Storia stupefacente della filosofia
di Alessandro Paolucci
Il Saggiatore, febbraio 2022
pp. 200
€ 15,00 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)
È proprio vero, viviamo in un enorme pregiudizio. Sì perché se uno scrittore, poeta o artista, soprattutto se non più in vita, faceva uso di sostanze stupefacenti, allora la sua vita è interessante e degna di nota. Quando parliamo dei poeti maledetti, ad esempio, vengono sempre messe in risalto quelle parti delle loro vite che hanno a che fare con l’eccesso, che sia di droghe, alcool, o attività sessuali fuori da ciò che veniva considerato ordinario. Come dice l’autore nell’introduzione, sappiamo benissimo che:
Baudelaire fumava l’hashish, Picasso l’oppio, Beethoven era alcolizzato, ecc. Addirittura si esagera di proposito nell’esaltare i vizi dei grandi personaggi insieme alle loro virtù, come se fosse del tutto insensato scindere le due cose, ma questo non vale quando si tratta dei filosofi: loro avevano solo virtù. (p. 10)
Quando si parla di filosofia e filosofi, infatti, non si fa mai cenno ai loro vizi, anzi, fatichiamo a sapere se effettivamente ne avessero alcuni. Vengono considerati come delle semi-divinità, intoccabili, detentrici del sapere, anime pure. Ciò accade anche nei testi accademici, tramandando l’idea, sbagliata, che i filosofi, sin dall’età classica, siano stati dei modelli di vita, semi dèi appunto, cui noi poveri mortali possiamo solo guardare con ammirazione. Ma è davvero così?
Alessandro Paolucci, nel suo saggio, decostruisce la percezione tradizionale e spontanea che abbiamo dei filosofi, raccontandoci la storia della filosofia da un punto di vista nuovo. Da Platone a Freud, dall’imperatore Marco Aurelio a Nietzsche, nove tra i più importanti filosofi della storia ci vengono presentati attraverso una lente particolare, ovvero quella delle droghe che assumevano. Ne risulta una storia della filosofia del tutto avvincente e nuova, anche per chi, come me, conosceva già la storia di questi filosofi, le loro opere, la loro formazione, i loro amori, ma dei loro vizi, dei loro lati oscuri, non ne aveva mai saputo nulla.
Si pensa che ormai la storia di Platone o di Freud sia trita e ritrita, che non ci sia più granché da dire, ma l’autore smentisce questa idea, offrendoci un saggio a tratti davvero illuminante. Un possibile scetticismo iniziale viene brutalmente spazzato via quando il lettore si rende conto dell’enorme apparato scientifico cui Paolucci si è affidato per ricostruire questa storia stupefacente della filosofia. Tutto ciò di cui parla è supportato da fonti, e la sua profonda conoscenza della materia traspare dal suo modo di scrivere: preciso, pulito, autorevole e a volte molto ironico, caratteristica che conferisce al saggio una facilità di lettura e un coinvolgimento a volte difficile da trovare nella saggistica.
La storia dei filosofi analizzata dal punto di vista delle sostanze stupefacenti che assumevano ci aiuta a ricostruire queste importanti figure del panorama filosofico e culturale dell’epoca nella loro integrità, svelando i lati oscuri delle loro vite, umanizzandoli e facendoli scendere da quell’altare divino su cui li abbiamo sempre immaginati, pur senza farci dimenticare la grandezza e l’unicità che li contraddistingueva. Forse la luce si conosce meglio attraverso la sua oscurità.
In quarta di copertina una provocazione, che ci porta a rimettere in discussione la percezione che sempre abbiamo avuto, a volte consciamente, altre inconsciamente, dei più importanti filosofi esistiti: “E dunque se un viaggio psichedelico ha influenzato Platone, e se Platone ha influenzato tutta la storia della filosofia, ne deduciamo che un viaggio psichedelico ha influenzato tutta la storia della filosofia.”
E rimettere in discussione è un esercizio che è bene fare costantemente, in tanti ambiti della nostra vita quotidiana, e che ormai non siamo più abituati a fare. Possiamo partire con questa stupefacente lettura.
Lidia Tecchiati
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