Oh my darling, Clementine
di Amity Gaige
NN Editore, 2022
Traduzione di Chiara Baffa
pp. 240
€19,00 (cartaceo)
€8,99 (ebook)
«Che importa se i draghi sono un’invenzione? Che importa se non lo sono? Crediamo in ciò che vogliamo, e una storia è “solo una storia” nella misura in cui un fatto è “solo un fatto”. Di tanto in tanto arrivava qualcuno che diceva a Clark di “crescere”, di “affrontare la realtà”. Ma perché una volta “cresciuto” dovevi perdere la possibilità di accedere alla vita più grande di tutte, e i precetti che avevi tanto amato venivano screditati, e i draghi diventavano ridicole fantasie, mentre tu cercavi di inserirti in un regime impossibile e quadrato di maturo scetticismo? A lui quelle cose mancavano. Gli mancava una vita che includesse la possibilità dei draghi.» (p. 130).
Una coppia di giovani sposi e una casa nuova che sembra possedere un’energia speciale, capace persino di far collassare un matrimonio: l’espediente narrativo di Oh my darling, Clementine non sarà qualcosa di inedito in letteratura, ma anche la trama più semplice del mondo può trasportare i lettori verso mondi ignoti, se la penna sa fare il suo dovere. E senza dubbio quella di Amity Gaige sa il fatto suo: dalla lettura di questo romanzo si esce con la consapevolezza di aver ricevuto qualcosa, che è forse la sensazione che tutti noi ricerchiamo quando ci avventuriamo in una nuova storia.
Ci troviamo nelle campagne americane, tra stradine battute e campi di grano che sembrano suggerire la possibilità di una vita aperta e libera. Clark e Charlotte, sposi da tre anni, cominciano insieme una nuova vita in una piccola casa gialla in periferia. È una di quelle coppie in cui le differenze tra i due individui emergono continuamente, ma adornate da una tenerezza quasi struggente. Come evidenzia acutamente la traduttrice Chiara Baffa nella nota a fine libro, Clark ha una visione epica della vita ereditata dalla madre, una donna affetta da disturbi mentali che, al tempo della narrazione, si è suicidata da quasi un anno. Cresciuto tra le storie assurde e i sogni irrealizzabili della madre, Clark investe la sua intera vita nella ricerca spasmodica di quella che lui chiama l’abbondanza. Si tratta di quella particolare condizione che gli esseri umani sperimentano quando sono piccoli e sembra possibile essere accolti dalla vita come dall’abbraccio di una madre, quando si va incontro al mondo con passione, seppure procedendo a tentoni, alla ricerca di tutte le cose che possono far vibrare delle corde dentro di noi. «Almeno io mi butto, ci provo», urla Clark durante un litigio con Charlotte. «Magari a volte farò la figura dell’idiota, ma ci sto provando. Non mi nascondo perché non mi vergogno di non essere perfetto» (p. 155). Clark non si protegge, e c’è qualcosa di dolcemente amaro nel modo in cui chiede a Charlotte di costruire un’arca, suonare un’armonica per lui, e tante allegre richieste che suonano come richieste di vita, come se non ne avesse mai abbastanza.
Charlotte, invece, si protegge fin troppo. “Intrinsecamente incapace di essere carina o di sforzarsi di esserlo”, è stata abbandonata dalla madre ed è figlia di una coppia di genitori adottivi con i quali mantiene un rapporto di cordiale distacco. L’incanto con cui Clark osserva il mondo è un tratto che non può condividere, ma per il quale dentro di sé nutre una benevola invidia. È una ragazza forte, ma la sua è una forza precaria, pronta ad andare in pezzi all’improvviso dopo anni di estenuante resistenza, e così accadrà.
Ben presto il sogno di una vita felice viene messo a dura prova da una casa che sembra avere una vita propria. Comincia tutto con alcune strane sensazioni, alimentate dalle voci dei vicini che spiegano come diverse coppie abbiano lasciato quella casa di punto in bianco. Le sensazioni diventano autentiche certezze e poi allucinazioni, ma né Clark né Charlotte si decidono a parlarne; preferiscono attribuire tutto alla loro immaginazione e ignorare la cosa. A questo punto ci si aspetterebbe una discesa nei meandri del thriller/horror, ma così non avviene. L’autrice comincia a scavare nella psiche dei due personaggi, che gradualmente perdono il controllo e si ritrovano faccia a faccia con i propri demoni. Improvvisamente non riescono a smettere di litigare, rimproverando l’uno all’altra quegli stessi tratti che avevano amato: e così Clark viene accusato di essere un bambino immaturo completamente plasmato dalla pazzia della madre, mentre Charlotte diventa una senza cuore dall’anima piccola e fredda. Clark se ne va, Charlotte crolla, qualcosa si disintegra in entrambi, le differenze che un tempo viaggiavano in armonia sui binari delle loro personalità hanno iniziato a trasportarli altrove, in una corrente opposta e contraria. Ma come in ogni storia d’amore che si rispetti, c’è sempre una chiave per recuperare la fiducia perduta, se lo si desidera di vero cuore.
Oh my darling, Clementine è un crescendo, un romanzo in cui gli eventi precipitano di pari passo con la scrittura, che si fa man mano più caotica, meno lucida, volontariamente enigmatica. Improvvisamente vediamo il mondo attraverso un filtro impastato, quello di Clark e Charlotte che faticano a restare aggrappati alla realtà, ed è come se le parole seguissero questa dinamica evaporando oltre la compiutezza della narrazione. È anche un romanzo in cui la sensibilità dell’autrice si manifesta in alcuni passaggi davvero toccanti, che suscitano una gradevole sensazione di comunanza e solidarietà: perché in fondo, tutti noi abbiamo vissuto momenti di ribellione a una realtà alla quale non sempre abbiamo la forza di piegarci.
Alessia Martoni
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