di José Ovejero
Voland, aprile 2022
Traduzione di Bruno Arpaia
pp. 352
€ 19,00 (cartaceo)
€ 8,49 (ebook)
Aveva creduto che diventare adulti fosse un processo di accumulazione. Acquisti via via esperienza e una maniera più rilassata di guardare il mondo; siccome non speri più di guardarlo, lo osservi, ci familiarizzi, in una certa misura lo accetti, senza che questo significhi che ti piace. (p. 42)
Aitor è un professionista di mezza età del mondo della radio. Sono vent'anni che è un precario mascherato da libero professionista e non pare aver mai avuto l'energia sufficiente per fare qualcosa di più. Il suo matrimonio ormai è fallito da tempo e i due figli vivono con lui, ma questo non significa che lo apprezzino. Soprattutto Ana, la figlia più giovane, ha la nausea delle piccinerie e dei soprusi del mondo capitalista e se n'è andata via di casa per vivere in un edificio occupato, dal nome parlante di El Agujero, Il Buco, dove insieme ad altri "idealisti" porta avanti la sua lotta antisistema. Il fatto che il padre la stia cercando con ogni mezzo e la nostalgia per aver abbandonato la famiglia non sono elementi che fanno presa su di lei. In fondo, come tutti prima di lei, sta solo cercando il suo posto nel mondo.
Ana sente l'eccitazione per il cambiamento, per quel grande evento che si approssima sebbene in pochissimi lo sospettino. E lei sarà parte di quel cambiamento. Il mondo come lo conosciamo sta dando gli ultimi colpi di coda. [...] La gente è sul punto, ma davvero sul punto di scendere in piazza. Ha bisogno di un segnale, nient'altro. E allora brucerà, come dice Alfon, la biblioteca di Alessandria, l'accumulo di saperi inutili. Tutto brucerà e lei ha già il cerino in mano. (pp. 34-35)
Antisistema o borghesi, idealisti o passivi, tutti i personaggi di Insurrezione di José Ovejero hanno un loro manifesto programmatico. Aitor vuole, da sempre, scavarsi la propria tana nel sistema, fare tranquilla cultura attraverso la radio, procedere in ordinata progressione per garantire e se stesso e alla famiglia una vita confortevole. Anche se ha le capacità per farlo e una professionalità solida, questo sistema sembra non volerlo mai accogliere del tutto. Ana non si sente a suo agio nel mondo che il padre le vuole costruire: i suoi programmi radiofonici la mettono in imbarazzo, i ricordi dei gesti d'affetto sono relegati nella nebbia del passato. Persino il chiamare l'ascensore mentre si prende la posta per risparmiare tempo la manda su di giri per la sua intrinseca natura di schiavi del capitalismo. La realtà della casa occupata sembra essere quella giusta per lei dove tutti sono "liberi da far paura" come le dice Alfon, il suo compagno di lotta. E dall'alto dei suoi diciassette anni, la ragazza sa già che "non c'è utopia peggiore di quella che si realizza". Louis, suo fratello, approva le sue motivazioni e si sente pronto a scardinare il sistema dall'interno: per questo nasconde la sua omosessualità e accetta una borsa di studio per gli Stati Uniti con la scusa di lavorarsi il sistema ed essere un infiltrato. Isabel, la madre, è convinta di poter dare il suo contributo a salvare il mondo producendo borse in materiali riciclati. Javier, l'investigatore privato che Aitor assolda per trovare Ana, prova la soddisfazione di aver fatto un buon lavoro quando recupera le prove di un tradimento coniugale o di una truffa ai danni di un datore di lavoro, ma prova un profondo disagio nel rendersi conto di aver umiliato la fedifraga con le sue foto o di essersi schierato dalla parte del padrone e non dell'operaio.
Nel momento in cui il manifesto programmatico di queste persone viene messo in discussione, la sola strada, a più livelli e con varie declinazioni, diventa l'insurrezione.
È quello. Esattamente quello che cercava. Stare stesa sulla sabbia a guardare il cielo, senza preoccupazioni né desideri. (p. 98)
Aitor viene raggirato da quel sistema in cui aveva cercato di sistemarsi e la ribellione è ricattare chi ha cercato di fregarti e consegnare la figlia alla giustizia. Ana scopre che la miccia per far scoppiare il sistema produce solo qualche calcinaccio e che tutti i compagni di fede sicura l'hanno abbandonata. Lei che con un fervore così adolescenziale si era calata nella parte, trova che la solitudine e l'abbraccio della natura, che torna a essere Madre, siano la sola strada da percorrere. Javier cerca di uscire dai suoi dilemmi morali ricattando i clienti. Louis accetta la borsa di studio in America e sappiamo che la pretesa di scardinare il sistema dall'interno è solo una coraggiosa bugia che racconta a se stesso. Isabel non riesce a pagare i materiali per la produzione del suo rivoluzionario progetto ecologista e si rifugia nelle ombre di un matrimonio che forse si può ancora ravvivare.
Chiacchierare con lei, chiederle com'è andata a scuola. Ascoltare le sue storie su quel professore così noioso o su quel compagno che le piace e non se la fila (o di qualunque cosa parlino gli adolescenti, perché ho due figli ma non so cosa gli interessa a quell'età). Leggere un altro po'. Dimenticarmi di ciò che sto leggendo perché penso a questo e a quello, a cose senza importanza che, in realtà, non mi preoccupano. Lasciarmi trasportare da quel film senza trama, dalla successione di scene poco significative di ricordi e fantasie. Rendermi conto all'improvviso che si è fatto tardi. Alzarmi dalla poltrona, aprire lo sportello del frigorifero ed essere in dubbio se prepararmi una frittata o un panino. (p. 16)
Nella lista di desideri normali, nel manifesto programmatico di Aitor c'è la visione del mondo di questo romanzo. Insurrezione contro il mondo intorno, oppure contro se stessi. Quello che conta è cercare un cambiamento per fa sì che, come nella gattopardiana memoria, tutto resti esattamente com'è.
Giulia Pretta
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