"Bruceranno come ortiche secche": l'Omocausto nazista nel racconto di Helga Schneider


 

Bruceranno come ortiche secche. Relazioni pericolose ai tempi di Adolf
di Helga Schneider
Oligo, 2021

pp. 266
€ 16,90

 
Berlino, 1933. Hitler è appena stato nominato cancelliere e per le strade si avverte, sempre meno strisciante, il serpeggiare e il radicarsi della nuova ideologia nazionalsocialista. Sono sempre di più le braccia sollevate nel saluto ufficiale, sempre di più gli slogan proclamati a gran voce, e vengono introdotte le prime limitazioni nell’ottica di una restaurazione morale che, secondo le forze al potere, dovrebbe compensare il periodo di dissolutezza e rilassamento dei costumi della Repubblica di Weimar. Tra i principali obiettivi, i rapporti famigliari, il consumo di pornografia, e l’omosessualità (soprattutto maschile), peraltro già condannata da una legge del Codice Penale in vigore dal 1871 e che durerà fino al 1994. Il titolo del libro deriva proprio da una agghiacciante citazione da Heinrich Himmler, che descrive la posizione del Reich nei confronti degli omosessuali:
Bisognava scartarli, allo stesso modo in cui noi estirpiamo le ortiche e le ammucchiamo tutte insieme per bruciarle.
In questa situazione Helga Schneider colloca la storia di Julian e Nesti, giovani artisti innamorati in una città che si inizia ad avvertire ostile e claustrofobica, in cui è difficile passare inosservati in mezzo all’invasamento crescente dei cittadini e alle divise austere delle SS.
Mentre coltivano di nascosto il loro sentimento, i due ragazzi sono costretti a fare i conti con il contesto in cui si muovono e con i compromessi a cui li costringe: Julian, che frequenta ancora l’Accademia e vive solo con il padre avvocato, scopre con orrore che quest’ultimo è impegnato attivamente nelle indagini sui “deviati”, verso i quali nutre il massimo, ostentato disprezzo. Nesti invece sta con una madre fondamentalista del nuovo regime, che ha fondato un comitato per l’identificazione degli omosessuali nella Gioventù hitleriana, ma che grazie alla sua posizione può offrire al figlio, idealizzato e quasi idolatrato (“un ragazzo bellissimo, alto e biondo, un vero maschio dalla testa ai piedi”, p. 232) ottime opportunità di carriera. Le situazioni famigliari dei due, in parte simili, mettono in crisi una relazione prima fondata sulla complicità e la condivisione di spazi e interessi. È Julian soprattutto, su cui si indugia la focalizzazione interna, a soffrirne maggiormente: più giovane e ancora dipendente da un genitore rigido e anaffettivo, pronto a proiettare su di lui le proprie aspettative, oscilla tra vergogna e sensi di colpa e vane istanze di ribellione. Da un lato infatti, essendo rimasto orfano di una madre amatissima, vorrebbe l’approvazione del padre, dall’altro “sentiva, con una sorta di impotente disperazione, l’abissale estraneità tra lui e il genitore, come se a un tratto fosse diventato improbabile che lui potesse esserne il figlio biologico” (p. 81).
È proprio nel momento in cui però la rete si stringe intorno ai due ragazzi, sorpresi e arrestati in un locale clandestino, che la differenza tra le rispettive situazioni famigliari si rivela. Infatti, e questo è forse l’aspetto più interessante del volume, quella raccontata da Schneider non è tanto la storia di un amore osteggiato, quanto un romanzo di formazione in un ambiente ostile, che si sofferma in particolare su un difficile rapporto padre-figlio. Quando scopre della cattura del ragazzo, detenuto nella terribile Columbia-Haus, luogo di segregazione e violenza da cui pare quasi impossibile uscire, l’avvocato Kaufmann si trova a dover affrontare un dilemma morale. Con sorpresa, però, Schneider ci fa vedere un lato inaspettato dell’uomo: in opposizione all’integrità assolutista e inamovibile della madre di Nesti, lui sceglie di seguire le ragioni del cuore rispetto a quelle della legge. Il ragazzo alto e goffo che ama, nella sua diversità, diventa nuova unità di misura del mondo e gli fa percepire come straniante l’identità perfetta e conforme di tutti gli altri:
Kauffman osservò furtivamente i presenti, cercando di indovinare chi fosse la persona che aveva pedinato suo figlio, ma non c’era nulla in quegli uomini che avrebbe potuto suggerirgli una minima indicazione. Nell’atmosfera uggiosa, i quattro erano assolutamente uguali. Come del resto erano uguali le donne, le compagne e complici di Lisa. (p. 248)
Questo gli consente dunque di fare la scelta che cambia il passo alla narrazione, e impartisce una importante svolta alla trama. Con la prosa chiara e asciutta e lo stile lineare che le sono consueti, Schneider tratteggia una storia commovente e a lieto fine, che fa risaltare però in antitesi tutte quelle che non lo hanno avuto, in una Germania che via via sta “scivolando verso una palude disumanizzante e pericolosa” (p. 94).
 
Carolina Pernigo