L’ultimo umano sulla
Terra
di Lee Bacon
Mondadori, 2021
pp. 285
€ 17,00 (cartaceo)
€
8,99 (ebook)
Titolo originale:
The Last Human
Traduzione di Tommaso
Vervello
“L’ultimo essere
umano scomparve dalla faccia della Terra trent’anni fa” (p. 19): questo è
quello che sa XR_935. L’eliminazione dell’intera specie è stata necessaria,
poiché gli uomini, con la loro ambizione e il loro egoismo, stavano devastando
il pianeta. Lo ricorda ogni giorno il Pres1dente, che attraverso l’Alveare, l’enorme rete che connette
le menti artificiali di tutti i robot
esistenti, mostra loro le aberrazioni di cui si macchiavano per ricordare
come sia migliore un presente senza di loro. Del passaggio degli umani, oltre
alle nuove generazioni, più evolute, dei robot che loro stessi hanno creato,
restano solo strutture ormai fatiscenti e abbandonate, retaggio di una cultura ormai estinta. Il mondo dei
robot non ha nulla a che vedere con quello degli uomini: nella loro esistenza
non c’è alcun dubbio, alcuna ambiguità.
Tutto è bianco o nero, anzi, 0 o 1, secondo il sistema binario che governa il
loro pensiero. Ciascuno di loro è progettato con un compito, a cui è consacrato il loro stesso esistere e in
funzione del quale sono definire le loro strutture fisiche (“il nostro compito stabilisce tutto di noi:
come funzioniamo, come pensiamo. Se veniamo costruiti con due braccia, quattro
o sedici”, p. 25). Il compito di XR_935 è attaccare le scatole di
conversione in un campo di pannelli solari: da dodici anni, ormai, ogni giorno
ripete, instancabile ed efficiente, la stessa sequenza (“fissare, collegare, attaccare, ripetere”, p. 40). Con lui, i
colleghi SkD, che comunica solo attraverso emoji, e Ceeron, gigante gentile
appassionato di freddure umane.
È in questa routine inalterabile che si realizza il paradosso: la comparsa di una ragazzina, Emma, a dimostrare non
solo che gli umani non si erano affatto estinti, ma anche che potrebbero non
essere malvagi come l’opinione comune sostiene, che non necessariamente
rappresentano una minaccia per i robot. Emma è l’ultima sopravvissuta di una
piccola comunità che trent’anni prima si era rifugiata in un bunker sotterraneo
e che adesso è stata sterminata da una terribile malattia. I genitori, prima di
morire, le hanno lasciato una mappa con una meta da raggiungere. Cosa ci sia
all’arrivo, non è dato saperlo.
XR_935 sa che Emma ha solo l’1.6% di probabilità di
riuscire ad arrivarvi incolume. Decide perciò, insieme ai compagni di lavoro,
di scortarla. La scelta è tutt’altro che scontata, perché una delle regole
fondanti della società è che i robot non possono deviare dal loro compito, e non possono avere segreti per
l’Alveare.
L’incontro con la piccola umana è deflagrante non solo
perché spinge il narratore a deviare, letteralmente, dalla strada tracciata per
lui, ma anche perché lo mette di fronte a una creatura che ragiona in modo
totalmente diverso da lui, non predittibile, creativo: “la mente degli umani poteva essere misteriosa come la traiettoria di
una foglia che cade” (p. 100). Il confronto con un’alterità radicale spinge il protagonista a interrogarsi sulla
tenuta del pensiero collettivo, di una verità venduta come assoluta, su quei
file mancanti e perduti che forse potrebbero dare una visione più completa su
quell’agglomerato indecifrabile che era l’umanità. Perché Emma non è
responsabile degli errori dei suoi antenati, Emma è generosa e allegra, e
allora forse il male non è connaturato
all’uomo in quanto tale. Pochi giorni e poco più di quaranta chilometri di
viaggio, in mezzo alla natura diventano per XR_935 più formativi dell’intera
universalità delle informazioni, immediatamente accessibile a qualsiasi robot.
Attraverso Emma, il giovane robot inizia a scoprire il mondo, ne intuisce i
sapori, ne vede per la prima volta i colori. Fa l’esperienza, straniante, eccitante, dell’imprevedibilità.
Attraverso le difficoltà da affrontare, non ultimi gli implacabili
BotCacciatori, XR scopre il significato dell’amicizia e il coraggio di lottare
per ciò che è giusto.
Rivolto a lettori della scuola secondaria di primo
grado, il romanzo di Lee Bacon è interessante
nei presupposti e semplice nello sviluppo, così da risultare internamente
coerente. Ispirazione esplicita dell’autore sono i saggi di Yuval Noah Harari,
che si interrogano sulla storia dell’umanità e sulla sua evoluzione. In questo
caso, l’ambientazione in un futuro
prossimo dominato dai robot offre interessanti spunti di riflessione su
quali siano le specificità del genere umano, quali i pericoli che corre, quali
i valori morali che guidano ogni essere senziente. Alle soglie dell’estate, la
scrittura nitida e scorrevole di Bacon offre un intrattenimento leggero, ma non
banale, agli amanti della fantascienza.
Carolina
Pernigo
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