Ci protegge la luna
di Agata Bazzi
Mondadori, 2022
pp. 305
€ 19,50 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)
Sulla sensibilità di Rosa i paesani costruirono una leggenda. Era una bambina speciale e per loro era un vanto. Per anni le storie che la riguardavano continuarono a essere raccontate come una favola a bambini e forestieri, ogni volta arricchendosi di particolari non necessariamente veri. (p. 43)
Rosa è una bambina speciale, parla con gli animali, con i fiori, con le erbe, è in simbiosi con la natura, sembra sapere quello che gli altri pensano, indovina ciò che la sorella disegna, sa sempre dove si trova la madre senza che nessuno glielo dica. In tempi odierni tutto questo sarebbe guardato con sospetto, magari materia per psicologi dello sviluppo. Ma nella Sicilia rurale degli anni Trenta del Novecento il confine con il non razionale, con il mondo altro, non era tracciato con una linea netta, così come avviene oggi. L'ambientazione narrativa è quella di un mondo arcaico, pieno di credenze e di "magie", presentimenti e divinazioni.
Era consuetudine che esistessero donne un po' maghe, dotate di istinti profondi e superiori, legate a doppio filo alla natura, capaci di capire i "pensieri" e i sentimenti degli animali, di sfruttare le potenzialità delle erbe per sconfiggere le malattie, e persino in grado di stabilire un contatto con l'aldilà e il regno dei morti. Donne un po' streghe, temute e riverite per la loro capacità di guarire mali del corpo e dell'anima.
Come Rita, amica di Caterina, la madre di Rosa. Rita, a sua volta guaritrice, dolcemente fa capire all'amica che la neonata è una bimba speciale. E tale rimarrà sia nell'adolescenza che nella vita adulta, quando fuori dalla finestra della sua modesta casetta si formeranno file di uomini e donne in cerca di un aiuto, di un medicamento, di una parola di consolazione. Nemmeno il prete del paese che, insospettito dai "poteri" di Rosa, fa intervenire un esorcista, nemmeno il medico, il dottor Alabiso, scavalcato dalla ragazza in quanto a fiducia dei paesani, riusciranno nel loro intento di allontanare Rosa dal paese. La piccola, divenuta donna, si sposerà e avrà tre figli, Ignazio, Mimmo e Beniamino, a sua volta bambino speciale. Ma Rosa, che adora questo suo ultimo figlio venuto al mondo piccolo e debole, non riuscirà a capire per molto tempo in che cosa consista il suo essere "speciale". Proprio lei che è in grado di conoscere le malattie del cuore di tutti i paesani, che vede e prevede, sente e percepisce, resterà per lungo tempo cieca di fronte al dolore che il ragazzo si porterà nel petto.
Il romanzo di Agata Bazzi, "Ci protegge la luna", è ambientato in un piccolo paese mai nominato della Sicilia, terra d'elezione anche del suo primo romanzo, "La luce è là", uscito per Mondadori nel 2019 (leggi qui la nostra recensione) nel quale raccontava l'ascesa degli Ahrens, grande famiglia di imprenditori tra Otto e Novecento di cui Bazzi stessa è discendente. Da una vicenda tutto sommato biografica, la scrittrice passa a un romanzo di pura fantasia nel quale la Sicilia, le sue credenze, le sue vicende storiche, il suo carattere, riflesso nei personaggi, sono un tutt'uno con la narrazione che si fa forte di un substrato suggestivo, di atmosfere sospese tra la realtà, la magia e la luce lunare. Che, alla fine, è l'unica a indicare la strada da seguire.
Attraverso la storia di Rosa, a cui è dedicata la prima parte del romanzo, e quella di Nino, su cui si concentra la seconda, il lettore assiste al cambiamento che ha investito le campagne dell'entroterra siciliano dagli anni Trenta agli anni Settanta del secolo scorso. La prima parte racconta un mondo ancora feudale, dominato dalle famiglie nobili che possedevano i latifondi e vivevano nei palazzotti aristocratici del paese solo per la villeggiatura estiva, come la contessa "così grassa... che sembrava sciolta sul divano" (p. 36). Un mondo scosso dalle prime agitazioni dei contadini che, sobillati dai primi sindacalisti e politici, chiedevano a gran voce la riforma agraria. Rivolte però ben presto sopite perché gattopardescamente tutto cambia perché nulla cambi. Un mondo di pastori, di mezzadri, di contadini, uomini votati alla terra dalla quale raramente i figli potevano slegarsi. Il destino delle famiglie era ormai segnato e i pochi che riuscivano a far partire l'ascensore sociale, come il medico del paese, il dottor Alabiso, guardavano gli altri dall'alto in basso. Il personaggio di Rosa in questo "piccolo mondo antico" è perfettamente coerente.
Beniamino, il figlio più amato da Rosa, perché piccolo, debole, diverso dagli altri, preso in giro dai compagni che gli urlano "femminello", si ritrova a vivere un'epoca di transizione, quando le campagne si riempiono di case e palazzi, quando i contadini si trasformano in muratori o operai. È la modernità degli anni Sessanta, che non arriva però ad aprire le menti dei compaesani. E a seguire l'Italia degli anni Settanta, scossa da brividi di rinnovamento, di ribellione, di nuovo... un fermento che sembra coinvolgere Beniamino e assegnargli un ruolo nella società. È la speranza in un mondo diverso dove anche l'omosessualità può essere vista come un modo di amare e non come una malattia. Per poco però, anche in questo caso prevarrà l'inerzia. E Beniamino, lacerato dai sensi di colpa, diviso in se stesso, violentato nei suoi sentimenti, ma finalmente deciso a vivere la sua diversità, torna in paese per stare vicino alla madre fino all'ultimo suo respiro (un passaggio tanto commovente quanto umano), e lentamente si adatterà alla vita lontano dalla città.
L'autrice ci accompagna attraverso tutti questi passaggi seguendo l'evolversi dei personaggi, Rosa e Beniamino in primis, ma anche i comprimari, dal padre Rosario alla sorella Giovanna, la contessa, la sua capricciosa figlia Eleonora e tanti altri. Anche se alcuni vengono lasciati un po' in sospeso, appaiono e poi scompaiono senza lasciare una traccia rilevante. Allo stesso modo, le due parti del romanzo, "Rosa" e "Beniamino", risultano in parte slegate, costringendo il lettore a un brusco cambio di prospettiva. Piccole imperfezioni che però non tolgono nulla all'intensità del narrato, che si fa romanzo d'amore e di magia.
Non cerchino i lettori avvenimenti e colpi di scena nel romanzo, che prosegue invece su binari paralleli e senza troppi scossoni: l'autrice è più attenta a rappresentare il cambiamento che avviene all'interno dei personaggi davanti ai capitomboli e agli imprevisti che la vita mette loro davanti. La profondità della rappresentazione di madre e figlio, il loro amore unico e inscindibile, la loro vita legata a doppio filo sono tra le parti più significative del libro. Che rappresenta certamente un'evoluzione nella produzione narrativa della scrittrice siciliana, sia dal punto di vista della caratterizzazione psicologica dei personaggi che della raffigurazione della società del tempo.
Sabrina Miglio