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In mano altrui. Il traffico minorile in uno young adult coraggioso: "The Life I'm In" di Sharon G. Flake

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The Life I’m In. Io non mi arrendo
di Sharon G. Flake
Giunti, 2022

pp. 378 
€ 14,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook))
 
Traduzione di Marco Astolfi

Adesso so cosa si prova quando qualcuno cerca di farti a pezzi, strapparti il rispetto di te stessa, annientarti.
A più di vent’anni dal successo di The Skin I’m In (recensito qui), Sharon G. Flake riprende in mano le sorti dei suoi personaggi, in quello che è a tutti gli effetti uno spin off del primo volume.
Anche se il romanzo può essere compreso in autonomia, è solo leggendolo in continuità con il precedente che se ne possono apprezzare appieno le implicazioni e il ricorrere di alcuni personaggi.
Protagonista di questo nuovo episodio è infatti quella che nel precedente era la bulla, Charlese Jones, che troviamo qui sedicenne a fare i conti con i propri fallimenti.
Incapace di gestire i propri sentimenti, in balia di una rabbia che spesso la travolge e orienta le sue scelte, Char viene espulsa da tutte le scuole, non riesce ad avere amicizie vere, vive in uno stato di continua ribellione, nonostante l’impegno della sorella JuJu per tenerla fuori dai guai. Da questo deriva la scelta della tutrice di mandarla a vivere dai nonni in Alabama, dove iniziare un nuovo percorso in un ambiente più sano, più controllato.
Le cose non vanno però come previsto, perché durante il lungo viaggio in autobus Char decide di essere abbastanza grande per cavarsela da sola. Arrogante per nascondere la sua insicurezza, la giovane non sa valutare chi le sta di fronte, e finisce quindi per agire incautamente, come quando si fa carico della piccola Cricket, figlia di una compagna di viaggio, adolescente in fuga come lei, o come quando sceglie di fidarsi di Anthony, un uomo ambiguo ma attraente, che fa baluginare promesse di fronte a ragazzine in difficoltà. Sola e con una bambina non sua a cui badare, troppo giovane per lavorare e troppo orgogliosa per chiedere aiuto a chi le vuole bene, Char cerca di barcamenarsi come può, con esiti sempre più deludenti.
The Life I’m In è la storia di un lento sprofondare: la prosa dal passo cadenzato e il ritmo lento delle prime sezioni non fanno che accrescere il senso claustrofobico di una strada senza uscita. Char crede di essere una dura, ma è una ragazzina fragile. Crede di essere esperta del mondo, ma è ingenua, vittima perfetta delle manipolazioni altrui. La brama d’affetto è il suo punto debole, e di questo si approfitta Anthony, che è un adulto e usa i suoi bisogni per attrarla a sé, ponendosi come quella figura genitoriale di riferimento di cui lei, orfana, sente la mancanza, e in realtà imponendo per il suo aiuto un prezzo altissimo. Farsi chiamare “daddy”, utilizzare il soprannome intimo con cui le si rivolgeva solo il padre morto, sono le prime tappe di una crescente manipolazione affettiva, che presto sfocerà nella violenza aperta, e farà della ragazzina una vittima della tratta e dello sfruttamento sessuale. Sharon G. Flake entra a passo lento nel baratro oscuro del traffico di esseri umani, ma una volta dentro sceglie di guardare in faccia l’oscurità:
Ho male dappertutto, dentro e fuori. […] Quando sento i suoi passi, mi rannicchio tutta, stretta come un nodo dei miei capelli, poi nascondo la testa sotto il lenzuolo cercando di sparire. “Ti ho forse dato il permesso di coprirti, metterti a sedere, respirare?” mi chiede. “No. Ho forse detto che potevi muoverti? No.” Mi spiega che la risposta a tutte le mie domande e no finché lui non dice il contrario. (p. 226)
La narrazione in prima persona rende ancora più dura la percezione degli eventi per il lettore, che osserva Char farsi sempre più succube, sempre più prossima alla resa, a considerare se stessa proprietà d’altri, a sentirsi vuota, morta dentro. Flake è abile nel tratteggiare il personaggio, portandoci gradualmente, da una iniziale resistenza, legata principalmente ai suoi trascorsi da prepotente in The Skin I’m in, all’empatia inevitabile nel momento in cui diviene vittima, ma già presente da prima, da quando se ne intuiscono le motivazioni profonde.
La scelta più forte dell’autrice è di non terminare il romanzo con un lieto fine semplicistico. La liberazione di Char arriva quando manca ancora un centinaio di pagine, e l’autrice sceglie intelligentemente di mostrarne il seguito. Perché Char è in qualche modo rimasta prigioniera della casa di Anthony, quindi nel momento della fuga il suo percorso di ritorno alla vita è appena iniziato. Ci vogliono tempo, spazio, pazienza, supporto per ricostituire in unità i mille frammenti di una adolescenza violata. Ci sono scivoloni e passi indietro. Ci sono rinunce e paura e passi difficili che è necessario fare per riappropriarsi di sé.
The Life I’m In è un romanzo ben documentato e che obbliga a porsi interrogativi. La giovane lettrice, che rappresenta il suo destinatario più ovvio, deve essere messa sull’avviso di cosa troverà e magari aiutata ad affrontarlo in una fruizione condivisa. Al tempo stesso, quest’opera conferma il coraggio di tanti young adult recenti, che rifiutano di farsi ingabbiare dalle etichette per scendere al cuore marcio di una certa società e metterla a nudo, toccando tematiche che è bene riconoscere per formare degli adulti più consapevoli e attenti.
 
Carolina Pernigo