di Valerio Principessa
Milano, Feltrinelli, 2022
pp. 288
€ 16,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
La casa del tè racconta la storia di Gabriel, a cui è morta da poco la nonna, alla quale era stato affidato tempo addietro. Quindi, in assenza di altre figure parentali a cui ricorrere, si decide che il giovane entrerà in una casa famiglia, Casa Retrouvailles, ovvero la casa del tè (da qui il titolo). Questa dicitura è dovuta al fatto che la residenza è retta dalla signora Michiko, un'anziana giapponese che ospita diversi bisognosi, e a cui, appunto, offre spesso del tè come segno di ospitalità giapponese. Tra le mura dell'edificio, infatti, trovano posto, oltre a Gabriel, ultimo arrivato, anche altri adolescenti e ognuno di loro è lì per un motivo diverso: Amina, arrivata dall'Africa con un viaggio della speranza, Damiano (soprannominato Scar), che è lì per sfuggire alle violenze paterne, Chiara, esperta del cielo stellato ma non dell'amore, Greta, che scrive sempre al suo cellulare ma non si sa a chi, e un bambino, Leo.
Pian piano, sotto il tetto della residenza si crea un microcosmo che sarà particolarmente significativo per Gabriel, il quale imparerà a fidarsi di nuovo e a costruirsi una nuova famiglia coi suoi compagni d'avventura. La diffidenza, iniziale, infatti, si sgretolerà pian piano, lasciando posto a una potente fratellanza tra i vari componenti della casa famiglia, soprattutto dopo un evento inatteso, che li costringerà a stringersi di più.
«La vita, come una casa, per reggersi in piedi deve poggiare su qualche punto fermo. Te ne accorgi quando arriva il terremoto e non stai lì a chiederti a se i punti fermi siano quelli dei tuoi sogni. Ti basta che siano lì. [...] Il brutto è che dura sempre poco. La sensazione di non essere solo, intendo, non resiste al confronto col tempo. Amore e amicizia sono due parole vuote. O forse troppo piene, il che è la stessa cosa. Se ci sono mille modi per essere amico o per amare, basta sceglierne due diversi e il gioco è fatto. Il rapporto è finito. E sei di nuovo solo.» (p. 235)
Il messaggio ultimo del libro è lodevole, poiché quello che sembra emergere dalle pagine è la capacità di fare un ritratto di differenti situazioni di disagio sociale, con annessa la volontà di trasmettere un messaggio di speranza e rinascita. Un intento importante, per il primo romanzo di Valerio Principessa.
Dal punto di vista strutturale, è sicuramente apprezzabile l'intenzione di creare una storia perlopiù lineare, senza troppe parti intricate, mentre dal punto di vista più strettamente stilistico possiamo dire che si tratta di un buon esordio, promettente, in cui la scrittura - decisamente comprensibile e puntuale, a volte quasi icastica - si accompagna alla tendenza di mettere tanta carne al fuoco, partendo dalle parole intraducibili (di cui Gabriel è appassionato) fino ad arrivare a nozioni culturali di vario tipo (ad esempio, quando si parla di Einstein e dell'equilibrio, con relativo collegamento con la spirale della conchiglia del Nautilus, fino ad arrivare alla riflessione - dopo quasi una pagina e mezza - secondo cui invece sono il disequilibrio e l'asimmetria a governare la vita umana). Questa caratteristica trova la sua spiegazione nelle pagine finali del libro, poiché lo stesso autore riconosce e dichiara di essere, negli anni, sempre stato spinto da una forte curiosità, che gli ha permesso di raccogliere diversi aneddoti culturali. Questo tratto, se ben calibrato e gestito, è decisamente una buona carta da giocare per la scrittura di un libro, e potrebbe diventare un'ottima risorsa per arricchire dei personaggi o delle vicende. Un buon esordio, quindi, animato da ottime intenzioni e che dimostra sicuramente delle potenzialità promettenti.
Valentina Zinnà
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