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«Io, o il mondo, tremavamo»: l'eruzione del Vesuvio del 79 raccontata dal mare in “La Fortuna” di Valeria Parrella

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La fortuna
di Valeria Parrella
Feltrinelli, 2022

pp. 144
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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«Io sono rimasto tre giorni e tre notti sospeso a metà strada, spettatore della lotta tra gli dei e gli uomini» (p. 136)

Conosciamo tutti la devastazione, preceduta dalla sorpresa annichilente del prodigio, che ha portato l'eruzione del Vesuvio, che nel 79 d.C., durante l'impero di Tito, ha sotterrato Pompei, Ercolano e Stabia. Tra i tanti a perdervi la vita ricordiamo lo scrittore, biologo e scienziato Plinio il Vecchio, comandante della flotta che a Miseno deciderà di avvicinarsi per rispondere alla richiesta di aiuto e per osservare più da vicino quel fenomeno straordinario, senza precedenti. 

Quello che però non sappiamo, e che Valeria Parrella ci racconta in questo suo nuovo romanzo per Feltrinelli, La Fortuna, è che a prendere il comando della flotta, quando Plinio decide di sbarcare, c'è Lucio, un ragazzo che ha da poco compiuto diciotto anni. Benché Lucio non veda quasi del tutto da un occhio, ha capacità straordinarie nel governare le navi, qualità che ha affinato grazie alla sua passione per la navigazione, unico vero scopo di vita, e grazie all'aiuto di personaggi - non ultimo l'imperatore - che hanno saputo intravvedere in lui la determinazione e il talento di chi è nato per stare sul mare. E dire che per Lucio i suoi genitori avevano pensato a ben altro destino! 

Infatti, dopo averci mostrato Lucio a bordo della nave in mezzo alle nubi scure dovute all'eruzione, a tu per tu con la paura e una decisione fondamentale da prendere, l'autrice ci porta indietro nel tempo, all'infanzia e all'adolescenza del protagonista. Scopriamo così che Lucio appartiene a una famiglia romana ricca, che prevede per il figlio un futuro da senatore («Vivevo infatti la stanchezza del figlio unico, su cui è fisso ogni sguardo e di cui si intuisce ogni sospiro», p. 50). Tuttavia, Lucio non studia con passione; al contrario dei suoi compagni, a cui i versi vengono semplici e aggraziati, il protagonista ha in mente il mare, e niente può distoglierlo dal suo pensiero dominante. E questo lo porterà a salire con l'inganno su una nave ormeggiata, a scoprire come si rema, come si leggono le richieste di aiuto,... 

La formazione di Lucio, dall'istruzione alla scoperta dell'amore, dai primi rudimenti di navigazione alle decisioni difficili, trova spazio in un romanzo che molto ci dice delle abitudini dei giovani romani, pur senza che il libro risulti didascalico. C'è il lirismo di Valeria Parrella, in queste pagine, un'attenzione al paesaggio, alle emozioni e alle riflessioni del protagonista che scardina la sintassi tradizionale, asserve la punteggiatura e le piega a seconda delle esigenze. Questo tratto stilistico, raccogliendo varie opinioni online e sui quotidiani, è semmai ciò che divide maggiormente i lettori: se la sottoscritta interpreta le scelte di Parrella come ammissibili e stilisticamente orientate, c'è chi resta disturbato dalla sintassi franta, dalle frasi nominali, dalla punteggiatura non allineata alla tradizione. Pur trovando legittime le perplessità di alcuni lettori, a me è parso invece che la frase, proprio come le onde del mare solcate dalle navi di Lucio, sapesse bene quando infrangersi sugli scogli, quando contro la prua e quando invece spegnersi in una schiuma leggera, sulla spiaggia ancora incandescente del racconto. 

GMGhioni