I santi patroni
di Marino Niola
Il Mulino, 2022 (prima edizione 2007)
pp. 188
€ 6,64 (ebook)
«Ho fatto un asilo importante», raccontò una volta Paolo Poli durante un’intervista, «con le monache, che allora erano le uniche maestre che facevano tempo pieno. E io ho capito subito di distrarmi dalla congerie delle bambine pisciose, e sapevo La Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze e tutti i miracoli delle varie sante: quando le mettono nude i capelli crescono, quando le infilano sul fuoco fanno una pisciata e spengono l’incendio… bravissime! Adoravo i santi, io, perché facevano qualcosa di più della natura normale, e speravo di diventare santo anche io da vecchio. Quindi mi sono sempre tenuto in disparte».
Che cosa aggiungere a una dichiarazione simile, così irresistibilmente seria e faceta com’era nello stile dell’autore e così impossibile da valutare senza pensare al capolavoro della sua Rita da Cascia, lo spettacolo teatrale che nel 1967, al debutto, suscitò polemiche a non finire e addirittura un’interrogazione parlamentare? Nulla, se non una chiosa di conferma circa la nostra familiarità tutta italiana – agita o subita, diretta o indiretta – con i santi. Poco importa, difatti, che siamo devoti o miscredenti, portatori sani di immaginette nel portafoglio e sul cruscotto della macchina o frequentatori di apposite feste paesane solo per il banchetto e la mescita. Il punto è un altro, ovvero la robustezza del legame tra i luoghi e i propri martiri e beati di riferimento: un’unione antichissima, con radici addirittura precristiane, e che leggendo I santi patroni, il bel lavoro che Marino Niola ha dedicato al fenomeno, appare in tutta la sua ricchezza e vivacità.
Saggista, giornalista, docente di Antropologia dei simboli, Antropologia delle arti e della performance e Miti e riti della gastronomia contemporanea nell’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, Niola ha scritto un libro appena ripubblicato dalla casa editrice il Mulino che affronta la questione dei patronati in modo semplice e scorrevole, accessibile a chiunque abbia interesse per l’argomento pur essendo a prolungato digiuno da ogni forma di catechismo e rito cristiano cattolico. L’approccio dello studioso è difatti del tutto laico, teso a dimostrare come l’intitolazione dei centri abitati – siano essi la più grande delle metropoli e il più piccolo dei villaggi – a determinati santi e determinate sante sia da ricondurre, oltre che a ragioni devozionali, a motivazioni storiche non disgiunte da scelte di tipo politico/economico oltre che sociale/culturale. Consapevole di come una ricognizione generale richiederebbe molti volumi, l’autore ha optato per una trattazione che, nel ribadire la continuità con il periodo precristiano e dunque l’antichità dei rapporti di patronato (eredi di quelli di tipo clientelare), individua progressivamente vari focus, soffermandosi, di capitolo in capitolo, sulle ragioni che hanno reso determinate figure venerate a livello nazionale o strettamente locale, sui ruoli avuti in vita dai futuri beati e martiri, sul valore della costruzione e ricostruzione agiografica dei singoli casi, sulla centralità del culto delle reliquie, sulle alterne “fortune” degli specifici santi in base all’orientamento cristocentrico del culto e del rito, sulla devozione mariana e su quella rivolta a referenti più rari ma non per questo riconducibili a “un dio minore”, e dunque dotati di pari potere taumaturgico. Quella che si delinea è una topografia fittissima, una mappa da cui emerge come il motivo aggregatore di tanti insediamenti sia stato – in assenza di certezze di altro tipo – proprio quello religioso, in cui il santo o la santa di turno emergono come riferimenti identitari sicuri e affidabili, in cui riconoscersi e attraverso i quali farsi riconoscere.
Ricchissimo di storia e di storie, ma soprattutto della suggestione che da sempre caratterizza il sacro – una chiamata a cui persino i più agnostici, scettici e razionali tra gli individui, e dunque anche tra i lettori, non sono mai del tutto sordi e indifferenti – il lavoro di Marino Niola risulta così efficace, scorrevole e gradevole perché non di un testo religioso e per un pubblico di religiosi si tratta, bensì di un libro che affronta l’argomento dal punto di vista antropologico, legando gli aspetti inerenti la fede e la devozione con quelli più attinenti alla sfera politica, sociale e finanche urbana e urbanistica del vivere comune. Senza contare che, pur nel limite della sua estensione, esso aiuta a ricostruire una prima mappatura dei patronati italiani, suscitando nei più interessati all’argomento il desiderio di documentarsi su quelli del loro luogo di residenza, delle più immediate vicinanze territoriali o della propria regione. Molto utili, a questo scopo, sono la Nota bibliografica, organizzata per singoli capitoli, e l’Indice dei nomi, che agevola la ricerca del santo o della santa sulla quale si vogliono avere indicazioni. Per chi ci crede e per chi non ci crede, insomma, I santi patroni è senza dubbio un contributo che aiuta a comprendere come mai queste figure siano, come sostiene l’autore, i veri poli della geografia, della storia e del costume italiani; un libro che si porta volentieri con sé anche e specialmente in vacanza, tra grandi città d’arte e piccoli borghi in cui proprio le chiese più piccine, quelle rionali e campestri, custodiscono la memoria viva di una tradizione secolare: quella che, come nelle parole di Michele Serra sul retro di copertina, fa trattare il santo alla stregua di una presenza vicina, confidenziale, per così dire di casa e di famiglia, una sorta di parente importante a cui raccomandarsi affinché interceda in nostro favore nei confronti di quel potere (divino) che in tante occasioni siamo portati a percepire da noi così lontano.
Cecilia Mariani