Partiamo dalla copertina: è impossibile non concentrare lo sguardo su quell'ombra distorta, ben più magra e curva rispetto all'uomo in cappotto e cappello nero. Un'ombra diversa, che non corrisponde. Così come il protagonista, Sandro Valeri, non corrisponde a ciò che gli altri vedono e pensano di conoscere. Sarà lui stesso a lasciarlo trapelare, ora palesemente e ora in modo più nascosto, in un lungo monologo che occupa l'intero romanzo: dovrebbe essere una confessione a un commissario di polizia, ma non ci vuole molto perché si trasformi in una fluviale confessione a se stesso e, soprattutto, contro se stesso.
Valeri ci fa capire che alla festa in cui si trovava, a casa di un grande editore, è morto un suo ex compagno di scuola, un certo Enrico Lo Russo, un tale che conosceva a stento e da cui si teneva volentieri alla larga:
Fino a oggi Enrico era sempre stato l'ex compagno di classe poco brillante e piuttosto superficiale con cui non avevo mai voluto avere niente a che fare; io, a mia volta, sono stato sempre per lui un completo estraneo, se non un alieno, un abitante di un pianeta distante e inospitale. (p. 19)
Che l'io-narrante sia l'assassino e voglia scagionarsi? Viene da chiederselo, perché il tono della conversazione, la presenza del commissario, il mistero nell'aria, la morte improvvisa per un colpo d'arma da fuoco farebbero pensare a un giallo o a un noir, ma poi tutte le nostre ipotesi si scardinano e quel che pensavamo di poter immaginare si adagia in un cantuccio della nostra mente. Resta, per carità, il dubbio che Sandro Valeri sia implicato nella morte del suo ex compagno di scuola, ma non è di certo al centro delle nostre riflessioni di lettori. Il resto dei nostri pensieri è invece concentrato - e deve concentrarsi - sul libero fluire dei pensieri di Sandro Valeri. Lui, insignito di premi e onorificenze per i suoi primi due libri, è adesso in un momento di stallo creativo: dovrebbe lavorare a un saggio, "Il mantello di Spinoza", che tuttavia gli richiede energie enormi e, soprattutto, una lotta già persa in partenza contro il suo disfattismo. Sentire parlare Valeri, in effetti, ci fa subito capire alcuni tratti del suo carattere: se lo vediamo critico verso il mondo (la scuola, i social network, le periferie, il mondo editoriale, il marketing sono solo alcuni dei tanti bersagli dei suoi strali polemici), ancor di più appare critico verso se stesso:
[...] i miei romanzi non sono affatto per me motivo di vanto, ma al contrario rappresentano appieno il mio ennesimo fallimento, sono l'ennesima fonte da cui sgorga tutta la mia inadeguatezza e tutto il mio disagio (pp. 86-87)
Fallimento e solitudine vanno a braccetto con un certo snobismo intellettuale verso le logiche editoriali e verso le esigenze di recitare un certo copione per farsi amare dal pubblico. Sandro Valeri, diciamocelo, è il classico scrittore con cui non si vorrebbe avere a che fare di persona. Lo sa bene la sua agente letteraria, Cristina, che incontreremo in più capitoli, perché è lei a convincere Sandro a partecipare alla festa e lo accompagnerà di persona. Là ci sarà Enrico, che pubblicherà presto un romanzetto "insulso" e che farà una richiesta molto scomoda a Sandro. Ma non è tutto: la festa rivelerà ben più sorprese e colpi di scena di quello che potremmo aspettarci, fino all'uscita di scena definitiva di Enrico. Che cosa è accaduto davvero? E quanto Sandro è responsabile della morte del suo ex compagno di scuola?
Queste domande muovono la nostra curiosità, certo, così come le tante antitesi che si nascondono tra le pagine lanciano i rimandi interni: luci e ombre, realtà e apparenza, quel che si vuole e quel che si deve fare, per dirne alcune. Non a caso la conversazione tra Sandro e Enrico avviene in una saletta lontana dal caos della festa, dove i due possono calare almeno in parte le proprie maschere, ma nella mente del protagonista martella un dubbio: uno dei due quadri appesi alle pareti è un falso o è originale? E, potremmo aggiungere noi lettori, quel che sta dicendo a Enrico è oggetto di una particolare strategia o frutto di una riflessione sincera?
Poco importa la risposta che daremo, perché Il mantello di Spinoza è essenzialmente un libro di scrittura e sulla scrittura, che muove da una chiara prova di bravura nel tenere insieme un tessuto narrativo e riflessivo al tempo stesso scorrevole e profondo.
GMGhioni
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