di Benjamin Myers
Bollati Boringhieri, giugno 2022
Traduzione di Tommaso Pincio
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Ricordate l'elegante, lirico, pluripremiato All'orizzonte di Benjamin Myers? L'ho messo sul podio delle letture dello scorso anno, perché mi aveva coinvolta e piacevolmente sorpresa per lo stile di scrittura letterario e a tratti poetico, altrove estremamente concreto. Quando la casa editrice Bollati Boringhieri mi ha mandato il nuovo Blu come te, ho lasciato da parte altre letture e non mi sono neanche presa la briga di leggere la trama, per la mia convinzione che un autore che amo può raccontarmi qualsiasi cosa. Beh, forse dovrò ricredermi... Con Blu come te, scritto da Myers nel 2016, siamo davanti a quello che è stato definito all'estero "folk crime", e con le sue quasi quattrocento pagine sa bene come sconvolgere il lettore e togliergli un po' di fiducia nel mondo (se ancora ne avesse).
Le vicende si svolgono nelle Dales dello Yorkshire, dove una quindicenne, Melanie Muncy, figlia di un ricco proprietario, scompare nella brughiera dove era solita passeggiare con il suo cane. La neve è ovunque, ma non si è certamente smarrita, lei che conosceva benissimo tutti i dintorni: le è successo qualcosa di grave e ci vuole poco perché parta una squadra di soccorso alla ricerca della ragazzina. Nelle primissime pagine, in realtà, noi lettori abbiamo già visto cosa è successo a Melanie e sappiamo che un bracconiere, sorpreso mentre squartava la sua preda, ha pensato bene di mettere a tacere la ragazza... Come? Ve lo lascio immaginare.
Le premesse sembrano quelle di un "normale" crime, ma le vicende si complicano quando a indagare viene mandato il detective Jim Brindle: perché da Londra scomodano uno come lui, che di solito si occupa di casi di omicidio tra i più difficili da risolvere e che infatti lavora per la Cella Frigorifera, la "sezione oscura" (p. 115), dove accade "roba sconvolgente" (ibidem)? Solo perché il padre della ragazza possiede mezza vallata? La polizia locale è schiva e reticente, se non addirittura ostile al detective: nel paesino sono abituati a far tutto da soli e chi viene da fuori genera sempre sospetto, a maggior ragione se è silenzioso, ossessivo e supponente come Brindle. La pensa diversamente un giornalista locale, Roddy Mace, che vede la possibilità di allearsi a Brindle per cercare di risolvere il caso (e riscattarsi così dopo un periodo in cui si è lasciato andare a sesso, droghe e alcol). Certo, non è facile interagire con Brindle, chiuso nei suoi pensieri e poco abituato a fidarsi degli altri, fissato sui suoi casi, ma Mace riesce in qualche modo a conquistarsi un po' di credito.
Quel che nessuno sa e che scopriremo nel corso delle quattrocento pagine è che dietro alla sparizione della ragazza c'è una rete intricatissima di accordi da non violare e per Brindle e Mace sarà ben difficile penetrare in questa dimensione di patti segreti, silenzi omertosi, minacce sottovoce, in nome di un passato di illegalità e di atti terribili. Fare giustizia, l'imperativo di Brindle, pare davvero difficile in questo contesto, anche se capisce subito chi è il suo uomo, ma deve cercare il movente e delle prove che lo incastrino definitivamente. Soprattutto perché dietro al killer c'è un intero universo di perversione da fermare...
Non leggete questo romanzo se siete schizzinosi o se avete lo stomaco debole, perché effettivamente ci sono pagine di enorme crudezza, come quelle dedicate alle fasi di decomposizione di un corpo, descritte nei minimi particolari, o anche le pagine dedicate a pratiche pornografiche estreme, che portano alla morte dei soggetti. Il sadismo non manca, insomma. Cosa c'entra tutto questo con la scomparsa della ragazza? Lo vedrete nel corso del romanzo, che sa certamente come tenere alta la suspense, anche se alcune insistenze sui traumi infantili del killer non sono niente di nuovo. Originali semmai le brutture a cui è stato perennemente sottoposto e lo stato di emarginazione in cui vive... Ma basta questo a spiegare le sue azioni? No, perché c'è ben altro sotto, qualcosa di ancora più sordido, perché meno viscerale e, al contrario, architettato con un'attenzione maniacale agli affari...
Una nota a parte merita lo stile che è stato impiegato da Myers per questo testo: svelto, paratattico, talvolta giustappositivo, con tante frasi nominali che isolano la scabrezza del messaggio, le assurdità del reale, le ferite del passato e le loro ripercussioni sul presente. I dialoghi procedono in frasi brevi e brevissime senza interpunzione (anche quando si tratta di discorso diretto legato), uno sotto l'altro, quasi in presa diretta. Questo in inglese scorre con quella rapidità angosciante a cui probabilmente vuole condurci il narratore ed effettivamente, dopo aver campionato un po' di pagine dell'originale Turning blue, posso dire che funziona. Ma cosa accade in italiano? Ammetto che ho pensato di abbandonare il libro dopo alcune decine di pagine, perché ero profondamente innervosita dall'assenza quasi totale di virgole in un crime: cosa caspita è accaduto?, mi sono chiesta più di una volta. Poi ho letto l'originale e immagino che Tommaso Pincio abbia cercato di operare una traduzione conservativa ma... a mio parere in italiano non sempre questo funziona: ci sono frasi che, prive di punteggiatura, rendono particolarmente ambiguo il discorso (cosa che in inglese non avviene), perché sappiamo bene che una virgola spesso non è un fatto di stile, ma può cambiare fortemente il significato. Per me leggere una frase come "Mi dispiace dice Brindle. Ho un appuntamento davvero" non mi dà alcun senso di rapidità, anzi mi richiede una rilettura della seconda parte per capire se davanti a quel davvero avrei messo una virgola (e la risposta è, ovviamente, sì). Dunque, capisco (forse) l'obiettivo di mantenere il più possibile un legame con l'originale, ma penso che in italiano alcune soluzioni siano così ambigue da richiedere la rilettura del testo ("Dicci dov'è grida. Chi ha dato l'ordine grida ancora. Dov'è?", p. 338) e, dunque, inficino la sveltezza garantita dalle stesse scelte in lingua originale. Sarà una percezione personale, non so, ma ammetto che spesso sono stata infastidita più da questo che da errorini veniali presenti qui e là ("Ognuno hai suoi peccatucci", p. 300, "magiare" anziché mangiare p. 316, oppure "anche se in realtà è morta e non abbia più gli occhi e la sua carne stia sfrigolando" p. 362,...).
A fronte di queste osservazioni, cosa mi ha portata, dunque, a terminare il libro e, tutto sommato, ad apprezzarlo, benché sia un genere molto lontano dai miei preferiti? «I pezzi del domino [...]. Stanno per cadere uno dopo l'altro» (p. 306): si aspetta con ansia di capire se Brindle riuscirà a risolvere il caso e a incastrare chi di dovere, o se, un po' come un commissario da giallo problematico, finirà per cadere vittima delle proprie ossessioni, interrompendo le indagini. Il romanzo funziona, non c'è che dire, e l'aggancio alla cronaca anche (un personaggio che incontrerete nel testo è ispirato alla vicenda torbida di Jimmy Savile). Eppure, chiudendo il libro, ho rimpianto il Myers di All'orizzonte e ho sperato di poter stringere presto tra le mani un suo nuovo libro di quella portata straordinaria.
GMGhioni
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