Breve cronaca di una lenta scomparsa
di Juliana Kálnay
Bompiani, giugno 2022
Traduzione di Elena Broseghini
pp.228
€ 16 (cartaceo)
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Breve e lenta, così ci dice il titolo. La storia dell'autrice Juliana Kálnay, nata ad Amburgo e particolarmente prolifica con racconti pubblicati su riviste e antologie, ci trasporta in un luogo estraneo, non definito, che potrebbe essere tanto la nostra città quanto un mondo alieno in cui le leggi della natura, quelle che conosciamo e a cui i corpi fanno capo, sono più imprevedibili e capricciose.
Espressione che ci porta alla memoria la scrittura e lo stile di grandi della letteratura come Gabriel Garcia Marquez o Carlos Fuentes, il realismo magico che adotta questo libro mi ricorda piuttosto quello preferito dalla più "classica" Isabel Allende: alcune delle opere della scrittrice cilena sembrano infatti scivolare nel genere autobiografico, ma invece che utilizzare questo termine, lei ha insistito sulle "memorias", ovvero sulla costruzione di collezione di ricordi più vicini alla finzione che alla realtà.
Ed è proprio questo il fulcro del libro della Kálnay: uno stabile misterioso, "il palazzo al numero 29" e all'interno delle sue mura una moltitudine di personaggi, inquilini e non, che si muovono, vivono, amano e raccontano in modi bizzarri.
Più d'uno ha vissuto cose in questa casa che altri forse considererebbero singolari. A volte parlano tutti insieme e si interrompono a vicenda. E a volte, quando è successo qualcosa che riguarda tutti, chiedo in giro e cerco di scoprire come è potuto accadere. Perché non è che io abbia visto tutto in questa casa. (p. 8)
E così la storia è come una pallina da biliardo, lanciata di personaggio in personaggio, raccontata da narratori multipli che, all'inizio, si fa fatica a distinguere. Ma è un po' come quando si va a vivere in un nuovo luogo, non si conosce nessuno, non ci si ricorda il nome del giornalaio o del panettiere e a poco a poco s'impara tutto. Così è questo libro: una sorta di matrioska che si apre man mano che i protagonisti (e sono tanti) svelano particolari della trama o di loro stessi, parlandoci in prima persona di eventi straordinari e inquietanti, magici per l'appunto ma che, in questo specifico mondo, funzionano come veri e reali.
Dunque assistiamo alla trasformazione di un uomo in un albero, alla scomparsa di una bambina che forse era una talpa, alla peculiare passione di un nuovo ospite per la vita domestica in un ascensore, all'insonnia cronica di persone misteriose e mai nominate; e ancora ai risvegli di una ragazza che si ritrova dei piccoli pesci rossi nel letto, all'ossessione dei piccoli del palazzo per il fuoco e per le cicatrici e agli occhi pungenti di Rita, che tutto sanno e tutto osservano.
Di quando in quando Nina balla, balla, balla fino all'alba, qualche volta anche fuori di casa, continuando fin sul pianerottolo. prima di entrare in casa si sfila le scarpe. Nina che non vorrebbe svegliare il fratello, del resto della casa poco le importa, e ancora meno degli insonni cronici. nella sorella di Bell ha un'alleata, tutti gli altri vadano pure al diavolo. Nina considera l'indifferenza un segno di forza e la sordità selettiva una grande fortuna. (p. 151)
Breve e lenta non è solo la cronaca, ma anche la fine della storia, indissolubilmente legata alla vita di Rita. Una casa questa del romanzo che vive e respira come una persona vera, che influenza la vita dei suoi abitanti in modi fantastici e, a volte, inspiegabili. La parte divertente sta proprio nel non cercare di decodificare il perché di un'azione o di una parola, ma nel calarsi nella magia della trama e credere che quel che succede possa effettivamente avvenire.
Sarebbe consigliabile leggerlo più di una volta, come si fa con i film un po' vintage o i libri dalla scrittura ormai obsoleta, per carpire meglio i dettagli nascosti nelle trame delle parole. Consigliato a chi ama le storie bizzarre e ai fan del realismo magico e delle favole popolari.
Deborah D'Addetta