirato da Pasolini da avere il coraggio non scontato di
affrontarne di petto l’opera, di mettere al suo servizio la propria arte,
accoglie tale messaggio con il suo valore di predestinazione e condanna, e rischia di sprofondare a sua volta.
La salvezza si nasconde fuori da sé, nella natura (dove resta incontaminata),
nelle lucciole che tornano a farci sentire di nuovo vivi, nella poesia che non
può essere ridotta a merce ed è forse l’unico prodotto umano che si salva dal
consumo, che resiste allo scorrere del tempo.
Pubblicato vent’anni fa e
tornato alla ribalta in occasione del centenario dalla nascita di Pier Paolo
Pasolini, il graphic novel di Toffolo
rifugge a ogni definizione,
soprattutto a quella, tanto di moda oggi, della biografia a fumetti. Quella che
viene creata è un’opera filosofica e in parte simbolica, che non rinuncia però
a quell’aggancio con la realtà così fondamentale per Pasolini stesso. Nel farlo
rivivere nel presente, l’autore sceglie di mostrare la sopravvivenza urticante del suo pensiero, scomodo e necessario
allora come lo è oggi.
Carolina Pernigo
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