Dovevano essere i “Cuori selvaggi” a guidare questa edizione del Salone e così è stato. Per l’esattezza 168mila cuori generosi e selvaggi, che nonostante i pochi mesi trascorsi dall’ultimo Salone, erano tutti lì a sfogliare libri, cercare editori, affollare incontri e sfidare un caldo infernale, che in Piemonte non vedeva un maggio così rovente dal 2003.
Così anche questo cuore selvaggio, che sarebbe il mio, e che è anche un cuore abitudinario e solitario al contempo, ha fatto un po’ fatica a trovare nuovi spunti.
Oltre i saluti di rito e la bellezza di ritrovare amici - che poi che il Salone sia una comunità è indubbio, come ha ricordato Lagioia - le file interminabili hanno proprio mandato per aria ogni piano e ogni diligente scaletta, che da buona giornalista e inviata di Critica ogni anno provo a mettere insieme, per poi sconfessarla indecorosamente.
Nella mia personale visione del Salone - ammetto ogni anno di averne una, che poi mi guida per l’intera manifestazione - ho deciso di conciliare necessità e virtù e farmi guidare dal Caso. Ho conosciuto così persone splendide, ho visionato piccoli editori interessanti (di cui presto vi proporrò le pubblicazioni sul sito) e ho eletto un mio autore del giorno.
L'incipit innanzitutto è davvero delizioso:
L'ultima volta mi hanno salvato le piante, le verdure selvatiche, le erbe spontanee che crescono nei prati, ai bordi dei sentieri, a ridosso dei muri delle case nei boschi. p. 9
La cura dello stupore di Michele Marziani ediciclo editore, 2022 pp. 160 € 15 (cartaceo) € 9,99 (ebook) Vedi il libro su Amazon |
L'incontro prosegue e io capisco che quest'uomo sconosciuto per me fino ad oggi, ha qualcosa di nuovo, inedito, soprattutto nell'ambito di manifestazioni in cui spesso il lettore sente quello che l'autore vuole che senta e si innamora di un'idea più che di uno stile, ed è la sincerità. Raccontarsi senza finzioni, con i propri limiti e le proprie manie, come quando dice di non ricordarsi i nomi delle cose e nemmeno le persone o di essersi quasi sentito in colpa per la scelta di vivere in Valsesia, che prima tutti hanno giudicato folle e infine gli sbattevano in faccia con frasi del tipo: "Fortunato tu, che vivi in mezzo alla natura; che vuoi saperne della Pandemia!", e nel libro commenta così questi momenti:
Così penso che qui dove vivo - dove attorno a casa raccolgo le erbe - non ci sono nato. Ci sono arrivato. Non per caso. Quindi la fortuna non c'entra, se non marginalmente, nella riuscita, ma non nella scelta. Ammesso che uno debba pure sentirsi in colpa per aver avuto fortuna. p. 20
Ed è più o meno a questo punto che ho pensato, anzi nella mia mente ho concepito un pensiero concreto, quasi tangibile, come un oggetto o la sedia su cui ero seduta, che questo autore era l'emblema dei "Cuori selvaggi" e che la fortuna o il Caso mi aveva condotto qui o forse era solo il saper ascoltare e la curiosità di conoscersi, senza preconcetti, senza idee o programmi.
Una spiritualità laica ha guidato ogni parola dell'incontro, ogni parola - credo - del libro, che infatti apre ogni piccolo capitolo con un nome, forse un'esortazione, in senso religioso, ovvero riflessioni sui misteri della vita.
Potrei dire molto altro del libro, ma preferisco che i lettori lo leggano, almeno quelli che hanno capito che queste parole parlano proprio a loro, tra queste c'è quel "sognare forte" che apre un mondo, quello sulla volontà di crederci, alle parole e alle idee, che nascono ma poi camminano da sole, pronte a conquistare nuovi cuori selvaggi e avventure senza tempo, che solo il piacere di leggere può regalarci ogni volta. Al prossimo Salone, e magari ognuno troverà un autore da adottare o un mantra per farsi guidare, come è successo a me. Nel frattempo, leggete!
Samantha Viva