«Tra i Manzoni preferisco quello in auto: Flavio»: "Il metalinguaggio della forma"



Il metalinguaggio della forma.
Lectio Magistralis di Flavio Manzoni

testi e disegni di Flavio Manzoni

con un saggio introduttivo di Aldo Maria Morace

consulenza editoriale e Art Direction di Enrico Leonardo Fagone

traduzione di Adrian Griffiths

fotografie di Guglielmo Galliano

Ilisso Edizioni, 2022

pp. 152 (195 immagini a colori)

Edizione speciale bilingue fuori commercio


«Tra i Manzoni preferisco quello vero: Piero». Recita così uno dei versi più famosi di Un romantico a Milano, brano musicale dei Baustelle di qualche anno fa. Lo conoscono e lo citano un po’ tutti, specialmente quelli che, pur cogliendo solo per sommi capi il riferimento all’artista visivo chiamato in causa, non vogliono privarsi di un’occasione per canzonare l’autore dei Promessi sposi. Ma chissà se gli opportunistici estimatori della famigerata Merda d’artista, così insofferenti alle peripezie di Renzo e Lucia, sono a conoscenza di un altro Manzoni di cui tenere il giusto conto: il Manzoni “quello in auto”, verrebbe da sintetizzare, ovvero Flavio, attuale Senior Vice President of Design di Ferrari S.p.A.; uno che, proprio per l’approccio onnivoro che ne alimenta la professione e l’ispirazione, è abituato a cogliere “il fior del fior” degli spunti estetici e tecnologici più variegati per invitarli al matrimonio che secondo lui s’ha sempre da fare, ovvero quello tra beltà e funzionalità. Perché qual è, in fondo, la differenza tra una qualsiasi macchina rossa e una vettura con lo stemma del “cavallino rampante”, se non la cura progettuale per la sua forma, compresa ed espressa tramite il linguaggio e il metalinguaggio che le è proprio? Per chi volesse saperne di più a questo proposito, la casa editrice Ilisso ha appena pubblicato un volume che propone la Lectio Magistralis tenuta tre anni fa dall’architetto e designer in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte dell’Università di Sassari: un libro sorprendentemente non settoriale nonostante le premesse, e che a dispetto della velocità che ne agita l’iconico immaginario invita a fermarsi e a riflettere su tutto ciò che concorre alla trasformazione di un’idea in una realtà che da decenni è molto più di un mezzo di trasporto, sempre capace di far viaggiare nelle epoche e negli scenari più disparati anche chi non ne avrà o ne guiderà mai una (vale a dire la maggior parte dei lettori e dei patentati).


Preceduto da un intervento prefatorio di Aldo Maria Morace – una Laudatio comprensiva del discorso integrale pronunciato il 28 giugno 2019 al Senato Accademico e di un’acuta disamina di ciò che contraddistingue il modus operandi di Flavio Manzoni, analizzato attraverso una “filologia delle forme varianti” applicata non alla letteratura ma al designIl metalinguaggio della forma ha tutte le caratteristiche dell’occasione editoriale perfetta: non solo perché (dettaglio biografico non del tutto trascurabile) i natali dell’uomo Ferrari sono nuoresi alla pari della realtà che ora pubblica il volume, ma soprattutto perché rende fruibile (ripensandola, ampliandola, strutturandola in sei capitoli e corredandola di una bellissima colonna visiva ricca di foto e disegni d’autore) la lezione che finora era stata a esclusivo vantaggio di un pubblico universitario. Scrive Morace: 

«c’è in Flavio Manzoni una poetica creativa che scaturisce da una profonda e appassionata ricerca sulla interazione delle arti: dietro e a monte delle sue sculture automobilistiche, della fluidità delle linee che elabora, dell’ansia inesausta che lo spinge ad una perenne inquietudine delle forme, c’è una teorizzazione complessa di alto spessore culturale, che recepisce le richieste ineludibili dell’industria ma le sublima e le traduce in forme perfette, rigorose e superbamente innovative, sperimentali e dinamicamente pure» (p. 5).


Se dunque un rigore c’è, ed è più che mai necessario in una professione che vuole/può/deve lasciarsi sedurre ma non concedersi mai del tutto al visionario abbandono dell’arte pura – e a questo proposito i titoli salomonici delle varie sezioni sono già spia di una necessaria e caratterizzante ricerca di equilibrio tra sogno e realtà: Il progetto come esplorazione del futuro, Gli strumenti di rappresentazione, L’evoluzione dell’automobile tra modernità ed entropia, Il ruolo della tecnologia, Intuizione e metodo, Cultura del progetto – chi legge avrà a che fare con il racconto affascinante di un mestiere che dimostra come l’uomo, anche quando chiamato a scegliere e ottimizzare in nome del più esplicito e schietto pragmatismo, abbia un bisogno quasi salvifico di immaginare, trasfigurare, fantasticare: di creare, dunque, attingendo a fonti di ispirazione che, come in questo caso, vanno da Bernini a Nivola passando per Boccioni e Fontana, e dunque dai barocchismi più spinti alle sintesi più asciutte senza cadere nella trappola del dinamismo “fine a se stesso”, proiettando ogni intuizione in un futuro inteso come dimensione attesa e auspicata in cui davvero vivere, stare e viaggiare; in cui mettersi al volante (o al posto del passeggero) e (farsi) guidare.


Il volume – un’edizione speciale fuori commercio realizzata grazie alla Fondazione di Sardegna e all’Università di Sassari, e disponibile su richiesta contattando direttamente la casa editrice – piacerà evidentemente ai patiti della Ferrari, agli appassionati di auto e automobilismo, agli estimatori del design nelle sue espressioni più capaci di coniugare l’efficacia estetica con quella pratica; un pubblico di ogni età e di ogni sesso, ivi compreso quello ancora sprovvisto di patente di guida e quello convinto sostenitore di scelte orgogliosamente pedonali. Perché Il metalinguaggio della forma è senza dubbio un libro incentrato sulle quattro ruote – e che ruote: tutti modelli dal 2010 a oggi vengono anche omaggiati in singole schede – ma la sua essenza più profonda, oltre ogni orecchiabilissimo rombo di motore (sia detto tra parentesi: Flavio Manzoni ha una passione non celata per il jazz e suo fratello è un musicista di successo internazionale), consiste nel racconto di un processo creativo che, dall’idea geniale del singolo, si concretizza grazie all’apporto ulteriore di un team di esperti e professionisti di alto livello. Un libro celebrativo, se si vuole, ma non agiografico, e che dunque, e proprio per questo, regola anche involontariamente i conti con i miti e i divismi, svelando le origini e le vicissitudini evidentemente terrestri delle leggende più auree e ricordando quanto eccellente e appagante sappia essere il lavoro di squadra in tempi di esasperato e vanaglorioso individualismo.


Cecilia Mariani