Le stelle mobili del sottosuolo
di Enrico Prevedello
Neo, 2022
pp. 196
€ 15 (cartaceo)
«Non esiste più l’Africa. Non ci sono più i paesi. I confini sono dove puoi arrivare, dove puoi toccare. Il tuo confine è la casa dove sei, io invece sto in questa parte, fin dove arrivo.» (p. 62)
Di recente mi è capitato di leggere un romanzo in cui, in un mondo altrimenti dominato dalle leggi della fisica classiche, capita un evento straordinario che rimette in gioco tutte le certezze dei protagonisti e dà il la al cambiamento. Parlo di Padri di Giorgia Tribuiani, che inizia con la resurrezione del padre del protagonista. La forza dell’incipit di quel libro consiste nel fatto che l’evento straordinario non trovi spiegazione: dopo qualche momento di smarrimento, i personaggi si ritrovano a fare i conti con uno status quo alterato, una nuova normalità.
Altresì, nel romanzo d’esordio di
Prevedello, la normalità viene stravolta da un evento fino a quel momento
ritenuto impossibile e che per tutto il tempo nessuno riesce a spiegare, fino a che una spiegazione diviene superflua davanti alla realtà dei fatti. Ma, a differenza del libro di Tribuiani, qui l’evento non
ha una portata psicologica bensì sociologica. L’inversione di gravità che
colpisce il pianeta, infatti, coinvolge tutta la specie umana e scatena come
prevedibile un’alterazione globale delle dinamiche
sociali… oltre a un’estinzione di massa con cui i personaggi devono fare i
conti.
Assistiamo dunque ai primi momenti del
nuovo ordine mondiale, a quell’indomani immediato che spesso nei film
post-apocalittici non viene mostrato se non come mero richiamo in un flashback.
Antonio, il protagonista, si ritrova a fare i conti con la propria
sopravvivenza in un ambiente che di familiare non ha più nulla, e non solo perché
le persone intorno a lui sono morte bensì perché ogni passo falso può
comportare la fine. Come si può pensare di prosperare in un mondo in cui il
cielo si trova sotto di noi, in cui è impossibile camminare o far crescere degli alberi?
Il tema post-apocalittico non è il solo del romanzo. Accanto all’inversione di gravità che, come s’è detto,
ha connotati sociologici, troviamo infatti l’inquietudine di vivere di Antonio,
che già prima che tutto cambiasse era ancorato al dolore causato dalla perdita
della compagna suicida. A nulla è servita la psicoterapia, a nulla è servito
fingere di andare avanti. Paradossalmente, proprio nel nuovo ordine mondiale,
proprio nella catastrofe dell’umanità, c’è la possibilità per Antonio di
cambiare prospettiva sul passato e sul futuro.
C'è da dire che Prevedello gioca
con il lettore calcando la mano per la quasi interezza del romanzo sugli
effetti dell’inversione di gravità, sui metodi che Antonio e gli altri superstiti trovano per sopravvivere. Dietro questa narrazione si cela però l’enorme
metafora che riguarda appunto il cambio di prospettiva. Che si viva in un pianeta
normale o in uno che ha subito l’apocalisse, per poter muovere i primi passi e
allontanarsi dai fantasmi del passato è necessario un cambio di prospettiva,
che certo può risultare più immediato se tutto il mondo è capovolto. Osservare
le cose al contrario, sembra dirci Prevedello, può aiutare a cambiare punto di
vista e, di conseguenza, a muoversi verso altre direzioni. Viene quasi da
citare Kant quando nella Critica della ragion pratica afferma che «Due
cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente,
quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo
stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me». Laddove il cielo si può solo
provare a conoscerlo osservando il mondo intorno a noi, e magari bearsi di
quella meraviglia, la legge morale risiede sempre dentro di noi e si sviluppa nel
rapporto con l’altro. Come sempre, allora, anche davanti alla fine del mondo,
sta a noi scegliere che strada seguire e come comportarci nei confronti del
prossimo.
Prevedello ha scritto un libro curioso e
intrigante del cui mondo, ammetto, avrei voluto conoscere di più. Proseguendo
nella lettura si comprende come l’aspetto apocalittico sia meno rilevante di
quel che sembra, eppure il fascino che l’inversione di gravità sa emanare rischia
quasi di scalzare il resto della narrazione. Ma volerne sapere di più di una
storia è spesso un ottimo segno.
David Valentini
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