Qualcosa nella nebbia
di Roberto Camurri
NN editore, 2022
pp. 208
€ 17 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Che cosa ho appena letto? Ho girato intorno a questa domanda per diversi giorni prima di accingermi a ordinare i pensieri e le considerazioni su Qualcosa nella nebbia, l’ultimo, affascinante romanzo di Roberto Camurri (qui l'intervista su A misura d'uomo e qui quella per Il nome della madre), pubblicato come sempre da NN editore.
Qualcosa nella nebbia è un esperimento letterario davvero intrigante, per molti diversi si discosta da quanto c’è stato prima nella carriera autoriale di Camurri eppure ai libri precedenti è anche indissolubilmente legato; è una prova di abilità, un Camurri più maturo che si sporca le mani per raccontare una storia di traumi e sensi di colpa, di tormenti, dove non c’è redenzione. Dove Fabbrico, la città reale che diviene letteraria, si è fatta spettrale, misteriosa e pagina dopo pagina sempre più inquietante. E la scrittura di Camurri perfettamente intrecciata alla storia che vuole raccontare, si fa scarna, le frasi secche, gli indizi disseminati sapientemente sulla pagina, le aperture nervose.
C’è un incantamento difficile da definire nelle narrazioni di quello che a mio avviso è tra gli autori italiani contemporanei più interessanti e originali, capace sempre di sfidare le convenzioni e, in questo caso, anche un po’ i suoi lettori. I suoi libri hanno trovato accoglienza nella casa editrice più adatta e anche stavolta applicarvi un’etichetta risulta difficile, forse nemmeno così necessario. È un romanzo? O sono racconti? Personalmente lo considero un testo ibrido, con una sovrastruttura da romanzo ma costruito di tante diverse storie, alla fine intrecciate fra loro, ma godibilissime anche singolarmente. Ed è, soprattutto, una sperimentazione molto intrigante, un testo che si fa metaletterario e in cui realtà e finzione si confondono abilmente.
C’è uno scrittore, tormentato dai propri fantasmi – di carta e del proprio passato – che ha avuto un discreto successo con il primo libro e ora fatica a trovare il proprio posto nell’ambiente letterario, allo stesso modo in cui pare incapace di trovare pace nella vita privata.
In realtà scrivo storie di provincia ambientate in un paese che non ho mai visto davvero, Fabbrico. Storie di emozioni e sentimenti, intimiste. Che speravo avrebbero riempito il vuoto, riempito il buco che ho sempre sentito tra lo sterno e lo stomaco. (p. 11)
Ci sono i suoi personaggi, Alice, Andrea detto Jack e Giuseppe, di cui lentamente scopriamo i fili che li legano, ognuno di loro alle prese con i propri traumi e sensi di colpa.
E poi, naturalmente, c’è Fabbrico, più che un luogo questa volta una sorta di entità, misteriosa, avvolta nella nebbia, custode di segreti e dolori indicibili. Le radici, ancora, un conflitto irrisolto, la tensione tra andare e restare, la difficoltà del ritorno, ma questa volta Fabbrico non è solo provincia opprimente, è qualcosa di più oscuro, sono confini che allo stesso tempo proteggono e soffocano; i suoi contorni evanescenti, pochi luoghi pienamente tratteggiati, molto spesso proprio quelli più carichi di sofferenza.
Non è un testo di facile accesso, per struttura narrativa e per contenuti, ci sono alcuni aspetti a mio avviso non pienamente riusciti, ma l’insieme è incandescente: la scrittura di Camurri denota una sempre più profonda capacità narrativa e questo suo indagare le zone più buie dell’animo umano, questo sporcarsi le mani e sperimentare, rendono Qualcosa nella nebbia un testo di fronte a cui è impossibile restare indifferenti.
Intorno al nucleo principale, quell’intreccio di realtà e finzione su cui si fonda la narrazione tutta, si addensano altre tematiche e spunti, a partire dalla forma metaletteraria su cui è costruito.
Al di là del peso del dato autobiografico – e Camurri in un video per Rai Cultura ha sottolineato quanto questo sia il suo libro meno autobiografico – è interessante il gioco tra autore/i e personaggi, qui chiaramente esplicitato. La voce dell’autore protagonista del libro si alterna ai capitoli dedicati ai suoi personaggi, alle storie quindi che lui stesso ha creato, fino allo strabiliante epilogo. È, anche, l’occasione ideale per riflettere sulla scrittura, marginalmente anche su un certo mondo editoriale, ma è solo uno dei tanti spunti che emergono dalla pagina.
Come sempre ogni lettore troverà la propria chiave di lettura, ma ci sono alcuni elementi che i lettori di Camurri possono riconoscere come occorrenze, personali “ossessioni” dell’autore, a partire dalla riflessione sul rapporto padri-figli, che qui si complica di mancanze, parole non dette, antichi traumi, violenza. C’è poi, costante, il discorso sulle proprie radici, tra chi se n’è andato e chi invece è rimasto, forse in attesa, incapace di superare la perdita, chi perfino ha rimosso il ricordo delle proprie origini.
Andarsene, come Alice, che per un periodo è stata una stella della televisione, per poi ritrovarsi in quella che in apparenza è una vita ordinaria; i suoi continui ritorni clandestini a Fabbrico, il tormento, le scelte sbagliate, la violenza che la insegue.
Alice si guarda attorno, spera che nessuno la veda, che nessuno la riconosca. Da quando è andata via da Fabbrico la sua vita è cambiata, finire in televisione, sulle copertine dei giornali, è stato qualcosa che è successo senza che lei si rendesse davvero conto del come. Ora, ogni volta che torna a Fabbrico, un’emozione molto simile alla vergogna l’assale e l’idea che qualcuno possa fermarla per strada, chiederle una fotografia, un autografo, o peggio guardarla con superiorità e fastidio, le fa salire l’ansia. (p. 20)
I suoi ritorni silenziosi aprono squarci sul passato, suo, di Jack, di Giuseppe, e il carico di dolore e amore che si portano dietro. A Jack è dedicata la prima storia, la più struggente per certi versi, e lasciarlo andare è difficile. Anima fragile, come tutti loro. È rimasto sempre a Fabbrico, continua a prendersi cura di chi ama, nonostante una vita ai margini. Lo ha sempre fatto, fin da bambino, e della morte ha piena la memoria.
Anche Giuseppe è rimasto a Fabbrico, insieme ai suoi fantasmi: della donna che ama da sempre, Alice, che può avere solo mediante un perverso gioco sessuale, del padre, suicida molto tempo prima.
A Fabbrico forse l’autore protagonista non ci è mai stato, ma qualcosa lo attrae verso quel luogo, verso i misteri che custodisce. Ed è allontanandosi sempre più, fino in Olanda, che magari sarà possibile trovare le risposte e, soprattutto, le proprie radici.
Qualcosa nella nebbia è una storia potente, evocativa e inquietante, dove a far paura non sono le atmosfere spettrali quanto l’oscurità dell’animo umano, e i traumi che determinano il corso di una vita intera, le paure, i fallimenti. Non c’è redenzione possibile, lo abbiamo detto, non c’è luce, solo oscurità. C’è molta buona scrittura, molto coraggio e mestiere. Non vedo l'ora di scoprire dove ci porterà ancora la scrittura di Camurri.
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