di Matteo Bussola
Einaudi, 2022
pp. 160
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
«Sentì all'improvviso il peso del fallimento, si rese conto che i sogni, per quanto semplici, hanno bisogno di essere accuditi, fatti fiorire, non si possono affrontare con leggerezza, senza alcuna preparazione».
Raccontare storie di vita significa trovare la chiave per aprire in poche pagine un mondo e farci penetrare laggiù, nelle vite dei personaggi, portandoci a sentire cosa provano, cosa pensano, cosa desiderano, cosa li fa soffrire. Matteo Bussola ha questo enorme talento: sa farci empatizzare anche quando pensiamo di non farcela o quando non vorremmo, perché siamo coinvolti da mille impegni quotidiani, preoccupazioni e pensieri delle nostre vite. Invece, poche righe e accade la magia: siamo dentro alla vita di Sara, Margherita, Aurora, Maddalena, Rosi e le tante altre protagoniste. Lo avevo già constatato con Il tempo di tornare a casa (Einaudi, 2021), il libro che ho regalato di più lo scorso anno, e lo posso riconfermare ora per Il rosmarino non capisce l'inverno: Bussola sa come stregarci, con tutta l'onestà di chi vuole rappresentare un'umanità variegata, colta nelle sue contraddizioni, le fragilità e i tanti pregi (tra cui la capacità di lasciarsi emozionare dagli altri e di mostrare generosità). Se nel romanzo precedente era la stazione (o il treno) a fare da trait d'union tra i diversi personaggi presenti nel testo, che andavano a formare un romanzo polifonico e a incastro o, se preferite, una raccolta di racconti in cui ci sono vari punti di tangenza, per il Rosmarino il punto in comune ai vari racconti è l'essere donna. Come scrive Bussola, il libro muove dal desiderio di comprendere più da vicino l'universo femminile:
“Ho deciso di scrivere di donne perché non sono una donna. Perché ho la sensazione di conoscerle sempre poco, anche se vivo con quattro di loro. E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già».”
E dunque è così che varchiamo la soglia di case, uffici e ospedali, saliamo su un treno, entriamo in cimitero, cuciniamo in una comunità, saliamo su un cornicione, aspettiamo al tavolo di un bar,... Le tante donne che sono protagoniste a volte si incontrano, si scontrano, intrecciano le loro vite; quella che prima aveva avuto un racconto tutto per sé poi si trasforma in comparsa o in personaggio secondario del racconto di qualcun'altra.
Le età sono le più disparate, così come le condizioni economiche, culturali, lo stato sociale, le aspirazioni per il futuro, nonché l'identità di genere. Tra i tanti temi trattati, quello della malattia serpeggia attraverso il libro, così come quello del lutto, derivante dalla malattia, dall'anzianità o da drammi improvvisi: il passaggio all'accettazione e la ricerca di un conforto sono tra le fasi che entrano maggiormente nei racconti di Bussola. In tanti racconti troviamo al centro l'amore, ancora una volta, con le sue varie sfumature (un amore che nasce, un amore che crolla, un amore non ricambiato, un amore confuso), spesso raccontato nella sua evoluzione e anche in modo controverso («L'essere genitore non ti trasforma in automatico in una brava persona»): c'è chi si incontra e ottiene una seconda possibilità; c'è chi vive di compromessi finché finalmente se ne va, per accontentare sé stessa e un bisogno più profondo; c'è chi prova a dichiararsi, ben sapendo che non potrà più tornare indietro; c'è chi perdona e chi non lascia andare;...
Accanto a queste tematiche, già presenti anche nel libro precedente (ma dove erano trattate da altri punti di vista e con altri esiti), l'autore concentra alcuni racconti sull'identità di genere e sull'orientamento sessuale, nonché sulla libertà di essere, di sentire, di vivere la propria sessualità senza compromessi né pregiudizi. Ecco, i pregiudizi sono ancora ovunque, e questo Bussola ce lo lascia intendere senza particolari tentennamenti: ad esempio, invadono e peggiorano il mondo del lavoro, dove il colore della pelle, il fatto stesso di essere una donna o l'appartenere a generazioni diverse possono impedire una comunicazione autentica, prima ancora che cominci, sbarrare parecchie strade o complicarne altre, già messe a dura prova, ad esempio, dal precariato di un'intera generazione («Sorrido se penso a quanti mestieri mal pagati, precari, provvisori, intermittenti abbiamo collezionato nel corso degli anni, perché sono la mappa della nostra volontà di farcela»).
Se alcune di queste donne vengono raccontate nel loro momento di crisi, per altre è la svolta a dare energia e ad animare il racconto; per altre ancora la rassegnazione o il perdono sono portatori di pace interiore, mentre troviamo chi finalmente riesce a ottenere sicurezza, un desiderio realizzato, un affetto trovato o ritrovato,... L'impressione, leggendo Il rosmarino non capisce l'inverno, è che questi racconti hanno bisogno di decantare dentro di noi, perché Matteo Bussola sa scrivere con la leggerezza e la semplicità solo apparente ci porta a leggere velocemente i racconti, troppo velocemente. Poi ci accorgiamo che i contenuti dei testi sono vite possibili da maneggiare con cura, con rispetto e anche, perché no?!, da confrontare con la nostra, e dunque consiglio di lasciarsi pure trasportare dalla lettura di tutti i racconti in un pomeriggio, ma di riservarsi la possibilità di tornare indietro, rileggerli, ripensarli.
GMGhioni
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