Alla ricerca dell'amore, in "Tutte le volte che mi sono innamorato" - intervista a Marco Marsullo


Lo scorso 28 aprile è uscito, per Feltrinelli, Tutte le volte che mi sono innamorato, il nuovo, bellissimo, romanzo di Marco Marsullo. L'autore, già conosciuto dal grande pubblico, ha confermato, con quest'opera, tutto il suo talento di narratore abile e capace, in grado di raccontare una storia toccante e al contempo divertente. Infatti, se cercate una storia profonda, capace di emozionarvi, e al contempo una scrittura che in più punti possa farvi sorridere, con levità e leggerezza, questo è il libro giusto per voi. Le avventure di Cesare, trentacinquenne single dal cuore buono e dall'anima romantica, riescono in più punti a essere davvero spassose, tuttavia, i suoi sentimenti arrivano al lettore in maniera diretta e toccante. Quest'opera trasmette autenticamente il desiderio profondo e sincero di ripercorrere i propri passi e porsi delle domande per capire il motivo di tante relazioni fallite. Cesare stavolta decide di darsi un tempo, i sei mesi che lo separano dal matrimonio del suo amico, per trovare la donna della sua vita. Ci riuscirà? Ma soprattutto, l'amore obbedisce ai nostri ritmi?

Dopo averlo recensito (anche con parecchio entusiasmo!) non abbiamo resistito alla tentazione di fargli qualche domanda, per conoscere qualcosa di più sulla genesi di questo libro. La storia che vi si racconta, infatti, è talmente bella che meritava un approfondimento ulteriore e ringraziamo nuovamente Marsullo per la disponibilità e la gentilezza.

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Tutte le volte che
mi sono innamorato
di Marco Marsullo
Feltrinelli, 2022

pp. 256
€ 18 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

Caro Marco, innanzitutto grazie per aver accettato di prendere parte all’intervista. Tutte le volte che mi sono innamorato è davvero molto coinvolgente, per cui ti facciamo tanti sinceri complimenti. Cominciamo con una domanda che è più una curiosità: è ormai diverso tempo che il tuo nome compare sugli scaffali delle librerie, e hai all'attivo diverse opere. Il tuo processo di scrittura è in qualche modo cambiato durante questi anni?
Prima di tutto grazie per le belle parole sul romanzo, ne sono davvero felice. Il mio percorso di scrittura è giocoforza cambiato, prima di tutto per un dato anagrafico; ho cominciato a fare questo lavoro a 25 anni, poco più che ragazzino, e i primi romanzi in Einaudi avevano un respiro diverso, più rapido, svelto, forse erano romanzi anche più folli. Poi la scrittura cresce insieme all'autore, oggi vivo la scrittura di un romanzo con occhi più adulti e un bagaglio di esperienze più grande e questo si riflette su tutto, dal periodo alle immagini, fino ai temi e le suggestioni. È stato, ed è, a volte anche faticoso accorgermi di essere cresciuto insieme alla mia scrittura, ma probabilmente è la parte più bella assistere in prima persona a questi cambiamenti, avendo iniziato da molto giovane mi faranno compagnia fino alla vecchiaia, sperando di scrivere ancora tantissimi romanzi.

Sempre a proposito di questo argomento, hai qualche abitudine particolare che ripeti nelle tue sessioni di scrittura? Un rito, magari anche scaramantico, oppure un luogo preciso, sempre lo stesso, in cui ti rifugi a scrivere?
Ho tante manie. La prima è lavare sempre le mani prima di iniziare a scrivere, non so perché avvenga, mi piace pensare che sia come per un chirurgo prima di operare o di un panettiere prima di fare il pane. Poi sono ossessionato dal salvare metodicamente il documento di testo sul quale lavoro, lo faccio senza motivo il più delle volte, anche se non ho aggiunto nemmeno una virgola allo scritto. Sul luogo sono diventato più flessibile, ho cambiato scrivanie e stanze, l'ho ritenuto necessario dopo tanti romanzi per trovare nuovi stimoli e abitudini diverse, dopo un po' altrimenti sembra di scrivere sempre lo stesso libro.

Come ti è venuta l’ispirazione per questa storia?
Osservo da sempre, in prima persona soprattutto, sulla mia pelle, le relazioni sentimentali. Le mie sono state un percorso un po' complesso e arzigogolato, fino all'ultima, quella di oggi, che è quella giusta. E ho visto che è un dato della mia generazione (quella dai trenta ai quaranta) il soffrire la paura di rimanere soli, ma anche la paura di stare in coppia. In un'epoca veloce e piena di input come questa, raccontare la storia di un uomo di trentacinque anni, che si vuole innamorare ma non sa come farlo, mi sembrava interessante. Soprattutto per dare voce maschile a sentimenti, di norma, specie nella letteratura, ad appannaggio femminile. Così è nato Cesare e il suo gruppo di amici incasinati: lo specchio dei maschi di oggi, che finiscono di essere ragazzi e stanno per diventare uomini davvero.

È stato difficile scrivere questo libro? Qual è stata la cosa più faticosa da affrontare?
La maggiore difficoltà è stata scrivere una cosa nella quale ero dentro fino al collo (durante la scrittura di questo libro era ancora molto single). Ed è stato complicato perché analizzare qualcosa che vivi nel momento in cui lo elabori e poi lo scrivi ti mette di fronte quasi a un'autoanalisi, per la quale non ho i mezzi necessari non essendo laureato in psicologia. Però proprio questa difficoltà è stata la parte più stimolante della scrittura di questo romanzo: ero io, contro me stesso, un computer davanti, ricordi, emozioni, speranze. Tante speranze soprattutto. Perché credo sia una storia che fa parlare gli uomini di cose piene di futuro.

La tua penna è ormai una certezza e in più di un’occasione hai saputo scrivere storie delicate e toccanti, come in L’anno in cui imparai a leggere. Tuttavia, come scritto anche nella recensione, leggendo questo libro ho avuto un’impressione particolare perché tutto sembra più immediato, il tormento sembra reale, i ragionamenti sono realistici e sembra tutto molto sentito. Pare un libro scritto sull’onda emotiva, in risposta ad un bisogno sincero e profondo: è così o sei stato solo particolarmente bravo a rendere il rovello esistenziale del protagonista?
È come dicevo sopra, mi sono ritrovato quasi a fare un bilancio, o meglio una fotografia mia e della mia generazione di uomini e donne, chiedermi il perché fosse diventato così complicato conoscere e incastrarsi con una persona nuova, che ti entra nella vita. La paura è uno dei sentimenti più stimolanti da indagare per un autore.

A proposito della conclusione, leggendo il libro è praticamente impossibile non empatizzare con Cesare, né non prenderlo in simpatia: c’è una qualche idea (speranza!) di proseguire con il racconto delle sue disavventure?
Non penso, mi spiace deludere qualcuno! Credo che Cesare esista perché esiste, ed è esistita, questa fase della sua vita. Un passato tormentato, un presente incerto. Però mi auguro che il suo futuro sia radioso e soprattutto sereno e pieno d'amore. Me lo immagino così: uno che ha dovuto penare tanto perché non era in equilibrio con sé stesso e poi ha capito dei meccanismi e li ha rovesciati. Però mai dire mai, eh. Vediamo che succede.

Parafrasando la maestra Silvia, qual è il segreto per trovare la persona giusta?
Il segreto è non cercarla, suppongo, ma sbatterci contro. Però se fosse davvero un segreto non saprei rispondere a questa domanda. È più che altro un'idea empirica dopo trentasette anni di vita. Penso che la persona giusta esista, perché esiste il modo di rendersi migliori da soli, prima di trovarla.

Infine, per concludere, cosa suggeriresti a tutti i/le Cesare rimasti nel mondo ancora in attesa della loro metà?
Di leggere il mio romanzo vale come risposta?


Concludiamo, rinnovando i ringraziamenti a Marco Marsullo per questa bella intervista e per averci regalato questa bellissima storia, nella speranza di poter leggere presto un suo nuovo romanzo!


Intervista a cura di Valentina Zinnà

Foto riprodotta con l'autorizzazione della casa editrice