Se avete già avuto modo di leggere Il morso della vipera o Il grido della rosa (entrambi editi da Garzanti, rispettivamente nel 2020 e nel 2021), avrete già capito che nella Torino degli anni '30 lo stile di vita era ben diverso dal nostro. Leggendo il nuovo Una stella senza luce, uscito da poco in libreria, scoprirete ad esempio che c'è chi ama - udite, udite! - il lunedì, che il mondo del cinema è tenuto d'occhio dalla censura anche più di quello dei giornali, che il passaggio dal film muto al film parlato è stato tutt'altro che semplice, che Torino è stata la capitale del cinema e qualcuno vuole tornare a farla brillare, che ci sono attori che tengono armi di scena in casa, come se niente fosse o, ad esempio, che non si può mandare all'aria il proprio fidanzamento per non creare un vero e proprio pandemonio.
Eh sì, direte, quest'ultima cosa la sapevo già. Vero, perché nei romanzi precedenti la bella dattilografa Anita Bo aveva già lasciato intuire il suo trasporto - peraltro ricambiato - per il suo capo Sebastiano Satta Ascona, e già i due avevano capito di dover tenere una certa distanza, perché Anita si doveva sposare da lì a pochi mesi con Corrado, un avvenente maciste, fascista e tradizionalista fin nel midollo, mentre Sebastiano è legato a Mavi, la figlia di uno dei pezzi grossi del fascismo a Torino. E, va detto, né Corrado né Mavi risultano antipatici: lui perché fa sorridere, continuamente ingannato dalle scuse di Anita per procrastinare le nozze o per evitare di restare sola con lui; lei perché «è una specie di candelina perennemente accesa sulla torta di compleanno del mondo» (p. 112), e come si può volerle male?
Quello che però sconvolge l'equilibrio (già precario) dei rapporti tra la dattilografa Anita e il suo capo Sebastiano è l'arrivo in città di Luminari, un grandissimo regista, ormai sul viale del tramonto, secondo i più, ma indimenticabile per un'appassionata di cinema come Anita. Quando l'uomo si presenta alle edizioni Monné dove lavorano i due protagonisti e propone loro di trarre un film da uno dei racconti gialli di cui si occupa la loro rivista "Saturnalia", i due sono a dir poco stupiti. Il sangue però si gela nelle loro vene quando Luminari propone di trarre un film da uno dei racconti di J.D. Smith. Come evitare il dramma? Che Luminari sia una spia inviata dal regime, che vuole appurare la colpevolezza di Anita e Sebastiano?
Per chi non avesse letto i libri precedenti e quindi non capisse di che cosa si sono macchiati i due protagonisti, ecco una piccola spiegazione che arriva dalla bocca di Anita stessa:
Una volta che abbiamo capito da che parte sta la verità, com'è andata davvero la faccenda, io e Sebastiano ci scriviamo sopra una storia, che sembra appunto di fantasia ma invece è più vera di quello che scrivono i giornali. La facciamo raccontare per finta a questo J.D. Smith, la ficchiamo in “Saturnalia”... e da lì in poi, be'... Almeno noi, la verità l'avremo raccontata: poi tra i lettori, almeno quelli di Torino, chi ha orecchie per intendere intenderà, o almeno questa è la speranza. (p. 23)