«Ecco cosa mi piace di te [...], consideri i problemi da prospettive diverse da quelle che ci si aspetterebbe da un avvocato. Sei... sbilenco. Poco tecnico. Sai cosa? Non sembri neanche un avvocato!» (p. 32)
I lettori della saga, giunti al sesto libro, sanno che l'avvocato Vincenzo Malinconico ci piace proprio per questo, e per quelle sue intuizioni che, con ironia e satira, sanno cogliere le contraddizioni del quotidiano. Eppure, la citazione in apertura non viene da un lettore appassionato, ma da un'aspirante cliente di Malinconico, la controversa e a tratti assurda Maria Egizia, detta "Ega", una conoscente (chiamarla "amica", anche alla luce del romanzo, risulta proprio impossibile) di Veronica, la compagna dell'avvocato.
Se fin da subito lei e Vincenzo non risultano compatibili, di più ampie vedute è Benny Lacalamita, il capo e collega di Malinconico, proprietario dello studio dove lavorano i due. Ad attirarlo, più che la causa strampalata, è l'aspetto di Ega, senz'altro avvenente. Ma veniamo al caso: la donna, coinvolta da sette anni in una relazione che la fa soffrire, desidera sporgere denuncia contro il suo amante. Incostante, egoista, imprevedibile, quell'uomo ha in mano la vita di Ega, o perlomeno la sua felicità. Ecco che quando l'avvocato Malinconico, dopo aver superato i suoi già provati limiti di sopportazione, commenta sarcasticamente: «se si potesse intentare una causa per infelicità allora sì che un avvocato ti sarebbe utile» (p. 36), l'altra si illumina. Le è infatti venuta l'idea di organizzare una class action! Se la causa non sussiste, almeno punta a ottenere un po' di risonanza mediatica per portare una forma di giustizia alternativa.
Accanto a questa causa, strampalata e divertentissima, Vincenzo Malinconico ha però ben altre preoccupazioni: sta ricevendo delle minacce - di cui non riesce a stimare la pericolosità - da un violentatore che ha fatto accusare e gli avvertimenti arrivano puntualmente. In più, sta per diventare nonno, e guarda alla gravidanza di sua figlia Alagia da lontano, con un po' di apprensione, contrastata dalla sua incontenibile vis ironica. Lo sappiamo tutti che Malinconico ha un soprannome per tutti e una battuta al veleno pronta nella manica; lo sa meno bene il marito di sua figlia, che si chiama Mattia, ma è chiamato da lui "Heidegger" e qualche volta si risente suo figlio Alfredo, alle prese con un cortometraggio di dubbio gusto, ma tutti se ne faranno una ragione.
Tra colpi di scena intervallati da dissertazioni sul cinema e sulla musica, Malinconico si distingue sempre per le sue battute di dialogo al vetriolo, che non risparmia neanche alla dottoressa Emma Santacolomba, il sostituto procuratore che, sotto scorta, ha però il desiderio di tornare ad avere una vita sentimentale e si avvale dei consigli di Malinconico. Insomma, l'avrete capito se avete letto fin qui: in questo Sono felice, dove ho sbagliato? l'amore imperversa, ma non con le sue normali declinazioni. Al contrario, è spesso fonte di battibecchi pretestuosi, recriminazioni, offese e musi lunghi; perfino di class action assurde. Ma dove ci porterà De Silva? Senza mai mordere il freno e rallentare con l'ironia, l'autore ci porta a un esito che, vuoi per contrasto con il resto del romanzo, ci strapperà persino un po' di commozione.
GMGhioni