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Ne "L'album dei sogni" Luigi Garlando ci racconta la storia della famiglia Panini: un miracolo italiano fatto di figurine

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L'album dei sogni
di Luigi Garlando
Mondadori, 2021

pp. 520
€ 19,50 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)


Una grande storia italiana, raccontata con maestria, leggerezza e talento. "L'album dei sogni" di Luigi Garlando è una piacevolissima sorpresa, uno di quei libri che, all'ultima pagina, ti lasciano la sensazione di aver perso una bella compagnia di amici. Sarà perché Garlando è abituato a catturare l'attenzione dei ragazzi (suo l'ormai classico "Per questo mi chiamo Giovanni", dedicato a Falcone, e sua la serie delle Cipolline, la squadra di calcio che ha superato la sessantina di romanzi, ma potrei anche sbagliarmi in difetto), scrive in maniera accattivante e sa come suscitare l'interesse e la curiosità del lettore.
Che romanzo è "L'album dei sogni"? Si tratta di una saga familiare che ha per protagonista la famiglia Panini di Modena, sì proprio quelli delle figurine. Chi di noi non ha mai riempito quegli album? Che a mano a mano che la collezione si completava aumentavano in spessore... Calciatori soprattutto, ma non solo, Heidi, i Puffi, i robot, le principesse, le favole e le mille altre serie che hanno colorato l'infanzia di tutti noi. L'emozione di aprire quelle bustine, sperando sempre di trovare l'immagine mancante, i pacchi dei doppi per gli scambi negli intervalli a scuola o nelle lunghe estati in vacanza. Un libro che parla al nostro io bambino, pagine in grado di rievocare gioie ormai dimenticate.
La saga ha per protagonisti quattro fratelli, Giuseppe, detto il Vécio, Umberto, Benito e Franco, le loro quattro sorelle, Veronica, Maria Luisa, Norma ed Edda. Ma soprattutto la grande protagonista è Olga, la loro madre, detta, in modenese, la Casarèina (la figlia del casaro) che attraversa la storia della sua famiglia con nerbo e personalità.
Il romanzo si apre negli anni Venti del Novecento al tempo dell'incontro che fa scoccare la scintilla d'amore tra la Casarèina e Antonio, il ragazzo di campagna che sognava di volare (e lo fece sul serio, diventando aviatore durante la Prima Guerra Mondiale). I due giovani sposi, che in dieci anni mettono al mondo otto figli, incarnano quell'Italia contadina che tira avanti dignitosamente, con tanto lavoro e sacrificio, legata alla terra e alle antiche tradizioni.
La seconda generazione rappresenta invece il cambio di passo, lo slancio verso il futuro e, grazie a un'intuizione fortunata e audace, scommettere sulle figurine, dà vita a quello che diventerà un impero, i Panini di Modena. Una grande azienda internazionale che sarà valutata in 150 miliardi delle vecchie lire. Nel mezzo ci sta tutta la storia di questa famiglia che rappresenta gioiosamente la realizzazione di un vero miracolo italiano.
E se c'era un luogo dove tutto questo poteva accadere, non poteva essere altro che l'Emilia, questa parte di terra operosa dove l'ingegno ha sempre avuto una marcia in più: sono gli anni della nascita e della crescita della Ferrari a Maranello (Giuseppe, il fratello grande, vi lavora per un periodo e ne viene licenziato), della Maserati (e stavolta è Umberto a esserne licenziato... evidentemente la stella dei Panini era destinata altrove e soprattutto "senza padroni", come aveva auspicato il padre per i suoi otto figli), dell'Oci Fiat e di tante altre piccole aziende che, nel giro di pochi anni, diventano colossi e contribuiscono a fare dell'Emilia una delle terre più ricche d'Italia.
Le figurine non sono nate a Modena per caso, il seme non è stato portato dal vento. È caduto consapevolmente dove il terreno era più fertile, dove c'era più tradizione, più predisposizione al divertimento, al sorriso, all'innovazione. (p. 420)
La vera storia dei Panini nasce dall'edicola di corso Duomo che Olga rileva, con tanti sacrifici, dopo essere rimasta vedova a 41 anni. Dall'edicola alla vendita di francobolli, di figurine, di pacchi sorpresa, tutto si sviluppa da intuizioni fortunate e tempestive, in quell'Italia in cui avere un'idea e saperla sviluppare poteva portare lontano. Molto lontano. I Panini rappresentano la classica famiglia degli anni 50 che, dopo mille lavori e mille opportunità, trova la propria strada ingegnandosi, con il futuro negli occhi, come dovevano avere quei ventenni sopravvissuti a decenni di guerre, paura e fame.
La gente si è rimessa in piedi dopo la guerra, tutti ora vogliono fare grandi cose, tutti vogliono costruire. I giornali lo scrivono ogni cinque minuti, Biàtta: stanno nascendo aziende nuove, l'Italia sta ripartendo alla grande. Non ci mancherà il lavoro. (p. 204).
Dall'edicola ai consigli d'amministrazione della Walt Disney, una cavalcata trionfale che si apprezza ancor di più perché raccontata attraverso le vicende familiari. Di una famiglia che ha fatto dell'unità la propria forza. Mai i fratelli Panini hanno diviso le loro strade, "siamo entrati insieme, usciremo insieme" (p. 513) dice solennemente Giuseppe nel momento cruciale e finale della storia familiare dell'azienda; ogni decisione lavorativa viene presa non a un tavolo aziendale, ma davanti a un bel piatto di "caplèt" in brodo alla trattoria Bianca. Decisioni cementificate dalle tavolate da 30-40 che i fratelli erano soliti mettere in piedi per ogni occasione, con la gioiosità e la convivialità del "far baracca" tipica degli emiliani. E se non c'era un'occasione particolare, si festeggiava la nuova cravatta del marito di Veronica! La verve di Garlando fa sì che qualsiasi episodio, che si indovina raccontato più e più volte fino a diventare lessico familiare, dia ali alla sua fantasia. Fino a creare un romanzo vero e proprio. Una grande prova narrativa per la firma di punta della "Gazzetta dello Sport". Che forte della sua competenza ci racconta anche la grande storia del periodo attraverso gli eventi sportivi che l'hanno punteggiata, dall'eliminazione indegna dell'Italia a opera della Corea ai mondiali 1966 a Middlesbrough al mitico Italia-Germania 4-3 dei Mondiali del 70. E ce lo racconta da par suo, che par quasi di rivivere le emozioni di allora.
Ma se in tante storie di imprese familiari (genere che personalmente mi appassiona tantissimo), la Storia ci mette lo zampino e indirizza le sorti dell'azienda, nel caso dei fratelli Panini pare quasi che la Storia siano loro a costruirla, ci sguazzano dentro, la spingono, la creano. 
Davanti a noi sfilano i protagonisti: Giuseppe, il bisonte, fiero, sicuro di sé, determinato e pronto a spaccare il mondo; Umberto, dal grande ingegno manuale, autore di scherzi mitici, fortissimo tecnico, che ha portato la sua genialità anche in Venezuela; Benito, il più fragile dei fratelli forse, sgobbone e un poco sfortunato; fino al più giovane, Franco, grande amante dello studio, dei libri antichi e della letteratura. L'unico a studiare, trovare un posto in banca e avere il coraggio di lasciarlo per gettarsi nell'avventura familiare. E poi le mogli, le sorelle, i 26 nipoti (da vera famiglia numerosa), sempre tutti stretti intorno alla Casarèina, vero nume tutelare. Lei che, ventenne, nella famiglia Panini, era stata accolta dal solito rito che spettava alle giovani spose di una volta, tirare la sfoglia per tutti quanti.
Ecco perché Olga, che deve tirare la pastella per tutti, è tesa come non è mai stata in vita sua, neppure nel giorno del matrimonio. È più di una prova di abilità, più di un test d'accesso, più di un esame di laurea. In una famiglia patriarcale emiliana di inizio Novecento preparare la pastella, la prima pastella, è un rito di iniziazione che ha di per sé una sua impegnativa sacralità. Tirarla per cinquanta persone è un'impresa da Vello d'oro (p. 50)
E di episodi come questo, diventati ormai parte del patrimonio familiare, è costellato il romanzo (Laura, figlia di Franco, è l'anima che, grazie alla scrittura di Garlando, condivide i ricordi con noi lettori. Mi sarebbe piaciuto un utilizzo un poco più frequente delle espressioni dialettali che rendono il libro molto vero e rendono plasticamente l'eloquio dei fratelli. Ma forse Garlando, non essendo emiliano, non se l'è sentita di spingersi troppo in là oppure la parlata settentrionale paga un po' lo scotto di non essere ritenuta così "romanzabile", come lo sono, di contro, il dialetto e le parlate del Sud d'Italia, quasi avesse meno dignità letteraria.
Insomma un gran bel libro che non mancherà di appassionare i patiti del "celo celo manca" (e tutti noi l'abbiamo fatto), piacerà moltissimo a chi è alla ricerca di racconti d'impresa che hanno reso grande l'Italia e divertirà coloro che amano le storie familiari. Bene curata anche l'edizione, merce rara ormai trovare in un volume di oltre 500 pagine soltanto due-tre errori di battitura. Uno di questi però è abbastanza impegnativo: nell'utilissimo albero genealogico che apre la storia, la data di morte di uno dei tre fratelli Panini è sbagliata di dieci anni e nel corso della storia ci sarà un punto in cui l'errore disturba un po'.

Sabrina Miglio