Essere un altro è un sollievo. Sfuggire alla propria vita. Distruggere ciò che si è fatto. Ciò che si è fatto male. Se solo potesse formattare la sua memoria e ricominciare da zero. (p. 59)
Cosa può portare un uomo distinto a scendere alla fermata successiva del treno e a cercare qualsiasi mezzo per tornare indietro, dopo aver visto un cartello "vendesi" fuori da un appartamento disastrosamente diroccato, a ridosso dei binari del treno? Inizia all'insegna dell'enigmaticità La buona fortuna di Rosa Montero e prosegue così, perché quando il protagonista, Pablo Hernando, arriva al paesino di Pozonegro e, per la precisione, al palazzo sporco e poverissimo a ridosso della ferrovia, scopriamo che vuole acquistare al momento l'appartamento, senza nemmeno visionarlo prima. Il proprietario, Benito Gutiérrez, all'inizio si insospettisce, ma poi il richiamo del denaro fa il resto e, in presenza di un altrettanto sospetto notaio, si stipula un accordo. L'interno dell'appartamento è a dir poco fetido, così come la disposizione delle stanze è insensata, con quel corridoio enorme a rubare lo spazio, già molto limitato. Eppure Pablo, che scopriamo essere uno degli architetti più famosi al mondo, decide di restare, di rincantucciarsi per terra e di dormire alla meno peggio lì, mentre i treni fanno vibrare i vetri e la casa stessa, a ogni passaggio.
Ha perso la testa Pablo? Sta forse scappando da qualcuno o da qualcosa? Per rispondere a queste domande, che si assiepano ossessivamente nella mente di qualsiasi lettore, bisogna aspettare un po' e calcolare che Pablo, che in effetti non sta usando le sue carte di credito né il telefono, ha una serie di segreti che si spiegheranno solo al momento narrativamente più opportuno. Se da un lato Pablo ha calcolato che i suoi soci dello studio si sarebbero dapprima insospettiti e poi allarmati per la sua sparizione improvvisa, dall'altro non poteva immaginare che proprio in quel palazzo scalcinato avrebbe incontrato autenticità e generosità.
Per cominciare, c'è la sua vicina, Raluca, una trentanovenne «gloriosamente imperfetta» (p. 75), che senza i suoi denti storti e l'occhio un po' pigro sarebbe stata troppo bella; in ogni caso, il suo fascino è semmai accresciuto dalle imperfezioni, che cessano di essere difetti. Rumena d'origine, Raluca ha imparato fin da piccolissima a cavarsela da sola, perché ha girato per orfanotrofi e famiglie affidatarie, e ha scoperto presto cosa significa non essere amati. Nonostante varie delusioni, non ha mai smesso di farsi in quattro per gli altri, adattandosi alle circostanze, accontentandosi del suo appartamentino a Pozonegro e del suo lavoro come cassiera al Goliat, un grande centro commerciale, impersonale sì, ma unica fonte di reddito per tanti abitanti di Pozonegro, dopo che sono state chiuse le miniere in tutta la zona. Nel suo tempo libero, Raluca dipinge grandi e possenti cavalli, che le danno l'idea di una libertà e di una forza che ammira; inoltre, bada a Felipe, un ottantenne che vive nel palazzo, solo con la sua bombola dell'ossigeno. Raluca non è riuscita però ad avvicinarsi ad Ana Belén, giovane madre senza lavoro, che cresce la sua bambina all'insegna della povertà, lavoricchiando qua e là dove possibile. Dal loro appartamento si sentono spesso grida e voci dal tono alterato, ma nessuno sa cosa succeda davvero lì dentro.
In questa microcomunità così variegata, estremamente legata ai bisogni materiali, Pablo è un pesce fuor d'acqua, e, benché sia vagamente infastidito dall'invadenza di Raluca, accetta di cercare anche lui lavoro al Goliat. E, inevitabilmente, si rimette in gioco. Ma Pablo, con il suo carattere distinto, le parole appropriate, benché scarse, il suo portamento, attira subito gli sguardi di tanti e c'è chi, come Benito, l'ex proprietario dell'appartamento, vuole sapere di più sul suo conto. Noi lettori scopriamo che Pablo viene tenuto d'occhio anche dalla polizia, in un'operazione sotto copertura, ma perché mai?
Se da un lato seguiamo il presente di Pablo e degli altri personaggi, talvolta sentendo i loro pensieri in brevi capitoli dedicati a monologhi interiori, dall'altro i ricordi affiorano e così possiamo conoscere più da vicino i personaggi, specialmente Pablo e Raluca. E gli antagonisti non mancano, ma non si può accennare a nulla, o si farebbero delle anticipazioni imperdonabili. A queste scelte narrative si intreccia una terza soluzione originale: Rosa Montero introduce, attraverso le parole o i pensieri dei suoi personaggi, fatti di cronaca nera (dunque, realmente accaduti), che intervengono a mostrarci una realtà terribile, difficile da accettare, tra abusi e maltrattamenti, fino a omicidi di minori perpetrati da familiari.
Tutte queste dimensioni si fondono alla perfezione, senza che avvertiamo mai forzature o disequilibri. Inoltre, La buona fortuna conserva un alto tasso di curiosità, sfuggendo continuamente alla definizione di un genere: è forse un giallo? Del mistero c'è, certo, ma la polizia resta sullo sfondo e, viceversa, sono indagate soprattutto le questioni esistenziali e la vita interiore dei personaggi, comprese le loro pulsioni. Eppure attraverso lo stupore degli occhi di Pablo, disabituati alla miseria, incontriamo anche un'efficace denuncia sociale di ciò a cui porta la crisi economica: da un lato c'è chi fronteggia giornalmente difficoltà notevoli, ma continua a condurre una vita onesta e decorosa, sebbene priva di sbocchi o di rilanci; dall'altro, c'è chi cerca di arricchirsi ai danni degli altri, ricorrendo a mezzucci per sbarcare il lunario e comprare la droga. E, ancora, questo può essere considerato anche un romanzo delle seconde occasioni, perché nella scelta apparentemente insensata di Pablo si intravvede la necessità di tornare a sentire, lui che «è così fuori dalla sua vita (o da qualunque vita) che [...] sente molto poco» (p. 85). Sguardo disincantato sul mondo e speranza si mescolano e Rosa Montero ha il potere di ridarci fiducia nelle seconde chance.
GMGhioni
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