«È a questo che serve, la mancanza.A restituirti le persone».
È un sentimento forte, imprevedibile, simbiotico e talvolta asfissiante quello che lega Giulio e Stella, i protagonisti di Salvamento, il romanzo d'esordio di Francesca Zupin. Nati da famiglie diverse, si sono trovati a vivere sotto lo stesso tetto, quando i loro genitori sono diventati entrambi vedovi e si sono innamorati. Quella ragazzina che trascorre il tempo con lui, mezza artista, che sa sempre cosa dire, che di tanto in tanto sproloquia in quelli che sono ricordati come i "cinque minuti di Stella", non fa che attrarre Giulio. Anche il gorgo dei suoi pensieri, quelli più inaccessibili, non gli sembra un pericolo, o forse desidera correre il rischio di cadere nella sua stessa spirale di pensieri e di provare a salvare Stella: in fondo, «tentavamo di salvare, nell'altro, anche noi stessi» (p. 307).
Per arrivare a capirlo, tuttavia, servono anni, delusioni, episodi simbolici che scavano memorie e creano precedenti. Ed errori, tanti tantissimi errori. Come commentare, ad esempio, la decisione di sposarsi, che scopriamo nelle primissime pagine del romanzo, risalenti al 2005? Di certo deve fargli strano pensare che quella è pur sempre un po' "una sorella", ma Giulio, io narrante della storia, le è devoto e conosce tutte le sue fragilità, a cominciare dai tentativi di riempire il suo vuoto ingozzandosi di cibo, che poi sputa in un tovagliolo.
Quando Giulio può finalmente pensare: «Quella sera, scoprii che non eravamo, che non saremmo stati più fratelli, nemmeno un po'» (p. 291)? Bisogna attraversare gli anni, seguire i personaggi nei lunghi flashback che li portano dapprima nel 1992 e poi nel 1997. Solo così abbiamo modo di affondare negli equilibri complessi della famiglia, osservando più da vicino i continui tentativi di Giulio nel compiacere il padre, invece assente e talvolta violento (si noti che per Giulio "papà" è sempre scritto minuscolo, a differenza della "Madre" acquisita o della "Mamma" scomparsa). Quanto il rapporto impari con il padre arrivi a condizionare il legame tra Giulio e Stella appare chiaro nel corso della narrazione: i ragazzi sono due grandi solitudini, che provano a compenetrarsi per placare bisogno d'affetto, accudimento e dedizione che altrove non trovano («Io sono una bambina moribonda e voglio qualcuno che guarisca me. Tu puoi guarirmi, Giu'?» domanderà Stella a p. 317). Nonostante Giulio arrivi ad accorgersi, nel corso della storia, di quanto gli faccia male restare con Stella, non riesce a sottrarsi al suo viluppo: le sue mattane o le debolezze figurano come una ricerca d'attenzione e d'amore; loro, orfani, si capiscono, mentre il resto del mondo non sa farlo. Forse non è l'amore dei libri, ma è qualcosa a cui entrambi non sanno sottrarsi. Ma in modo diverso: tra loro è sempre Stella a tenere le redini della relazione, a entrare nella stanza di Giulio a mezzanotte per giocare a Cluedo o a giudicarlo. E questo crea un forte senso di precarietà e di ansia in lui:
«Se sono perfetto, e perfetto vuol dire che indovino in maniera esatta quello che vuoi da me in un preciso momento- che ti ascolti; che ti guardi o che faccia finta di non vederti; che ti salvi o che ti lasci annaspare - se sono perfetto, va tutto bene. Ma appena sbaglio - e sbaglio vuol dire che non capisco quello che hai in testa o che, semplicemente, da un momento all'altro cambi idea - bum, crolla tutto» (p. 394)
Dopo l'esordio nel 2005, il salto indietro nel 1992 e poi nel 1997, l'ultima parte del romanzo ci sbalza al 2018, e il nuovo incontro tra i protagonisti li porterà a mettere alla prova quell'affetto rimasto sospeso, quel loro essere "un po' fratelli", malgrado tutto, uniti davanti alle avversità.
Complesso a livello strutturale, il romanzo di Francesca Zunin è una storia estremamente piena: di oggetti, di episodi minori, di colori, sapori e odori, di immagini che restano impresse sulla cornea di qualsiasi lettore dotato d'immaginazione. Ancora di più, se avete vissuto un amore adolescenziale fatto di tira-e-molla emotivi e di profondo tiranneggiare di una delle sue parti, oltre alle immagini risentirete l'eco di alcuni discorsi, talora sadici, altrove confortanti. Alla fine dei capitoli, una o due parole (perlopiù verbi) dell'ultima frase diventano paragrafi a sé, in cui l'autrice divaga sul tema, scava negli usi linguistici e attraversa storia, letteratura, musica,... Ad esempio, cosa significa "baciare"? In quanti ambiti possiamo adoperare questo verbo? Inoltre, troviamo pagine dedicate ai "cinque minuti" di Stella o di Giulio, in cui i protagonisti gestiscono un lungo monologo interiore che sa di verità, a qualsiasi costo.
Ferirsi e salvarsi, allontanarsi e riprendersi, aprirsi all'altro o accartocciarsi su se stessi paiono costanti in questo romanzo che, al tempo stesso, racconta di una famiglia insolita, di un amore singolare tra due "quasi fratelli", che si devono formare l'uno addosso all'altra, l'uno lontano dall'altra, per trovare la propria identità.
GMGhioni
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