Dove qualcosa manca
di Francesca Zanette
Readerforblind, 2022
pp. 234
€ 17,00 (cartaceo)
Quanti anni separano il 1944 dal 1958? Un calcolo semplicissimo, a prima vista, 14 anni. Che possono essere un nulla, il battito d'ali d'una farfalla o al contrario un tempo infinito, pesante come un macigno. Soprattutto se di mezzo c'è una guerra e, ancor più, se gli anni successivi, sono quelli di un sempre complicato dopoguerra, carico di strascichi, di lasciti, di frasi interrotte e situazioni a mezza strada. Il romanzo dell'esordiente Francesca Zanette si muove proprio all'interno di un tempo che, per certi versi, è ancora sospeso. Siamo in un piccolo paese delle Prealpi Venete, gli abitanti, che si conoscono tutti tra loro, stanno cercando faticosamente di ricominciare, anche se ogni famiglia porta in sé le ferite del conflitto, qualcuno sempre manca. E dopo 14 anni piano piano sembra che tutto possa procedere verso un futuro che, pur non facendo dimenticare quanto accaduto, porta con sé i germi della speranza.
Fino a che, un giorno in paese non compare un tedesco, Matthias Rubl, ex tenente della Wehrmacht, che, ai tempi della guerra, aveva avuto un ruolo di primo piano nelle vicende del paese. E qualcuno, più di altri, lo sa e lo ricorda bene. Tra questi, c'è soprattutto Caterina che, finita la guerra, si è sposata con Pietro e insieme gestiscono l'emporio del paese, luogo di incontri e di chiacchiere. Si capisce subito, fin dalle prime battute del romanzo che il negozio sarà il centro nevralgico della vicenda. Matthias, che anni prima imbracciava il fucile d'ordinanza, adesso è armato soltanto di macchina fotografica. E con quella gira per il paese alla caccia di immagini.
Caterina si accucciò davanti a don Fulvio, a mani giunte: "Lei lo deve convincere a tornarsene da dove è venuto. Per la serenità di tutti. Perché mai tirar fuori cose vecchie e fatti dolorosi?"
E le cose vecchie sanno di partigiani nascosti nei fienili, tedeschi che occupavano case e cortili, rastrellamenti, ragazze che facevano le staffette, giovanissime, sfidando terrore e rischi di violenze, povere case date al fuoco per rappresaglia. Ma Matthias ormai è lì, è tornato, e non sembra intenzionato ad andarsene presto, almeno finché non sistemerà una vecchia faccenda.
L'autrice è molto abile a prendere per mano il lettore e, con mezze verità, frasi buttate qua e là, suggestioni apparentemente solide, a portarlo dove vuole. Fino alle ultime pagine che contengono quella mossa vincente che manda tutto a carte quarantotto. Una vicenda che tiene il lettore con il fiato sospeso, instillando in lui la curiosità di proseguire mentre intorno a lui si dipana la vita di un paese italiano degli anni 50: il cicaleccio delle donne, i pettegolezzi che passano di bocca in bocca, le piccole vicende quotidiane che tanto significato hanno per le famiglie. Il tutto condito da una lingua sapida che utilizza sapientemente (ma mai in maniera pesante) il dialetto veneto per dare tocchi di colore e vivacità. A tratti sembra di essere proiettati nel "piccolo mondo" di Giovanni Guareschi, ambientato non troppo lontano, a cui la Zanette sembra essersi ispirata: le lotte tra comunisti, socialisti e democristiani che vanno a bere un bicchier di bianco in bar rigorosamente distinti, il sacerdote che tutto sa e tutto cerca di risolvere, magari consultandosi anche con chi sta sulla Croce, lì nella sua chiesa.
Il libro è costruito su piani schematici diversi, si alternano, secondo lo schema, quasi sempre rispettato, AB-AB, capitoli ambientati nel 1944 e nel 1958, in un andirivieni di tempo, scandito dalle medesime presenze, gli stessi personaggi che rappresentano il prima e il dopo, secondo una costruzione che, seppure un po' meccanica, svolge adeguatamente la sua funzione.
I personaggi principali, Pietro, Caterina, Matthias si muovono in questo tempo binario, scandendo il prosieguo della vicenda. Forse l'autrice avrebbe potuto approfondire maggiormente, dal punto di vista narrativo e anche da quello psicologico, alcuni personaggi che verso la fine del libro avranno ruoli fondamentali e che, purtroppo, nella prima parte scivolano via da comprimari e rischiano di non fermarsi nella memoria del lettore.
In ogni caso, Dove qualcosa manca è una buona prova narrativa supportata anche dalla capacità di dipingere un'epoca storica non direttamente conosciuta dall'autrice, classe 1982, ma della quale si intuisce un buon approfondimento, non solo dal punto di vista della grande Storia, ma in particolare di come questa arrivi a scompigliare, come vento in tempesta, le piccole storie quotidiane che quasi mai approdano sul palcoscenico principale. Ed è proprio in questa rappresentazione, quasi teatrale, di piccole figure che la guerra, maledetta, costringe ad avere un ruolo da protagonista, tutto il talento dell'autrice che, dopo alcune prove in forma di racconto, ha dimostrato di essere pronta al grande salto narrativo della romanzo.
Sabrina Miglio
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