L’arrivo della primavera, Normandia, 2020
di David Hockney
introduzione di William Boyd
con una conversazione fra David Hockney e Edith Devaney
traduzione di Silvia Bre
L’ippocampo, 2022
pp. 168
€ 29,90 (cartaceo)
Ma è poi così lontana la primavera del 2020? Sembra davvero una vita fa, e non sono passati che un paio d’anni. E che anni. Anni talmente sconvolgenti che nulla, da allora, è stato più come prima. Mesi, quei fatidici marzo/aprile/maggio, in cui abbiamo addirittura dubitato che la bella stagione stesse accadendo davvero, là fuori, e che la natura stesse comunque continuando il suo corso nonostante non fossimo autorizzati a nessuna gratificante verifica in prima persona, a nessuna comprovante fotografia di prima mano. La primavera che stava rivoluzionando le nostre vite poteva dunque considerarsi effettiva senza il placet dei nostri selfie o lo stress delle nostre crisi allergiche? Nella clausura forzata delle nostre case, accompagnati dalla pervasività di un memento mori che si arricchiva di incognite e misteri ulteriori rispetto alla tradizione, abbiamo potuto assistere solo a un risveglio mediato dagli schermi, e ci siamo accontentati di conferme che passavano attraverso i vetri. Quando poi abbiamo potuto riappropriarci dei parchi cittadini o delle più modeste aree verdi di quartiere, ecco che la stagione più calda era praticamente arrivata, privando i nostri sensi della tipica brillantezza di colori e della tenerezza di profumi che, proprio come ogni giovinezza, si fuggono tuttavia. Non è stato così, però, per i più fortunati: pollici verdi incalliti e curatori di giungle da appartamento, privilegiati inquilini di case con giardino, saggi estimatori della vita campestre da ben prima che la parola pandemia tornasse sinistramente in voga. Tra questi c’era anche un artista come David Hockney. E che cosa avrebbe mai potuto fare in simili circostanze uno dei più importanti pittori viventi, se non dare l’ennesima conferma di essere, per l’appunto, tale?
David Hockney nel suo studio in Normandia, 24 febbraio 2021
“Non possono cancellare la primavera”: forte di questa certezza, e mentre si trovava a trascorrere quei mesi altrimenti interminabili all’interno della sua casa in Normandia – una piccola abitazione immersa in quattro acri di terreno – l’artista ha documentato a cadenza quotidiana i minimi mutamenti della natura circostante in 116 immagini realizzate con l’iPad, utilizzando una versione aggiornata dell’applicazione Brushes. Non si è trattato, per lui, di una novità assoluta: già nel 2012 l’aveva utilizzata allo stesso scopo per i paesaggi dello Yorkshire orientale, e le 52 immagini che ne erano risultate (da lui considerate ancora alla stregua di disegni) erano state protagoniste della mostra “A Bigger Picture” alla Royal Academy of Arts di Londra, insieme a un gigantesco dipinto intitolato L’arrivo nella primavera (2011). Entusiasta di una tecnica ancora tutta da scoprire e perfezionare, e dunque ancora non pago dei risultati raggiunti, nove anni dopo Hockney ha dunque fatto di necessità virtù, sfruttando le rigide imposizioni del primo lockdown (distanziamento, immobilismo, confinamento) per esplorarne risorse e potenzialità: una tecnologia avanguardistica del XXI secolo è stata il suo personalissimo mezzo per elaborare un fenomeno ancestrale divenuto spettacolo salvifico, e il risultato di tanta osservazione e tanta pratica sono stati centinaia di lavori (ormai considerati dipinti per via dei ragionamenti pittorici che ne hanno accompagnato l’esecuzione) successivamente presentati al pubblico (stampati in formato un metro per un metro e mezzo) nella mostra “David Hockney: The Arrival of Spring, Normandy, 2020”. Il catalogo dell’esposizione, curata da Edith Devaney e dalla sua assistente Rose Thompson e allestita ancora una volta alla Royal Academy of Arts di Londra dal 23 maggio al 1 agosto 2021, è adesso pubblicato anche in Italia dalla casa editrice L’ippocampo, corredato da un’introduzione dello scrittore William Boyd e da una conversazione tra l’artista e la stessa curatrice.
In Front of House Looking West, 2019 (nchiostro su carta) |
Riprodotte a tutta pagina, presentate in coppia o esaltate con ingrandimenti ad hoc che permettono di apprezzarne al meglio gli aspetti legati alla tecnica così peculiare, le opere mettono il lettore a tu per tu con una rappresentazione della primavera che non si dimentica facilmente: quella primavera, quella dell’annus horribilis, diventa in queste immagini qualcosa di straordinario, uno spettacolo a cui sembra di assistere come a un debutto. Un evento millenario, certo, ma che in poche altre occasioni nella storia è stato altrettanto carico di sottintesi di gioia e di speranza, e dunque da ammirare con occhi nuovi e da restituire in modi non convenzionali: è ciò che William Boyd definisce l’apice della “pittura da schermo” hockneyana, ovvero un’estensione del lavoro fatto per i paesaggi inglesi dipinti nei dintorni di Bridlington portato qui a un livello “più alto” e “più profondo” che permette di apprezzare le differenze tecniche e la maggiore tendenza alla stilizzazione. Non solo la scala cromatica, ma soprattutto quella dei campi e dei piani viene difatti esplorata in ogni sua possibile declinazione: panorami, scorci e soprattutto singoli alberi – ma anche singoli rami e singoli fiori – vengono restituiti più e più volte, a più riprese, mai identici a se stessi: dapprima spogli, poi carichi di gemme, infine ricoperti di petali e – come nel caso di un ciliegio particolarmente amato – di frutti. Cambia il cielo, cambia il suolo, cambia il meteo, cambia il momento della giornata o della nottata: il sole albeggia, è alto, tramonta; la luna si mostra, si copre, se ne va. Per Hockney ogni cosa ha la stessa stupefacente importanza, anche perché non può esserci nulla di scontato in una stagione che ogni anno è diversa perché diverso è il momento in cui le singole piante si destano dal rispettivo sonno invernale.
N. 138, 24 marzo 2020 (dipinto su iPad)
Libro (e progetto) in cui la qualità e la quantità hanno la stessa importanza, The Arrival of Spring è la dimostrazione di come un solo quadro o un solo disegno non siano abbastanza per raccontare l’arrivo della primavera: ne servono molti, e possibilmente bisognerebbe eseguirne almeno uno al dì, dalla fine dell’inverno all’inizio dell’estate. Un’ovvietà che anche per un artista d’esperienza come quello in esame è stata invece un’epifania tardiva: per esplicita ammissione, difatti, la sua percezione dei passaggi stagionali risale al 2002, l’anno in cui il tragitto quotidiano fino allo studio di Lucian Freud (e ritorno), per via del ritratto che il collega gli stava facendo, lo costringeva ad attraversare Holland Park da un capo all’altro. Questi lavori, a dispetto di quanto farebbero pensare l’esecuzione su iPad e l’assenza di titoli descrittivi (sostituiti da una numerazione progressiva) sono tutt’altro che freddi, tutt’altro che asettici: lo schermo e la bacchetta del tablet hanno semplicemente preso il posto dei piccoli taccuini su cui l’artista si è esercitato con passione e metodo per una vita intera. Mentre l’umanità si affidava alla tecnologia per comunicare, informarsi e lavorare in circostanze inedite, Hockney ha confermato la perfezione di quegli strumenti, forse gli unici così adatti al suo scopo. Soffermarsi sui punti e sulle linee di questa produzione più recente e confrontarla con i vari inchiostri su carta del 2019 presenti in volume è un esercizio dello sguardo che conferma la capacità del medium nell’influenzare lo stile, ma soprattutto la differenza di valori – non solo formali e non solo cromatici – che caratterizzano la produzione di un periodo come quello pre-pandemico e il lockdown testimoniato nel suo accadere quotidiano.
N. 359, 30 maggio 2020 (dipinto su iPad) |
Per tutte queste ragioni, L’arrivo della primavera, Normandia, 2020 non è soltanto l’ennesimo catalogo di una mostra di David Hockney. Certo: come ogni volume di corredo a un’esposizione è senza dubbio la testimonianza cartacea di un evento, ma l’eccezionalità delle circostanze che ne hanno permesso l’origine fa sì che il valore ne risulti inevitabilmente maggiorato. Per l’irripetibilità della gestazione delle opere, per il loro significato estetico e simbolico – e dunque per ciò che esse hanno da dire rispetto all’ultima tappa del percorso dell’artista e rispetto al messaggio che il pittore ha affidato loro – queste opere realizzate su supporto completamente digitale meritano di essere contemplate e meditate a lungo. La (quasi perfetta) coincidenza delle dimensioni della pagina con quelle dello schermo su cui Hockney ha lavorato consente inoltre all’osservatore di immedesimarsi nell’artefice, e c’è anche un’apposita applicazione scaricabile gratuitamente (Hockney AR) che consente una fruizione dinamica e interattiva di tre lavori – N° 308, 14 febbraio 2020, N° 245, 26 aprile 2020, N° 262, 28 aprile 2020 – che si animano davanti ai suoi occhi, restituendo processi creativi, effetti di transizione, ipotesi di durata. Vera a propria “primavera d’autore” e, in quanto tale, erede di una lunga e pregiata tradizione di omaggi visivi alla stagione della rinascita, questa appena pubblicata da L’ippocampo trova la sua sintesi più ottimista nell’ultima pagina e nell’ultima opera (N° 360, 27 maggio 2020), nella quale, tra i segni pittorici, si distinguono con esattezza le parole di un congedo pieno di entusiasmo, fiducia, promesse, progetti e amore per la vita qualunque cosa accada: «THE END (FIN) / of Springtime 2020 / it was very exciting / I’ll be back next year / LOVE LIFE».
Cecilia Mariani
Tutte le immagini presenti in questo articolo sono pubblicate su gentile concessione della casa editrice L'ippocampo