di Edward Powys Mathers - Torquemada
Prefazione di Stefano Bartezzaghi
Traduzione di The Crime Badger
Mondadori, marzo 2022
pp. 228
€ 18,00 (cartaceo)
Su Amazon è al primo posto dei venduti nella categoria Mistero e Giochi e Quiz ed è al quarto posto nella Narrativa di genere e a ordinarlo ci possono volere dieci giorni per riceverlo. Le scorte nelle librerie incominciano a scarseggiare. Un risultato straordinario per un testo che è uscito nel 1934 e che è tornato alla ribalta grazie al potere non ancora del tutto analizzato e riconosciuto dei booktoker. Probabilmente in questo momento ce l'avete sul comodino o è già a pezzi e le sue pagine sono attaccate alla parete del vostro studio, sulla specchiera, sulle ante dell'armadio quattro stagioni piene di evidenziature, sottolineature e punti di domanda. Siamo nel bel mezzo della "cainomania".
Non voglio entrare in spericolate considerazioni di psicologia di massa, ma quel che Mathers comprese è che il pubblico britannico desiderava giochi più difficili, enigmi da rompersi la testa, irti cilici per circonvoluzioni mentali. In una parola, tormenti. Per fornirli serviva allora un Torquemada. (dalla prefazione di Stefano Bartezzaghi).
Edward Powys Mathers, in arte Torquemada, è stato uno dei più bravi enigmisti e cruciverbisti della storia del mondo anglosassone. Creatore di oltre seicento cruciverba, è ancora oggi considerato l'ideatore dei cryptic clues, gli enigmi che torcono le menti dei lettori. Nel 1934 sviluppò il suo Torquemada Puzzle Book e se aveste provato a portarlo in spiaggia per risolverlo sotto l'ombrellone, forse avreste fatto fatica. Era composto da cruciverba senza definizione, ma con un lemmario per riempire le griglie, enigmi e trabocchetti e, infine, le cento pagine della Cain's Jawbone, un racconto poliziesco in cui le pagine erano montate in ordine casuale e toccava al lettore ricomporre l'ordine corretto e capire chi fossero le vittime e chi l'assassino o gli assassini. Era lo stesso anno di uscita di Assassinio sull'Orient Express quindi il pubblico britannico era affamato di intricati omicidi.
L'opera sembrava andata persa nel tempo, ma la documentarista americana Sarah Scannel, nel maggio del 2021, ha realizzato una serie di post TikTok in cui provava a cimentarsi nell'impresa di risolverlo. L'hashtag #cainsjawbone è andato virale, grandi organi di informazione come il Guardian se ne sono interessati e così, a catena, l'8 marzo l'opera è diventata disponibile anche per il pubblico italiano con il titolo di La mascella di Caino e la traduzione a cura di The Crime Badger: l'immagine di copertina è di Tom Gauld.
A volte desidero, e lo desideravo anche allora, avere il dono di saper raccontare, o almeno di saper seguire vividamente una storia (cap. 44)
Arrivata a questa frase, chi vi sta scrivendo ha appuntato nello spazio bianco a fondo a pagina: lo vorrei tanto anch'io. Perché non si sta dicendo che non si è ancora trovato il bandolo della matassa, ma nemmeno si riesce a scorgere l'ampiezza del gomitolo gordiano che questo volume rappresenta. Quasi tutti i capitoli terminano con un punto fermo, ci sono diversi punti di vista anche se è sempre scritto in prima persona; si intuiscono citazioni tratte da altre opere, giochi di parole che, sebbene si riferiscano all'originale inglese, si possono desumere, con un'agilità mentale fuori dal comune, anche in italiano. Tutte le pagine presentano la linea tratteggiata a lato per consentire di ritagliarle e poterle disporre, proprio come dei detective, per cercare di ricostruire lo svolgimento della storia. Non azzardo a esprimere nemmeno una frazione dei possibili indizi che potrei aver intuito per due ragioni: la prima è che saranno probabilmente sbagliati. La seconda è che c'è un concorso indetto da Mondadori per chi riuscirà a risolvere l'enigma. Operazione interessante anche se non nuova: La mascella di Caino sin dalla sua prima edizione si è sempre accompagnata a un premio in denaro; nel 1934 si trattava di quindici sterline, il premio Mondadori odierno è invece di cinquecento euro.
Due, a mio avviso, sono i punti che, al di là della costruzione della storia e dell'indiscusso genio perverso di Torquemada, sono significativi in questo volume e nella successiva mania che si è scatenata: la caduta del concetto di inviolabilità dell'oggetto libro e la difficoltà di fruizione.
Sull'inviolabilità dell'oggetto libro il ragionamento è presto fatto. Il libro per buona parte dei fruitori – mi permetto l'uso di questo termine più commerciale anziché usare il classico "lettori" – è vissuto come un oggetto che va preservato il più intonso possibile. Innumerevoli i meme e gli "shame" che risuonano per chi fa le orecchie alle pagine. Le sottolineature sono guardate con sospetto, non parliamo del tratto di evidenziatore. Sull'argomento c'è anche un divertente trattato di Guido Vitellio, il bibliopatologo di Internazionale, che aiuta a trovare, o a evitare, l'anima gemella in base a come questa sottolinea i libri.
Le coste non devono avere segni, la piegatura della copertina o, il Cielo non lo permetta, gocce d'acqua sono accolte con grandi lamentazioni. I volumi non vengono prestati per paura di danni (oltre che per il timore che non tornino indietro). Con La mascella di Caino tutte le remore nei confronti dell'oggetto sono improvvisamente sparite. Come mai?
Non è di certo per l'incentivo del premio in denaro, ma per come il volume è strutturato. Ogni pagina ha al fondo uno spazio dedicato agli appunti; le linee tratteggiate con il disegno della forbice istigano al taglio. È come se il volume stesso desse l'approvazione e l'autorizzazione alla mutilazione. Se scrivere a margine delle pagine in qualunque volume che non sia di studio, con buona pace della pratica filologica bizantina e del suo horror vacui, è considerato peccato, qui viene invece incitato e incentivato e solleva il lettore da ogni responsabilità. Fallo pure, sembra dirti Caino.
Il secondo punto è quello della difficoltà di fruizione. Non parlo della difficoltà ovvia del testo, ma delle prime proteste che iniziano a nascere a solo dieci giorni dall'uscita del volume. Non è possibile risolverlo, la traduzione rende incomprensibile a chi non sia madrelingua inglese il rintracciare gli indizi, le citazioni che rimandano a opere anglofone non sono reperibili... insomma, ci si pone la domanda: ma questo enigma è veramente risolvibile o è stata solo una gigantesca e costruita alla perfezione trappola per i lettori?
La difficoltà di fruizione si intreccia con il tipo di consumo a cui ogni lettore si è ormai abituato: quello della velocità. Gli obiettivi di lettura che tutti noi – sia chi con i libri ci lavora e sia chi legge per piacere – ci poniamo ammontano a quantitativi spaventosi sull'ordine del centinaio di libri letti all'anno il che si traduce in una lettura sempre più veloce per stare al passo, per non perdersi l'ultima novità. Si ragiona spesso sul ruolo "attivo" del lettore che non deve solo ricevere passivamente il testo, ma ragionarci, intuire cosa si nasconde tra le righe del non detto, che richiede più letture: ma questo va a scontrarsi con la necessità della velocità. Un volume come La mascella di Caino è forse uno dei gironi danteschi per i lettori di oggi che all'idea di dover passare settimane e mesi sempre sullo stesso testo, sviscerarlo, andare a fare ricerche per capirlo appieno, possono sentirsi presi in trappola. Molto più semplice affermare che non sia risolvibile. Se dopo due letture di queste cento paginette non si è capito da che parte prenderlo, vuol dire che non c'è soluzione.
Non so se la soluzione ci sia, già alla lettura della scheda di presentazione sapevo che non l'avrei risolto. Al momento ho una lista di nomi dei personaggi di cui sono emersi alcuni collegamenti e la risoluzione di un paio di enigmi dei più semplici. Quello che è certo è che se il concorso Mondadori dura fino a novembre è perché la risoluzione non è alla portata di un paio di letture né alla portata di tutti. Non è democratico, non ci sono le soluzioni la settimana successiva come avviene per i – per me straordinari – cruciverba di Bartezzaghi, ma è un'occasione per riflettere sul nostro consumo della letteratura: leggi, sputa fuori un contenuto, dimentica e ripeti. La lettura deve essere anche un piacere, nessuno obbliga nessuno a torturarsi per mesi su un testo la cui soluzione non è per niente certa, ma si può ammettere con tranquilla onestà che la fruizione accelerata di cui siamo vittime al momento falsa la nostra capacità di giudizio. La mascella di Caino può anche essere un oggetto da collezione, un testo curiosità da tenere nelle librerie che con il suo disclaimer iniziale ci ricorda che questo enigma non è adatto ai deboli di cuore e, aggiungo, ai lettori che vanno di fretta.
Ma qualcuno l'ha mai risolto? Sì, pare di sì. Si favoleggia, si vocifera, si racconta di tre intrepidi risolutori negli anni Trenta e di una persona che sia giunto alla soluzione dopo averci dedicato indefessamente tutto il primo lockdown di Covid. Certo è che da adesso in poi, i Quesiti della Susi ci sembreranno veramente un pezzo di torta al confronto della diabolica macchinazione del più grande inquisitore della storia che si è rivolto al primo fratricida per torturare i lettori nei secoli dei secoli.
Giulia Pretta