Il suo nome è Banksy
illustrazioni di Marco Maraggi
testi di Francesco Matteuzzi
Centauria, 2022
pp. 128
€ 19,90 (cartaceo)
Una grande città come Londra, la complicità del buio, una parete urbana intonsa come la tela prima che ci passi il pittore e l’adrenalina tipica del carpe diem: quali migliori condizioni per uno street artist che voglia lasciare traccia del suo passaggio “ora o mai più”? Inizia così Il suo nome è Banksy, la graphic biography/graphic novel di Francesco Matteuzzi (testi) e Marco Maraggi (illustrazioni) dedicata a “uno dei più noti artisti del mondo”, altrimenti detto “uno dei più incredibili misteri della storia dell’arte”. Solo che il personaggio che compare all’inizio di questo racconto, con il volto ben nascosto dalla felpa con cappuccio rigorosamente alzato, non è mica quello nato a Bristol nel 1974 (come da vulgata), bensì un ragazzo – Adam – che, bomboletta spray alla mano, si diletta a lasciare qualche tag in giro senza troppo costrutto. Un adolescente come tanti, insomma, con ancora tanto da scoprire e da imparare anche e soprattutto su Banksy. Un'altra cosa che non sa, per esempio, è che la sua nemesi – una giovane donna di nome Claire talmente appassionata della materia da avere aperto un canale online in cui fa dirette sull’arte di strada – sta per sorprenderlo alle spalle. Lo smacco, però, sarà doppio: convinta di avere colto in flagrante il proprio idolo, la ragazza non ottiene altro che l’arresto immediato per entrambi (atti vandalici e disturbo della quiete pubblica), nonché l’obbligo a ripulire in coppia i muri imbrattati della capitale. Sarà questo, come è ben prevedibile, l’inizio di una curiosa amicizia e soprattutto di un processo di apprendimento quasi socratico, che legherà nel nome di Banksy il ragazzino scapestrato e la sua collega di servizi sociali nonché perfetta insegnante d’arte ad personam.
Tra i molti possibili modi per raccontare lo street artist più chiacchierato e ignoto della storia, Matteuzzi e Maraggi ne scelgono uno che ben rende giustizia alle caratteristiche distintive della figura in questione: vale a dire il mistero, l’ambiguità, il depistaggio. Senza arrogarsi il diritto di un’ipotetica e discutibile presentazione in prima persona, gli autori optano dunque per una narrazione “in tandem”, in cui i due “ciclisti” corrispondono agli estremi della percezione del fenomeno: da una parte chi, perlomeno all’inizio, ne ha una comprensione per così dire intuitiva (Adam), dall’altra chi ha maturato nel tempo una passione prossima al fanatismo (Claire). La loro “pedalata” condivisa sarà l’occasione per confrontarsi sulle rispettive lacune e conoscenze, e dunque il pretesto ideale per condividere ragionamenti critici sul senso dell’operato di Banksy: tra uno spostamento da un quartiere all’altro della metropoli e soste bucoliche in un parco in cui allusivamente si aggira uno “speciale” ratto di città – ma anche tra una passata di vernice, una diretta video on the road e una sessione in studio di registrazione – i due imbianchini penitenti danno voce a dubbi, ipotesi e perplessità che servono sia a loro stessi per cercare di chiarirsi le idee sia ai lettori per saperne di più e familiarizzare con i vari livelli interpretativi della faccenda. Perché il caso Banksy, oltre a essere di quelli “divisivi” all’interno del sistema dell’arte (o lo si ama o lo si odia) è anche tra quelli che più rifuggono i manicheismi, e che anzi proprio nella declinazione delle forme intermedie e indirette (gli artifici retorici e visivi che lo hanno reso famoso e immediatamente riconoscibile), hanno trovato l’equilibrio perfetto per dichiarare a ogni nuova uscita le compromissioni e le contraddizioni del mondo in cui viviamo: le zone grigie, insomma, di una cattiva coscienza distribuita su scala planetaria.
Suddivisa in quattro capitoli compresi tra un prologo e un epilogo dai titoli allusivi – Da questa parte e Dall’altra parte – che lasciano intendere il compimento del percorso fatto da Adam e Claire ma anche il tipo di “attraversamento” che chiunque può compiere grazie all’arte, la storia di Banksy è scandita dalle chiacchierate tra i due nei momenti di lavoro e di pausa, sempre descritta seguendo la principale delle sue direttrici, ovvero l’essere “contro”: 1) contro le multinazionali, 2) contro i muri, 3) contro l’atarassia, 4) contro l’arte stessa. L’espediente narrativo, da parte sua, si rivela efficace: sia perché permette di problematizzare la questione in modo “informale ma informato”, esattamente come potrebbe accadere nel confronto tra un neofita e un esperto, sia perché il curriculum vitae/cursus honorum banksyano viene riepilogato senza eccesso di interpretazioni, ovvero viene posto di fronte a un lettore libero di farsi ulteriori domande e darsi altre risposte rispetto a quelle che animano il dialogo tra i protagonisti, le quali che riguardano la natura dell’arte di strada e la sua relazione con l’ambiente, l’importanza o l’irrilevanza della conciliazione e della provocazione, il ruolo delle istituzioni e il primato delle iniziative autonome, anche delle più anarchiche e riottose. Il tutto, per l’appunto, senza mai perdere di vista il pubblico, a cui dovrebbe essere data sempre la possibilità di elevarsi con la mente e l’immaginazione per osservare i fenomeni dall’alto, con una prospettiva aerea garantita dai voli della fantasia e dello spirito critico.
Ammiratori dichiarati di Banksy e appagati proprio dal carattere irrisolto dell’aura che lo circonda, Francesco Matteuzzi e Marco Maraggi hanno dato vita a un libro che lo racconta e lo omaggia descrivendone l’operato ma anche la storia più recente, ovvero quella contemporaneità fatta di ingiustizie, diseguaglianze, abusi e cronaca a tinte fosche che ne è sempre ispiratrice e destinataria; un libro che può anche enunciare un nome nel suo titolo, ma che non intende ridurre il tutto al più ovvio “chi è?”. Al contrario, come specifica nella Postfazione l’autore dei testi (che sempre per Centauria ha già firmato Mark Rothko. Il miracolo della pittura insieme con Giovanni Scarduelli), non potrebbe esserci questione più irrilevante ai fini dell’apprezzamento del fenomeno:
«credo che il punto sia proprio questo: i misteri sono belli e affascinanti solo fino a quando non li si risolve, dopodiché restano solo un banale dato di fatto. E la figura di Banksy vive immersa in questo concetto: la sua sfuggevolezza, l’ironia di esserci senza esserci davvero (o forse il contrario), è uno degli elementi che lo rendono grande (…) Perché Banksy, vale la pena ripeterlo, non è una persona. Tutt’altro. Banksy è piuttosto la vera, unica opera d’arte, geniale e strabiliante. Un’opera d’arte impalpabile, enorme e pervasiva, che, per quanto ne sappiamo, si potrebbe manifestare in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Un’opera talmente grande che nessuno potrà mai acquistare» (pp. 124-125).
Dopo la Yayoi Kusama di Elisa Macellari, Banksy è dunque l’unico altro “vivente” ad arricchire la sezione Centauria dedicata alle biografie dei protagonisti che hanno segnato l’arte da fine Ottocento a oggi: un contributo che continua a confermare la vitalità di questa collana, declinando con intelligenza e con tavole in perfetto stile street e urban una storia che si alimenta di incertezze, colpi di scena, vuoti e missing links.
Cecilia Mariani