Sardegna, 24 dicembre 1981: una nave cargo turca, l'Izmir, è alla deriva. Il mare in tempesta rende più arduo e pericoloso il suo salvataggio, di cui si occupa Achille Vitale, che guida una piccola ciurma specializzata in soccorsi in mare.
Non c'è niente da fare. I guai succedono sempre di notte. In questo piccolo ufficio a due passi dal porto di Cagliari, uno dopo l'altro, dalle sette di sera fino alle sei del mattino, facciamo a turno per montare la guardia e intanto ascoltiamo i bollettini nautici aspettando che accada qualcosa. (p. 13)
Questo è l'incipit fulminante - dopo un breve prologo - di un romanzo che si legge d'un fiato, senza sbavature o momenti di stanca. Credo che di Mare mosso di Francesco Musolino la prima cosa che si può dire è che non ha una pagina superflua e ciò significa un ritmo stringato ma mai tachicardico, perché alterna capitoli d'azione a capitoli più riflessivi, grazie al sapiente uso di flashback. Assai convincente è l'io narrante, Achille Vitale, del quale cogliamo sempre il mood, ma che non è mai un io debordante, cosicché la narrazione non è mai appesantita da divagazioni intimiste. Noi intravediamo la vita e la vicenda di Achille, quasi da spiragli, anche perché l'intreccio ordito dall'autore prevede anche un cambio di focalizzazione, che ci porta a seguire le vicende di Mr. K.
Ma andiamo con ordine: Andrea Vitale è un ingegnere navale la cui vita ha subito una brusca cesura nel momento in cui ha dovuto abbandonare per motivi personali l'accademia di Marina e la città di Venezia, dove aveva incontrato il suo amore Brigitta, «la ragazza dagli occhi che incendiano la notte». Costretto a reinventarsi una vita, accetta l'offerta di un armatore napoletano, il Cavaliere, di dirigere una flotta di rimorchiatori a Cagliari. Questo cambio di rotta metterà in crisi la sua vita sentimentale:
Sì, ci abbiamo provato. E poi il tempo ha iniziato a correre veloce, sempre più veloce, spingendoci l'uno distante dall'altro. Voi lo sapete che rumore fanno i sogni quando s'infrangono, quando si scassano e vanno in frantumi? Per me è stato l'assordante fragore del silenzio che subentra alle risate, la lunga quiete in un letto freddo, entrambi di spalle a rimuginare, troppo orgogliosi per darci una possibilità. E a quel punto non vedevo l'ora che fosse mattino per poter tornare al porto, a giocarmi la vita con il mare (p. 97).
Una vita di rischi, a contatto con l'immensa imprevedibilità del mare. La notte del 24 dicembre 1981, il salvataggio della Izmir, che dovrebbe contenere solo tonnellate di pesce surgelato, ma che in realtà delle misteriose casse, un carico illegale il cui contenuto fa gola al misterioso Mr. K, di Atene. L'autore porta la narrazione fino alla Spannung del capitolo 21:
Lancio un urlo e cado a peso morto in avanti mentre questa cazzo di nave turca comincia convulsamente a muoversi. Poi sento un gran fracasso di ferraglia che si apre, si lacera, si grattugia e si strappa.
«Siamo morti».
E tutto si fa nero. (p. 124).
Poi, raccogliamo gli effetti della storia, fino ad accarezzare un lieto fine, poi rovesciato da un colpo di scena finale. Molti dei capitoli sono introdotti da epigrafi, citazioni che servono come chiave esegetica di quanto viene raccontato. Fra le varie epigrafi, ho amato in particolare quella del capitolo 20: «Non c'è lido più lontano di quello dove non si approda» e non solo perché appartiene ad un concittadino di Musolino (e mio) Stefano D'Arrigo, ma perché ci rimanda al carattere mitopoietico del mare, della tempesta, dell'approdo mancato. Sebbene nascosto dalla veste di un noir, Mare mosso non dimentica la cornice simbolica del mare, quell'appartenenza indissolubile che ogni isolano conosce. E il lido di Achille Vitale, purtroppo, sarà molto lontano, senza approdo, ma il personaggio è talmente riuscito e, alla fine, amichevole, che lascia il desiderio di continuare a conoscere le sue avventure.
Deborah Donato
Social Network